domenica 11 agosto 2013

Mario Fresa. Ritratti di poesia (30)







Carlangelo Mauro



La tersa, pacata limpidezza dei versi di Carlangelo Mauro, confluiti nel libro Il giardino e i passi (edizioni Archinto), non esclude l’emergere inatteso di accensioni potenti, di energici fuochi sorprendenti.
Il centro gravitazionale della raccolta è un luogo sospeso e incompiuto: ed è lo spazio arcano delle dolci reminiscenze famigliari. Qui, la memoria del poeta si abbandona a un viaggio estremo, attraverso la folta costellazione dei propri affetti segreti; e lo fa col sostegno di un amorevole e strano sentimento, capace di unire la dolcezza col dolore, e di intrecciare, infine, un dialogo prezioso col passato e col presente, con l’immaginazione e con la realtà, con la terra e col cielo. Le rievocazioni si fondano sulla scioltezza e sulla bella fluidità di una dizione trasparente e piana, a volte scossa da sottilissimi echi rivestiti di una mestizia aspra, teneramente aspra. Si nota, in questi versi, un’enimmatica fusione di pulsioni e di forze mobilissime e alterne, ove il demone acuto del ricordo, dell’evocazione e dell’invocazione, col suo continuo rilevare e cancellare, col suo perenne lumeggiare e disperdere, sembra quasi somigliare alla tensione di una veglia oracolare, o alla magia di un atto luminoso e sacro, ma incontrastabile e tremendo.
Molte dediche accompagnano le poesie di Mauro: e così i testi divengono, a un tratto, silenziosamente dialogici, rendendo più intenso il movimento circolare dell’occhio lungo della ricordanza, del suo gioco sempre leggero e infido.
Una fatata lumiera, dunque, scorta il girotondo mnemonico di Carlangelo Mauro; e nell’accogliere, con lieve turbamento, la favolosa visitazione delle immagini degli amati parenti e dei cari suoi antenati, degli amici presenti e degli antichi conoscenti, si capisce che la poesia stessa si trasforma, qui, in un sentiero dilatato e pulviscolare, permeato di una scura densità misteriosa che trasumana e trasfigura le presenze evocate: e sono, queste, presenze trascendenti, quasi irreali e fantasmatiche; ma anche, al tempo stesso, vicinissime e vive, immanenti e concrete.
Così la lingua poetica si allontana, a poco a poco, dalla prigione della confessione privata, e il suo sguardo si fa più denso e più chiaro, più vasto e universale; e nell’incontro stupìto con le affettuose apparizioni parentali, si mostrano, finalmente, la meta più dolorosa e occulta della poesia, e il più ambizioso, il più recondito suo desiderio: e cioè quello di volere dialogare con l’ossessiva immagine della morte, col suo profilo incomprensibile e crudele; e la poesia diventa, allora, l’ ansiosa portavoce di un’ indagine sofferta, di una dolente esplorazione che pare divisa tra la crudezza di un’analisi tanatologica e l’illusiva speranza di un approdo metafisico e stellare.







c’è qualcosa che rimane
nell’aria senza peso
che ti dice che è inutile
muoverti o stare fermo
far scorrere l’inchiostro
sulla pagina bianca
di inesattezze
dire il vuoto
dell’abbandono e della consolazione,
la polvere dei crolli,
che riacceca

ma sei già estinto
in partenza
rimarrà nell’aria
il buonissimo o altri giochi: 

è già morta da tempo
l’impronunciabile
e con essa non muore il mondo





Versi tratti dalla raccolta Il giardino e i passi, Archinto, 2012, con prefazione di Maurizio Cucchi.







Carlangelo Mauro è nato nel 1965 e vive a S. Paolo Bel Sito. Dottore di ricerca in Italianistica, collabora con la cattedra di Letteratura Italiana Contemporanea dell’Università “L’Orientale” di Napoli. Ha pubblicato studi e saggi sulla poesia italiana del Cinquecento e del Novecento. Ha curato con Enzo Rega il volume La poesia a scuola. A colloquio con i poeti Milo De Angelis, Luigi Fontanella, Giampiero Neri (2003). Ha pubblicato le raccolte di poesia In margine (1997), Antidoto (2000) e la plaquette Alla madre (2003).








Nessun commento: