pubblicata su deCOMPORRE - Pubblicazione Letteraria - Marzo 2013 - N. 14
Geometria, Musica, Fisica, Fotografia, Cinema… L’unica parola di cui è
formato il titolo di quest’opera, Piano, trova una sua dimensione in ognuno di
questi ambiti moltiplicando i suoi significati e la sua stessa natura
iconografica, basti pensare a un piano euclideo o a un piano sequenza cinematografico. E
come ci viene insegnato fin da bambini, un titolo è efficace se riesce a
concentrare in sé tutta l’essenza che l’autore ha riservato all’interno dell’opera
e questo obbiettivo è stato raggiunto appieno dal Piano (e di conseguenza da
Mori che l’ha scelto). I versi proposti dall’auotre lombardo a una prima
lettura sembrano monoliti essenziali e minimalisti, immobili nella loro essenza
e di granitico significato che sorprende l’impreparato lettore colpendolo
violentemente con le immagini che vengono evocate. Ma ecco che ad una lettura più
attenta (e preparata) i monoliti, crollano,mutano diventano portali che
collegano letteratura, musica, immagini. Quello che all’inizio sembrava essere un
agglomerato di versi inconsueti appare poi come un mosaico pixel, di immagini e di suoni che assieme formano il mondo
caotico, tranquillo, moderno antico, iperbolico, statico che ci circonda. E Mori
riesce a descrivere il suo (il nostro) mondo in maniera talmente minuziosa da
trasformare la parola su carta in vera e propria fotografia: Quando il
pomeriggio vede quetore / la chiarità dell’ora intaglia l’ombra fresca / obliqua
la staccionata / accompagna i sussurri del perimetro /dall’altra parte della
strada /nella meridiana naturale
del bordo. La parola abbandona la “semplice” funzione semiotica e
semantica per abbracciare quella più complessa dell’empatia che può scaturire
tra caos ed equilibrio, con tutte le costanti gravitazionali che potrebbero
rompere il nostro “piano” facendo crollare il tutto. Ma Mori è estremamente abile
a ritrovare il baricentro per riportare tutto in ordine prima che l’angolo di
capovolgimento faccia il suo lavoro. Ma a volte l’equilibrio non è sinonimo di
serenità, nonostante gli alberi che circondano la grande autostrada piena di
automobili siano perfettamente allineati c’è un leggero malessere, come se ci
fosse qualcosa di sbaglaito. Così com’è in “errore” il SUV ricoperto di polvere
sotto l’arco antico,per ora risultano in equilibrio, ma quanto questa convivenza
sarà serena e pacifica? Potrebbe essere necessario un “piano” di fuga,come
quella che ha portato qualcuno a rompere il vento da frantumare solo “in caso
di emergenza”. L’intera opera
quindi è un concentrato di equilibri, di immagini che vengono proiettate
nella mente del lettore, anzi potremmo dire che la stessa opera è IN
equilibrio, con il componimento iniziale e quello finale a fungere da
contrappesi perfetti. Un libro quindi non solo da leggere ma da RI-leggere più
volte e non meravigliatevi se dopo
l’ennesima lettura il mondo, le persone, la musica, il vostro letto, voi stessi
sembrerete dondolare alla ricerca di una stabilità.
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