Fara Editore e
i giurati del concorso Pubblica con noi 2012
Francesco
Jonus, Frank Spada, Giovanni Fighera, Niva Ragazzi
e Stefano
Martello per la sezione silloge poetica (per la sezione racconto si veda narrabilando) sono lieti di
premiare i seguenti autori
Primo classificato
Claudio
Roncarati con Per/le
rime
Nelle fabbriche catene d’operai
alle macchine montano i
motori
lasciando la rivolta ai
sogna/tori
ma i tori nelle stalle
prigionieri
hanno vacche artificiali
per la monta
delle vere gli bastino
gli odori.
Vitaccia dura che la va
meglio ai buoi
sono leggende le gesta
degli eroi
incornanti il torero
nelle arene
vittoriosi nei rodei
contro al cowboy.
*
Lo capisci dalle facce
dagli accenti
gli agenti di polizia
penitenziaria
provengono dal sud povero
d’Italia
che garantisce corpi alle
divise
e i pomodori per l’inscatolatura
quelli molli guasti
vengono scartati
solo i carnosi diventano
pelati
dentro a barattoli dove
manca l’aria.
*
Si sta ignorati come i
muratori
che fanno tuffi dalla
impalcature
l’encefalo affidandolo
agli elmetti
varia la gravità delle
fratture.
Sono punteggi che
assegnano giurie
negli ospedali i punti di
sutura.
Milioni gli incidenti sul
lavoro
solo per quelli più
spettacolari
in premio articoli e fotografie,
non c’è notizia invece
nei banali
sono fatti di esistenze
minori
come di cozze nei mari le
morie
*
Il sollievo lo chiedono
al bicchiere
nei bar i vecchi ed alle
macchinette
lasciando al prete Dio
che non li assiste.
Dai guadagni lo Stato biscazziere
per dargli la pensione
trae denari
trenta invece gli
spettano al barista
ma ne voleva il doppio e
si fa triste
così rincara il prezzo
del Campari
*
Ci si passa la torcia
della vita
di padre in figlio
attraverso il tempo
dal prima al dopo
incrociando le dita,
il rischio è che si
spenga in un incendio.
Ai giapponesi c’è mancato
poco
fondendosi l’uranio a
Fukuscima.
Avendo raffreddato il
reattore
sono riusciti a limitare
i danni
a un calo d’energia,
qualche tumore.
Gli evacuati ritorneranno
a casa
al più tardi tra una
trentina d’anni.
(…)
Claudio Roncarati è nato a Bologna il 13 giugno 1959. È psichiatra. Risiede a Cattolica
(RN). Dice di sé: «Con Manuale
di psichiatria poetica (Alpes Italia) mi sono proposto
come psichiatra che scrive racconti e poesie. Con La
Fata fatua e lo psichiatra (Alpes-CFR 2011), come poeta-psichiatra. Con “per/le
rime” mi propongo tout court come poeta (indignato).»
Giudizi
Giudizi
«Mi è
piaciuta molto questa raccolta. Un linguaggio dirompente che sfoggia un’ironia talvolta mordace. In fondo, mi piace il fatto che
questa poesia tratta di svariati temi, dal sociale ai temi di sempre,
soprattutto per mezzo di un uso oculato di schemi e figure retoriche che
ammiccano al lettore proponendo ardite immagini ed imprevedibili accostamenti
verbali. Rime scatologiche e impegno si fondono entro un ampio affresco, dove a
metà strada tra l’appunto sagace e la
caricatura emerge un mondo disorientato e in ebollizione, il mondo d’oggi. Echi di poeti canonici come Petrarca, Quasimodo, Carducci,
vengono ripresi in chiave ironica, straniante.» (Alessandro Salvi)
«Una raccolta sarcastica e concreta, che ha
tinte sagaci come anche malinconiche. Un autore che non rinuncia alla critica
sociale come al maneggio semantico e sintattico della parola riuscendo a
uscirne, nel complesso, interessante.» (Federica Volpe)
Secondi classificati ex aequo
Giovanna Iorio con Il libro degli oggetti smarriti
Andrea
Parato con Il polso
dei miti
Il libro degli oggetti smarriti
Vola basso!
