giovedì 5 luglio 2012

Su AA.VV. CORVIALE CERCA POETI

a cura di Carla De Angelis e Brigitte Cordes, in collaborazion con Antonio Trimarco

EDIZIONI BIBLIOTECA CORVIALE, ROMA, maggio 2012

recensione di Vincenzo D'Alessio

Leggo volentieri le pubblicazioni che mi giungono. Ascolto volentieri le voci, ognuna diversa, dei poeti che affollano il Convito al quale mi chiedono di prendere parte. Non mancano le sorprese. Non mancano le prove.

“Auscultare il proprio tempo” scriveva il grande critico letterario Franco Fortini. “Fedeltà alle lettere” ripeteva il mio maestro monsignor Michael Ricciardelli nella sua immortale rivista “Forum Italicum”. Come si fa ogni volta a sedere in mezzo a questo coro e non sorprendersi a cogliere l’una o l’altra emozione che giunge da una voce forte o da un sussurro a fior di labbra?

A quanto pare il lavoro di squadra, composta da una poeta Carla De Angelis di notevole spessore umano; Brigitte Cordes, sua agevole compagna di lavoro; Antonio Trimarco, direttore della Biblioteca e sensibile autore; infine la penna rovente di Stefano Martello “ammazzadraghi” incallito, è riuscito a coniare una nuova moneta poetica: l’antologia “CORVIALE cerca poeti”, edizioni 2012.

“L’uscita di questo libro è monito, passione, lavoro e volontà del personale della Biblioteca e di tutti coloro che hanno partecipato, persone che non si limitano a credere nella cultura. Perché la cultura è un concetto astratto, aleatorio, buono per i salotti. Inutile se non integrato da una condotta concreta e coerente.” (Introduzione, pag. 8)
Per chi, leggendo non avesse compreso, ripeto un motto del nostro Risorgimento: “Qui si fa l’Italia o si muore!”

Sono trascorsi dieci anni dalla fondazione della Biblioteca di Corviale: stiamo parlando della periferia di Roma Capitale, e credo sia un bene: proprio dalle periferie nascono i rinnovamenti e le lingue partigiane che evocano una “Rivoluzione Meridionale” carica di valori da utilizzare nella vita di ogni giorno. Ancora una volta desidero affermare il mio desiderio che questo tipo di Antologia pervenga nelle scuole più vicine, prossime al luogo dell’esplosione dei versi: non allontanare troppo i reperti dai luoghi di provenienza: in un museo diventano muti!

La voce solista, nel coro di questo lavoro antologico, è quella di un maestro contemporaneo della scrittura, il poeta Massimo Sannelli: “Il desiderio teme di ferirti: / (…) perché ha sognato, perché sparisce / con il silenzio buono, io temo / di ferirti, perché penso, perché / posso pesare come l’aria vaga.” (pag.51) Il valore alto e indifferibile della poetica: creare! Il Nostro ha in sé tutte le voci del Creato, tutta la forza del fuoco che distrugge e trasforma e ricrea. L’atto stesso della Creazione. Il senso vivo del verso, “desiderio” che sceglie di “ferire”, la Creatura, per farla sentire viva. La poesia è luce che colpisce anche le palpebre abbassate, sconfitte, illuminandole di energia che “va dentro il silenzio” dell’eterno del tempo, (Eternità che l’uomo non conosce ancora), che è “pensiero” vivo e fecondo, come l’aria che ogni essere vivente respira, da milioni di anni.

La voce dolcissima della poeta Michela Zanarella, concorda con quella precedente di Sannelli, nei versi che seguono: “Inesperta alle volontà del tempo / strofino la mia voce / in un nudo giallo di foglia, / accanto a gioconde polveri di cielo. / (…) In un ritornello d’alberi e strade / come per amore / tremo calore / e torno grappolo di sogno.” (pag. 33)
Ritorna l’ardore del “fare” nella poetica di Zanarella: la callida iunctura dello “strofinare la voce” nella nudità delle gialle foglie caduche è l’atto del fare il fuoco, il calore, il collegarsi al gesto primordiale che ha fatto scaturire il mito di Prometeo, e ne ha sancito l’infelicità perenne.

Chi legge libri di poesia, la più sublime delle creazioni umane, non è più lo stesso. Lo sottolinea la dedicazione apposta a questo libro ripresa da Dylan Thomas. Quindi l’invito ad incontrarsi nell’agorà della Biblioteca di Corviale non è per tutti. La sede della Biblioteca è aperta tutti. Lo spirito che vi hanno infuso le voci poetiche che si sono susseguite, e racchiuse in questo volume, è concentrato in un climax che assale i convenuti invitandoli a tornare “grappolo di sogno”.

L’assonanza che vivifica i versi contenuti in questa raccolta di voci poetiche è lo sguardo fanciullo sulla nostra realtà odierna che, facendo a meno della Poesia, ha scelto di uccidere nell’uomo la parte più bella: “Ho visto la violenza / attraversare la piazza / (…) le loro ossa polvere / increduli, illusi, abbiamo / atteso la giustizia / l’orrore, nel silenzio / anni, ogni sera ci / siamo addormentati / l’esplosione aveva ferito / il cuore / nessuno l’aveva curato / e la fine già ci / aveva raggiunto.” (pag. 46)
Questi versi appartengono a Massimo Pacetti e formano il nucleo icastico della raccolta poetica.

In vent’anni di benessere, di fulmineo rampantismo, il “cuore” si è sgretolato insieme ai suoi valori: “condotta concreta e coerente”. Ci siamo “addormentati” dimenticando la violenza che correva insieme ai facili guadagni. Oggi ci siamo svegliati nel dolore della lotta già iniziata, nella nostra nazione, senza scampo, senza tregue. Chi paga? Pagano i poeti, insieme alla Poesia della vita. Chi ci guadagna? Ci guadagnano le tenebre: “fra le tante sofferte / fu un tempo quello / di uomini adulti / l’infanzia è per i bambini / e noi non fummo mai bambini.” (pag. 45)
Questi ultimi versi sono ancora di Massimo Pacetti. Si completano nella dolorosa realtà del brefotrofio dettato in dialetto romano da Marco Marzi: “Li trilli de ste voci dorci, amare. / Sorteno de fughenza dar convento, / m’a sentille te puncichen’ er core –” (pag. 43).

“Un segnale” resta questo libro. Così scrivono nell’introduzione Carla De Angelis e Filippo Jannoni Sebastianini. “Segnali “ da un mondo parallelo del quale: “La gente comincia ad affollarsi intorno a nuovi eventi e raccoglie in sé la forza per far splendere il mondo.” (pag. 7)





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