venerdì 4 novembre 2011

Gian Ruggero Manzoni. Qua bisogna capirsi. Occorre intendere, ricordare. Gian Ruggero ha fatto i compiti, per noi e per gli altri. D'estate, mentre tutti andavano al mare, Gian Ruggero ha pensato di costruire un edificio sulla base del postulato di una piena corrispondenza tra simboli e cose, tra i sigilli e le ragioni che presiedono alle articolazioni del mondo. Ma perché? Perché in una generazione del sollazzo, delle ore liete spese tra taverne, liscio e balere, Gian Ruggero cercava la sostanza che consente di cogliere l’unità del reale nel complesso degli intimi legami di cui è permeato, l’aurea catena che congiunge cielo e terra? Stare all'ombra mentre fuori c'era il Sole? Perché questa atletica? Questa dedizione? Gli studi che forgiarono un pensiero capace di convertire a sé altri pensieri dilatandosi e sublimandosi in una parola persuasiva? Perché? Perché addestrarsi a tal modo nel vigilare sul senso e l'uso delle parole? Perché riportare tutto ai loro significati corretti?
Sono cose da padre, da uomo. Un testamento. Perché continuare accorgendosi che a “tanti” conveniva far finta di niente? Sapendo che l'unica cosa che avrebbe raccolto sarebbe stata la cattiveria dei mediocri?
Un lavoro. Una vita. Tenendosi distante da tutto ciò che avrebbe potuto compromettere la libertà di esprimersi. Lontano dai palazzotti delle liete distrazioni. Disinnescando ogni colluttazione. Due passi distante dall'equivoco. Sul marciapiede opposto a quello della convenienza, del favore che si ritorce in ricatto. Una vita. Un lavoro. Esistono uomini straordinari. Esiste la supponenza di chi ha capito tutto, sé e gli altri. Esiste il libero arbitrio. Esiste la sapienza poetica. Per i puri è un conforto. Per gli altri un demonio.


Udine, 4 nov 2011


Sebastiano Adernò

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