Non sapevo
dove girare la testa con
il campo visivo diviso a metà
come un cavallo.
(Tomas Transtörmer, Poesia dal silenzio, 2011)
DIVANO
Me lo sono trovato
davanti
come il palmo di
una mano
aperto e sporco
in un prato
ricoperto di lana.
Un divano senza
memoria
un vecchio malato
d’Alzheimer
che non sa
tornare a casa.
LA SCATOLA DI
FIAMMIFERI
I fiammiferi d’inverno
se ne stanno
nascosti
in una scatola
accanto a un
lampione
riserva di luce
per la bambina di
neve
accenderanno un
tenue
lampo di fuoco
riscalderanno
minuti
di sogno.
FILO SPINATO
Non pensavo
di trovarti qui
tra me e il cielo.
Chi di noi
è il prigioniero?
Punte di metallo
torturano l’aria
e io non ho fretta
le lascio fare
aspetterò
che la pioggia
vi faccia
arrugginire
di vergogna.
LO SPECCHIO NEL
PRATO
Non piove più.
Vedo una scheggia
di luce
nell’erba bagnata.
LA NUVOLA IN
GARAGE
Prima ho pensato
a un incendio
senza odore di
bruciato
ma era una nuvola
e basta
piccola in verità
scappata dal cielo
prima della
pioggia.
(…)
Giovanna Iorio (Bates), di origini irpine, vive e
lavora a Roma dove insegna lingua e letteratura italiana in un liceo
internazionale. Ha pubblicato Dopo Lungo
Silenzio (Mobydick 1997) antologia di poesia irlandese contemporanea al
femminile, Voci della Palude (In
Forma di Parole, Bologna 1997), Hugo
Hamilton: Lo scoppiato (romanzo, Cronopio Edizioni 2000), Antonia Byatt: La vergine nel giardino
(romanzo, Einaudi 2002). Per le edizioni Via del Vento ha curato e tradotto i
volumetti: Eavan Boland, Falene,
Acquamarina n. 6; Medbh McGuckian, Scene
da un bordello, Acquamarina n. 11. Ha vinto numerosi premi per racconti e
poesie. Mare Nostrum e La memoria dell’acqua sono due
raccolte di poesie inedite. Tiene il blog Amici di Letture
Giudizio
Giudizio
«Credo che per applicare criteri, per dir così, “scientifici”, soffermandomi su ogni passo, sillabando, giocando a cercare le citazioni nascoste e – naturalmente – valutando la scelta delle parole usate dai poeti, avrei avuto bisogno di più tempo. Del resto, non penso fossero questi i parametri di giudizio da applicare a delle raccolte che gareggiano per la pubblicazione in un’antologia a tema libero. Molto più importante la coerenza, l’organizzazione interna, l’avere un filo conduttore. E verso tali sillogi mi sono orientato. Il libro degli oggetti smarriti ha da questo punto di vista soddisfatto appieno le mie aspettative. Aspettative del tutto personali, del tutto impressionistiche: offre ciò che personalmente vado cercando in una raccolta poetica, ovvero la non banale semplicità nelle descrizioni. Nello specifico ne ho apprezzato l'ironia e la capacità di intessere un dialogo con gli oggetti e, quindi, con le memorie e le associazioni che essi suscitano. Non pensavo / di trovarti qui / tra me e il cielo. / Chi di noi / è il prigioniero? Questo la poetessa domanda al filo spinato e lo fa con ritmo, con versi brevi, con parole – dicevo – semplici e non banali, esprimendo un'immagine chiara ed efficace. Vi è poi ironia intrecciata a quotidianità, per le quali risulta che il semaforo è Il solo / ad arrossire / ancora; tutto ciò fa sì che scorrano agevolmente sotto gli occhi del lettore le sue parole, che volano via // nuvole di fumo / pietrificate.» (Riccardo Burgazzi)
Andrea
Parato – Il polso
dei miti
(Erri de Luca, La
ragazza con la gonna blu)
PRIMO CORO
Quando abbiamo perso la
felicità?
