sabato 14 aprile 2012

In attesa di giudizio: la voce in Angye Gaona che si accosta a Leopardi




Da quando io ed Angye Gaona siamo entrati in contatto e abbiamo intavolato questo nostro dialogo epistolare ho scoperto una nuova sensazione, una strana situazione mentale dovuta a una particolare situazione fisica. Vi chiederete cosa centra Leopardi: beh, devo fare un passo indietro per arrivarci. Angye è bloccata in Colombia, nel suo paese, tornando dal tour venezuelano di presentazione del suo ultimo libro di poesie gli hanno accollato due capi d'accusa, a lei che si batte per la libertà di molti scomparsi e incarcerati (artisti, studenti, giornalisti, politici) perchè le loro idee politiche non combaciano con quelle del governo. La prima accusa è quella di RIVOLUZIONE A MANO ARMATA, di appoggiare a tutti gli effetti le FARC; la seconda, più subdola, di narcotraffico. La grande anomalia (non pensiamo che esista soltanto l'anomalia italiana) sta nel fatto che l'attuale presidente colombiano ricorda sotto molti aspetti il nostro precedente Premier. Giornalista stimato, appartenente a una delle più potenti famiglie di Bogotà, nipote del presidente Montejo, cugino del vicepresidente Francisco Santos, proprietario e direttore del quotidiano El Tiempo, insomma uno che conosce il mondo della comunicazione, che sa come usare a proprio vantaggio i mezzi di comunicazione, poteri dire uno che sa come farsi burattinare dal potere. L'anomalia si espande se consideriamo che con questi due capi d'accusa, Angye non potrebbe lasciare la Colombia (anche se in realtà lei vuole restare per dare il suo aiuto a queste persone). Se per un qualunque motivo, ed è forse (penso io) proprio quello che il governo vorrebbe per togliersi di mezzo una voce scomoda, dovesse valicare il confine o chiedere l'estradizione, quelle due accuse farebbero automaticamente scattare il mandato d'arresto internazionale, perchè per una strana anomalia di pensiero (conseguenza forse voluta dalle politiche di alcuni governi) negli Stati Uniti e nell'Unione Europea le FARC sono considerate un gruppo terroristico, indi per cui Angye diverrebbe terrorista ricercata internazionale e come se non bastasse anche narcotrafficante. Trovo allo stesso tempo interessante scoprire che le FARC, ad eccezione di Colombia e Perù, non sia considerata un organizzazione terroristica dai governi sudamericani, e che nemmeno l'ONU la inserisce nella lista dei terroristi. Altrettanto interessante è il prendere atto di quanto governi e associazioni si siano dati da fare (alcuni diplomaticamente, altri imbracciando le armi) per liberare Ingrid Betancourt e Clara Rojas, e quanto invece non facciano nulla per aiutare chi, come Angye, si preoccupa dei più deboli. Vedo dunque questi atteggiamenti come una tempesta, una tempesta di parole, di interpretazioni a doppio senso, dove non si considera terrorista un governo che opprime, reprime, e fa sparire chi non lo appoggia, ma si considera terrorista chi lotta per la libertà di pensiero, o chi scrive di libertà come Angye. La mia nuova e strana sesazione è dunque quella di chi dall'altro capo del globo si trova a scrivere in qualità di poeta libero (pur oppresso da tutte le problematiche da noi esistenti) a chi invece vive in qualità di poeta e giornalista incarcerato, perchè sarà pur vero che Angye vive attualmente in semi-libertà vigilata, ma è altrettanto vero che qualcuno ha tracciato un confine intorno a lei che combacia con quello colombiano. Delimitare confini oltre i quali la poesia non dovrebbe andare, questo sta facendo il governo colombiano, proprio perchè la poesia parla della vita, discute della verità e si interroga su di essa, proprio perchè la poesia, anche quella apparentemente più semplice, è sempre scomoda per qualcuno. E così ieri sera Angye mi ha scritto; l'argomento: Nacimiento volatil, il suo primo libro di poesie, che sto traducendo. Molte di queste sue poesie parlano di libertà, danno voce a chi desidera la libertà; e mi ha spiegato il significato di questo titolo, dicendomi essere la prima volta che lo fa, e descrivendosi molto felice di farlo, rallegrata, per qualcuno che sta dall'altra parte del mondo. Angye descrive il suo verso "Nacimiento volátil del inmenso horizontal" (estratto dalla poesia che trovere in seguito), da me tradotto in "nascita volatile dell'immenso orizzontale", come il momento di calma che segue una catastrofica agitazione, che non è la morte, ma uno stato, pur prossimo ad essa, della materia, delle forme, dei sensi, delle relazioni sociali, delle aspettative vitali. Si tratta di una calma volatile, non permamente, né definitiva, insomma: un momento, qualcosa di istantaneo. Per questo, come ormai avrete capito, ho pensato alla quiete dopo la tempesta. Anche se quella di Angye è molto diversa da quella di cui ci parla Leopardi, ho voluto accostare i due testi, il primo dedicandolo a chi legge questo mio intervento, il secondo dedicato ad Anye Gaona.


Il corpo si fa nuvola

(tratta da "Nacimiento volatil, di Angye Gaona - traduz.Andrea Garbin)

Condurre a brace l’ora puntuale
l’insonne rovistare

fondere i segni

fino a che ascendano come aria calda

e creare aree di bassa pressione sopra
schiumosi bordi recettori dell’universo

sollecitare il picco reale
solidificato per le alte pressioni del freddo

che in enormi bolle cancellano i dolori

scaldare il corpo
fino a che si alleggerisca
e si unisca al campo
dove i plessi divorano la fame
dove l’errore è acuto assolo di violino
Fluttua il corpo chiaro fuoco
si espande fino all’ultima atmosfera
riceve la Tangente
viva madre del caos

movimentomatrice

uragani nell’Atlantico
tifoni nell’estremo oriente
cicloni nell’Indiano

crollo dei tetti tiranni
nascita volatile dell’immenso orizzontale.


XXIV - LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA

(di G.Leopardi - per Angye Gaona)

Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo a' suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E' diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.

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