Tertium non
datur
Le
bastava occuparsi di me,
la
sera di ritorno dal lavoro,
ai
fornelli in cucina,
una
tisana, una carezza
nel
fine settimana.
La
tua realtà sprovveduta
aveva
una dignità,
ma
la sua era la mia priorità.
E
nel gioco al soldo delle tre carte
due
si coprono, nell’attesa
si
riveli la terza.
*
Compagna poesia
Alla mia Giulia
mai.
Il fermaglio
per i capelli
l’hai lasciato
da me.
Se
mi avessi aspettato,
avremmo
perso il treno
insieme.
Più
crescevano i chilometri,
più
credevo ai miei segreti
e
tu perdevi peso
scavata
dalla fiducia che
riponevi
negli altri,
ciechi,
che ti passavano davanti.
Tu
che non restavi
sola
nel dolore,
ma
che mai avevi detto solo «io».
Sarei
rimasto là
convinto
che il mio sguardo
fosse
abbastanza:
l’autista
del bus che prendevi
dietro
la stazione, verso le sei
di
ogni stanca settimana,
rispondeva
al saluto
sovrappensiero,
la
coda allo stop non l’avrebbe sorpreso
e
tu sedevi in fondo,
in
mezzo a chi come te
aspettava
una fermata
sua
o di qualcun altro,
compagno
di uscita in paese o per sbaglio.
E
sparivate nella confusione.
*
«Sei
sicura di avere compreso
la
via di mezzo?
Di
averla trasformata
in
zucchero davvero,
non
solo di indugiare
sotto
un fascio di sole,
siccome
il sangue ribolle
e,
finché dura, ti fa stare meglio?»
[…]
«Basta
saper aspettare.
Dovremmo
essere al riparo».
Balbettavi,
sforzavi la cadenza
con
appannati gli occhiali
pretendevi
che dentro di me
provassi
il rancore che
tu
volevi mi ardesse.
Ma
già ti avevo condannata
al
girone di coloro che
vogliono
essere giudicati.
Falistre di seta bianca
tra
i pochi
scampati
a loro stessi,
tra
i troppi dannati.
***
«Se mi avessi aspettato, / avremmo perso il treno / insieme»; «pretendevi
che dentro di me / provassi
il rancore che / tu
volevi mi ardesse»: in questo dettato dialogico (anche in assenza di replica esplicita) ed essenziale (di un bel taglio giornalistico, a volte, che non guasta affatto in quanto sostenuto da una ben costruita trama ritmica), in questa versificazione ancorata ai piccoli eppure esiziali accadimenti quotidiani che possono “convertire” un cammino, pregiudicare il futuro – ci pare di ravvisare un efficace timbro della poetica di Matteo Bianchi, sicuramente interessante. (AR)
Matteo Bianchi, classe 1987, si sta specializzando in
Filologia moderna e contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È
nato lo stesso giorno di Manzoni e ha segno ed ascendente identici a quelli di
Pasolini... ha incominciato ad appassionarsi all’astrologia quando lo scrittore
Roberto Pazzi gli ha calcolato l’ascendente. Per otto anni ha tirato di scherma
presso l’Accademia estense “G. Bernardi”, e resta un duellante per passione,
che sia di spada o di penna non cambia. Collabora con diverse riviste
letterarie e blog. Ha pubblicato due raccolte poetiche tra Ferrara e Venezia,
mentre la terza l’ha scritta a quattro mani con l’amico Alessio Casalicchio,
fratello in verso. Da un paio d'anni presiede l’Associazione Culturale
Gruppo del Tasso – www.gruppodeltasso.it –
della sua città ed è tra i curatori di In gran segreto, prima
Rassegna di Poesia Contemporanea a Ferrara: http://ingransegreto.wordpress
2 commenti:
Grazie mille, Alessandro!
e un bravo a Matteo! ;) Dario
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