Tutto il nostro sapere
racchiuso in simulacri
di malcelata
insofferenza.
Splendidi frutti da
porgere
con mani sporche di letame.
Quando abbiamo perso la
felicità?
Dita tenere a scalare il
muro
e cuore duro spostato
un grado di troppo
sui paralleli
dell'esistenza.
Nostra medicina è la
cura della vite:
tagliare fronde
superflue.
Ma quando
abbiamo perso la felicità?
Tra noi l'indifferenza
è
il male peggiore.
Il poeta:
Il pensiero non esce,
pesa sul cuore.
Voce senza sfogo
scava il petto
tenta la fuga
resta dolore.
Ho sognato il sapore
del tuo corpo
toccato la punta turgida
dei tuoi silenzi.
Da solo, non mi rialzo:
perché?
Devo perdere la strada
che mi riporta a te.
La voce del giovane
musicista
La mia arte, gli anni
di silenzio offerti
in olocausto al
pianoforte,
il dono diventato
solitudine
parole vuote e spente
note.
Non ho abbandonato
gli spartiti consueti
sull'orlo
dell'incertezza,
la famiglia e la terra,
quelle sì le ho
lasciate.
A metà della mia vita
attendono sogni
incompleti
che non danno il pane.
E' il tempo duro delle
decisioni
non per orgoglio,
ma nemmeno per fame.
La voce del vecchio
contadino
Ricordo quando in città
c'erano i campi di grano
e sotto il sole di
luglio facevano a gara per i covoni;
quando il fischio
proclamava la più veloce mano
al taglio, o chi aveva
raggiunto la tonnellata;
quando partivano i
cavalli dei cittadini
sulla strada dell'unica
pensione impolverata.
Allora, tutti pensavano
al lavoro comune,
poi al ristoro e alla
festa insieme:
e nessuno, la sera, a
smettere di cantare.
Il poeta:
Quando finalmente
questo corpo tacerà
il suo stridulo urlo di
desiderio,
sarà forse tardi
per qualcosa di buono.
Qui e ora
devo versare un tributo
al mondo
nonostante il duro
monologo.
Vuoto a rendere,
perdonerai il tempo perso?
(…)
Andrea Parato è nato nel 1979, in quello
splendido periodo detto recessione, quando la gente non aveva la benzina e
rimaneva a casa… Dopo una gioventù spesa negli eccessi e negli stravizi della
periferia campagnola della metropoli riminese, ha annunciato ai suoi genitori
che non avrebbe fatto l'ingegnere. Ha intrapreso la prestigiosa carriera di scienziato
della comunicazione. Per cinque anni ha provato a fingersi bolognese, ma la
pronuncia romagnola lo ha tradito. Così è tornato con una corona di alloro
nella terra della piadina, dove una casa editrice misericordiosa lo ha assunto
per occuparsi di web, corsi di formazione, libri e annessi. Lo ammette: ha
amori poligami che non ha mai tradito: poesia, scrittura, comunicazione. E alla
fine spera di abbandonarsi tra le loro braccia.
Giudizio
Giudizio
«Una raccolta ordinata nel suo disordine,
una voce poetica naturale che si divide in molti affluenti riuscendo a rimanere
la medesima. Un poeta personaggio che ora cerca “… segni nei polsi / e nelle
voci dei minimi del mondo”, la cui voce attraversa e incontra molti minimi così
da formare una storia minima, potenziale, come potenziale è la felicità del
messaggio finale, un messaggio che riesce, nel contesto, a non cadere nel
banale.» (Federica Volpe)
Terzo
classificato
Martina Campi con L’avvicendarsi del sole
Brusio (nell’essere
gli uni agli altri)
1.
Interferisce
la perdita di cose
fuori
senno fuori luogo
si
cenava compostamente
mentre pioveva
gocce
leggere sui vetri
cadevano,
abbandonandosi ad
un
destino certo di immobilità e schianto.
Disintegrata,
la pioggia
indisturbava
gli scavi di
piccole
società di batteri.
Erano
benevole le domande ma,
infine
non utili allo scopo.
2.
Le
voci si confondono,
espositrici
esperte e tuttavia inconsapevoli,
di
nuovi ed innumerevoli cataloghi
progettuali,
di ultime esperienze
utili,
passate a rimanere restare
immutare
e: a mai cominciare.
Con
un leggero sospiro
alla
pioggia
ripiego
tra le mani il tovagliolo
quello
che ora si sa (ancora)
eccoci,
nel padroneggiarlo
è
solo un altro inutile
noi/loro.
3.
Con
lo sguardo passato
a
fare del proprio meglio
a
proporre in silenzio
un
piccolo salto veloce
nella
teoria dei gruppi
e
qui rimane a fissarsi l’attenzione
sui
fondamenti o, in alternativa
sulle
fondamentali problematiche
sociologiche
interpretazioni
o
su concetti che descrivano la realtà
__________________
L’interferenza
è, questa volta,
un
brusio di fondo inaccettabile.
4.
A
essere ottimisti
si
rivendicano spazi modulati,
ritirando
vittorie comparate
ma
ora che siamo qui
inodori
estranei e sorridenti
senza
pelle, né tempo libero
da
condividere nel mezzo;
ma,
su superfici ruvide imperfette,
mossa
da previsti seppure
incontrollati
terremoti:
ci
delineiamo paesaggi in movimento,
ci
traiamo in disparte,
(temporaneamente
mi discosto)
per
assumere la terza posizione.
5.
Cose
che non succederanno
ed
è chiaro che, ormai,
si
va avanti per ore, quando
il
tempo consigliato non è necessario.
Atti
in successione scorrono gratificanti
osserviamo
la sofferenza -contenuta-
depositarsi
in scie mutevoli di memoria
vetri
oscurati di credenze in disuso
(e
innumerevoli fiori ad appassire nei vasi)
non
sono contemplate le teste
o
altrettante indigestioni di fastidio.
Ma
tutti sono pronti a dire qualcosa.
(…)
Martina Campi nasce a Verona nel 1978. Vive a Bologna e lavora a
Milano. Alcuni suoi scritti (poesie e racconti brevi) sono presenti in rete, su
riviste e siti di scrittura, tra cui: «Pi greco», «Musicaos», e il catalogo di
Kermesse (con il primo Esperimento di scrittura visuale organizzato da Arpanet,
basato sulle opere d’arte finaliste al
Premio Italian Factory, in
esposizione a Kermesse 2004). È presente in Fragmenta
(ed. Smasher 2011) antologia di prosa e poesia altre antologie poetiche. Ha pubblicato la silloge poetica Definito dalla luce e la raccolta
autoprodotta di racconti e poesie Le
ombre lunghe. Co-fondatrice dei progetti di raccolta e autodiffusione di “cose
belle” Il Fibonacci (insieme a Sergio Bottoni) e Foglio d’aria: l’albero delle migrazioni (insieme a
Giampaolo De Pietro). Autrice e performer della formazione Tu che sei, insieme al compositore e musicista Mario Sboarina, del
progetto di musica e poesia: Mani e
qualcos’altro.
Giudizi
Giudizi
«Liriche di forte impatto caratterizzate da
un linguaggio diretto ma mai banale.» (Luca Ariano)
«Entro un dire ellittico si
snoda questa poesia inquieta, ad alto afflato lirico. Momenti catturati dal
quotidiano ruit hora, setacciati dal poiein per salvarvi il
salvabile, o meglio, quello che vi è più caro e prezioso.» (Alessandro Salvi)
Segnalati con
pubblicazione di estratti in questo blog
Marco Mastromauro con
Quattordici sonetti e altre inquietudini
... Eppure chi son io per
dirmi niente
per
distinguermi dal troppo avvilente
dal
tutto così tutto che m'ingorga
dalla
luce nascosta che non sgorga
Parte I
Filamenti
T'aggiri tra le
meraviglie, altrove,
lungo binari soltanto
apparenti
attratto da notturni
filamenti
di luce argentea che
qualcuno muove.
Le grida degli uccelli
sono nuove
ora che l'alba si mostra
altrimenti
dal ricordo di tremori innocenti,
soggiornano in lei da
ogni dove.
Il respiro non ceda al disincanto,
sommesso sottofondo del
silenzio
(vago, indecifrabile
mormorio).
Si liberi dai fumi
dell'assenzio
dai confusi ricordi, dal
rimpianto:
a lei ritorni dolce
folgorio.
Il suo braccio nel sonno
Il suo braccio nel sonno
s'abbandona
prima che al mattino
riprenda forza
quando ancora il buio non
si smorza
ma già nella stanza piano
risuona
di madre il cuore come
voce buona
mentre tenue rischiara
bruna scorza
del bambino che la notte
rinforza
e presto al giorno veglia
si dona
ché il sostare troppo non
s'addice
a chi da poco cresce con
diletto
stringe dita, sorride, si
compiace
cerca sui visi il suo
stesso affetto
e nulla sa del vuoto
d'Euridice
or che si ridesta e non
più soggiace.
La sera oscurando
La sera oscurando coltre
di neve
è memoria trafitta,
ombra, dardo,
spavento in me disciolto
che m'attardo
con un passo che si ferma
ma deve...
Così m'arresto, poi
m'affretto greve,
giungo malgrado perenne
ritardo
a soggiogare l'avvento
infingardo
sulla soglia dov'è il bacio breve
( ma accoglie, punge,
riluce il cuore
che non sperando tace l'insperato
contro nemico muto,
immaginario:
perchè comunque male non è
nato
e tenace cresce questo
calore
anche se poco, tenue,
solitario...)
Un grigio cielo
Un grigio cielo
il mondo ritrova
che dentro lo
sguardo scorre più lento
nascosto dal velo
dello sgomento
depone minaccioso
altre uova
come se la terra
fosse la prova
che non il sonno
ripara dal vento
e tra le coltri
anche c'è tormento
sicché al
risveglio gatta ci cova
e lascia graffi di
sangue indifeso
perchè non cede
neppure predice
l'immensa volta,
tersa, vuota, muta,
fulgida volta di
luce assoluta,
è al tuo
viavai lontana cornice,
una risposta che
non hai compreso.
Labbra di sale
Arsa da labbra
prorompe, di sale,
una voce
stralunata, dispersa,
oltre quest'onda
tumultuosa, inversa,
lascia un'ombra
che piano risale
che ti colpisce
come freddo strale,
quando si dibatte,
rabbiosa, persa,
dietro l'inganno
d'una maga avversa,
questa tempesta,
rovinoso male:
così, lontano, la
certezza spira,
tace speranza,
geme la fortuna
anche se gonfia
bianca vela nuova
e sottovoce un
canto rinnova
(malìa si sfila da
segreta cruna)
della sirena che
sempre t'attira.
MarcoMastromauro è nato nel 1957 a Verbania. Vive
a Novara, lavora a Vercelli. Ha pubblicato poesie sulla rivista «Alla
Bottega» e, dal 1995, ha collaborato al trimestrale di cultura e arte «Contro
Corrente». Alcune sue poesie sono state pubblicate – in quattro occasioni,
nella rubrica curata da Maurizio Cucchi – sullo «Specchio», settimanale
allegato, fino a quattro anni fa, al quotidiano «La Stampa». È autore delle
raccolte di poesie: Anime confinate
(Milano Libri 1992), Cuba (Ibiskos 1995),
Memorie da un pianeta (Contro
Corrente 1997), Eros, Trinidad e altre
poesie (Oppure 2000). Sue liriche sono presenti in alcune antologie.
Giudizio
Giudizio
«In questa raccolta c’è del “mestiere
poetico” e si vede che l’autore maneggia bene la forma senza però mai scadere
nel puro virtuosismo.» (Luca Ariano)
Puccio Chiesa con Postumi
Postumi
sulle
tempie
corone
senza gloria
per
imperi domestici
Postumi
come
ultimi
resti
di
pomeriggi estinti
INFINITO PRECIPITE
Lo
sento
quando
nel giorno che trema
la
folla mi allontana.
Tutto
si dissolve
nella
polvere lucente del sole nuovo
nella
stagione che chiama
nel
silenzio che cerca.
Tutto
si risolve
in
palpiti di nubi pesanti
nei
ritagli di vento che occupano le parole
nel
presente coinvolto nell’incanto.
Travolto
dal sangue del tramonto
nell’infinito
precipite inciampo
e
mi accorgo…
il
colore nuovo del mio tempo
mentre
guardo nella stanza non più mia
mi
accerto del passato estinto
e
nella polvere estranea
riconosco
quello
che
ero
OTTOBRE
In
frange sui vetri
l’estate
che c’era.
Davanti
a me questo tavolo
di
funghi velenosi
di
porci macellati.
Artigliano
intorno
ringhie
di cani
accesi
dal sangue.
La
lupa non mi riconosce
mi
morsica da lontano
ha
il veleno negli occhi.
Poi
dopo un cenno si avvicina
rimane
tiepida
nel
veleno del pelo
getta
a terra i battiti
che
la rabbia l’anima
e
si allontana.
Mi
punge un petalo estinto…
il
ricordo dei fratelli gracili
piange
nelle nebbie
che
stordiscono le sere
che
strozzano le notti.
LINEA 27/A
Fai
piano con la voce,
quando
dormo il pomeriggio.
Ho
fame di quella belva oscura
che
è in me,
quando
rido nella notte
la
sento ruggire
accesa
da scintille
di
ossa incandescenti.
Rinchiuso
in cantina
ascolto
le luci
che
gorgheggiano dai viali,
ricostruisco
me stesso
e
l’anima prende la sua forma,
confusa
da soli galleggianti.
Fai
piano con la voce,
quando
ascolto la rugiada
e
quel che resta di lei,
fai
piano con la voce
quando
bevo da solo al buio.
Adagio,
fai adagio quello che devi fare
e
quando nel grembo della notte
cinguetta
il mattino,
svegliami
per
andare a prendere le sigarette.
LO STATO DELLE COSE
Nella
tempera limpida
del
cielo di febbraio,
i
toni tenui
dei
treni fermi,
i
volti arresi
di
un tempo senza voce.
Accadeva
senza pioggia
la
voglia di nascondersi.
Lo
stato delle cose,
nella
plastica della luce,
non
ha nomi
da
ricordare,
solo
stagioni furiose
e
labbra morsicate.
Puccio Chiesa è nato a Crema nel 1976, ha
pubblicato le raccolte di poesia Vertigini
(Libroitaliano 1998) e Sopra le righe
(Maremmi Editori 2006), il romanzo poetico Sonnambuli (Il Foglio letterario 2009) e il racconto “Honda Dodò,
caffè e ammazzacaffè” (in Pubblica con
noi, Fara 2010). Nel 2003 fonda con Roberto Moroni la Semiolabile cinematografica, realizzando video che coniugano il
linguaggio poetico a quello delle arti visive e della cinematografia
sperimentale. Ha partecipato a diversi festival in Italia e all’estero. Ha
vinto l’edizione 2009 del concorso nazionale di videopoesia “La parola
immaginata” con l’opera tempo sepolto. Tutte le videopoesie sono catalogate e visibili
presso il centro di documentazione per le arti visive Careof di Milano. Sito web: www.myspace.com/semiolabilecinematografic
Giudizi
Giudizi
«Poesia carnale, vitale con immagini dense e
folgoranti.» (Luca Ariano)
«Postumi mostra,
soprattutto nella sequenza dei Notturni,
un filo conduttore che appaga il bisogno lirico di chi legge.» (RiccardoBurgazzi)
Giulio Maffii con Agli zigomi delle finestre
Se non ami me ama quello che scrivo e amami per quello che scrivo
(S. Plath)
Di tutto quanto
ecco lo sfrigolio dell’acqua
mi domando rispondendo
ecco la polvere accumulata
l’utilità del passo occasionale
ecco il tavolo di cucina
Di tutto quanto
ecco il cane per le scale
capiranno gli esistenti
ecco il gatto ladro
l’uscita dalla porta?
Mi ha doppiato il senso
di una vita corta
*
ecco lo sfrigolio dell’acqua
mi domando rispondendo
ecco la polvere accumulata
l’utilità del passo occasionale
ecco il tavolo di cucina
Di tutto quanto
ecco il cane per le scale
capiranno gli esistenti
ecco il gatto ladro
l’uscita dalla porta?
Mi ha doppiato il senso
di una vita corta
*
Il tuo vero amore
lo ricordo
analfabeta dal sapore
d’aringa
mistero delle mani
che sconfiggono il pensiero
Dov’ero?
a fare spazio
a pagare dazio
avendo il dono dell’attesa
Si paga si paga
si paga sempre tutto
alla bellezza
agli imbonitori
ai prestatori d’ascolto
C’è un corpo
d’interesse abbiamo un corpo
spesso niente più
lo ricordo
analfabeta dal sapore
d’aringa
mistero delle mani
che sconfiggono il pensiero
Dov’ero?
a fare spazio
a pagare dazio
avendo il dono dell’attesa
Si paga si paga
si paga sempre tutto
alla bellezza
agli imbonitori
ai prestatori d’ascolto
C’è un corpo
d’interesse abbiamo un corpo
spesso niente più
*
Volesti conoscere il principio
c’era una croce ad aspettarti
da portare dentro
da gettare addosso
ad ogni uomo discretamente perso
Sono strappi d’equilibrio
quelli di una visita nascosta
e non basta far tacere un tuo sussulto
e già mi vedi come ombra
accasata nelle pieghe dentro al muro
tu senti nella calce la mia voce
si duplica e riparte
cerca di schiodare la tua croce
c’era una croce ad aspettarti
da portare dentro
da gettare addosso
ad ogni uomo discretamente perso
Sono strappi d’equilibrio
quelli di una visita nascosta
e non basta far tacere un tuo sussulto
e già mi vedi come ombra
accasata nelle pieghe dentro al muro
tu senti nella calce la mia voce
si duplica e riparte
cerca di schiodare la tua croce
*
In fondo hanno lo stesso nome
la stessa utilità della menzogna
che potrei avere io
la tua falcata taglia l’aria all’aria
quando il tempo si deforma
e cambia strada
la stessa utilità della menzogna
che potrei avere io
la tua falcata taglia l’aria all’aria
quando il tempo si deforma
e cambia strada
*
di essere prima davanti
agli altri con l’impazienza
di un’adolescente schivando l’amore
a chiazze in percorsi orizzontali
senza il guizzo della virata
Adesso che non ci sono
ma persevero parallelo
non riconosci il possesso che ti manca
che invadersi i corpi
fa parte del respiro quotidiano
Ancora non capisci
la moneta dello scambio
l’aggettivo e l’avverbio
quello eravamo
confusi nello stesso suono
ed io sono sceso
tardi dal ripiano
Giulio Maffii è autore si occupa
di critica letteraria e dirige la collana di poesia contemporanea e plaquette
per le Edizioni Il Foglio di Piombino. Tiene un laboratorio di poesia per
ragazzi. Collabora con varie testate letterarie e svolge opera di traduzione
poetica. È uno degli organizzatori italiani del festival mondiale “Palabra en
el mundo”. Ha all’attivo varie pubblicazioni tra cui
Equinozio di girasoli (2009) e L’umiltà del poco” (2010). Nel
2011 ha vinto il premio Sandro Penna per l’inedito. Suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo, inglese e romeno.
Giudizi
Giudizi
«Agli zigomi delle finestre
è apprezzabile nel suo offrire al lettore un cammino che può percorrere quasi sostituendosi
all’io lirico.» (Riccardo Burgazzi)
«Una
voce particolare, in cui non manca qualche rado sprazzo di genialità capace di
farla emergere tra le altre.» (Federica Volpe).
Piero
Saguatti con Brevi
rilievi
FRAGILI ELEMENTI NATURALI
La luce, il fiato, il fuoco
CAPITA
Capita di non riuscire
NOIA VAGABONDA
Non si misura la noia
è fatta di schiuma soffice
PANORAMI VERTIGINOSI
Affinità mattutine
Affinità mattutine
nel tenero languore
l’acerbo
affumicarsi delle valli
rotonde
e ben distese
i bei respiri
aperti
in alta quota
le maestose vette
che aguzze
sulle cime
vado associando
alle anse
prorompenti
dei tuoi seni
in identica
e vertiginosa
natura
dominante.
FRAGILI ELEMENTI NATURALI
La luce, il fiato, il fuoco
lo stesso equilibrio
breve verticale
sfidano l’estinguersi
improvviso
nel suo sinistro
incombere silente
temono lo schiocco secco
con cui anche il vento
che traspare
spezza le dure fibre al
tronco principale.
CAPITA
Capita di non riuscire
a dividere i passi dalle
ombre
a distinguere le voci
tra i tanti suoni
sovrapposti
fra le sponde
capita di non riuscire
a separare la libertà
discreta
dalla somma martellante
degli eventi.
NOIA VAGABONDA
Non si misura la noia
è fatta di schiuma soffice
grigia e vagabonda
monta dentro poi si
sgonfia
impossessa, abbandona
poi ritorna
si nasconde
tra le mille espressioni
bugiarde
del
mio viso.
VOLO INCERTO
Dell’aereo
che si tuffa poi riemerge tra le nuvole scomposte
Dell’aereo
che si tuffa poi riemerge tra le nuvole scomposte
il suo singhiozzo
soffocato
appartiene al cielo
quaggiù si colgono
similitudini e paure
che legano quel volo
incerto
al nostro affanno
si percepisce solo la
traccia distante in rettifilo
poi la breve scia
nervosa
prima di svanire.
Piero Saguatti nasce a Bologna il 2 agosto 1963. Scrive sulla rivista «Parole» curata dal Laboratorio dell’omonimo
Circolo ove hanno insegnato autorevoli poeti come Lauretano e Rondoni. Ha
pubblicato un articolo sul quotidiano «La
Voce di Romagna» . Antologie: Briciole di senso (Montedit), Laboratorio di parole (Pendragon).
È incluso nell’Antologia-Censimento dei poeti bolognesi (Giraldi 2006). Menzione di merito al concorso “L’acqua” (ed. Farnedi). Finalista al
premio “Gens Vibia” di Marciano.
Nel 2007 ha avuto l’onore del commento di M. Cucchi a una sua poesia in “Scuola di poesia” su «La Stampa». Nel
2010 Premio “creatività” al concorso “Idea
Donna” e 3° classificato a “il Cono d’ombra” (VC). Nel 2011 è 1° al concorso “La Lettera
Matta” indetto dalla Culture Sommerse con la silloge: Senso, consenso
e dissenso.
Giudizio
Giudizio
«Apprezzo questa scrittura
energica, che denota un’asciuttezza nel plasmare la
materia verbale. Un verseggiare pregno di tensione gnomica, dove il poeta
scommette sulle possibilità offerte dal linguaggio. Un occhio/orecchio vigile,
quello del poeta, che sa di invettiva in alcuni punti (di teste vuote
sepolte nella sabbia / ne abbiamo tante al mondo / da confonderle a quelle
degli struzzi), in altri di amara sentenza (aggiungo questi silenzi
austeri / conficcati a livello zero della terra / rotti dall’incerto turbinio
dei miei ruvidi rovelli).» (Alessandro Salvi)
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