Tracce nel fango? Come a dire nulla, o solo nell'istante. Ci possono essere tracce in qualcosa che non gode di una sua propria forma? Ci può essere carattere, volontà in uomini che vivono su una terra che sfugge dai piedi. Cos'è questa pianura?
Detriti. Sedimentazioni. Riporto. Tutto potrebbe scivolare a mare. C'è un legame tra la morfologia del territorio e l'antropologia dei suoi abitanti? Oggi è più che mai facile rispondere di sì. Lì tutto pare sospeso. La nebbia sta magicamente sospesa. Perché non sale al cielo? Ma invece è il cielo che scende a terra? Altro che spleen. Non resta neanche quel tanto di aere per guardarsi in faccia e riconoscersi. Si parla nel vuoto. Si costruisce su poco. La pianura scoraggia. Chilometri senza il privilegio di una duna. Una terra senza sorprese, piatta, dove tutto è declinato nell'acqua. Si fluttua, si deambula. Ci si deve adattare al fiume, alle sue mutazioni. Non tanto al fiume che si vede. Ma a quello che scorre sotto, capillarmente, per osmosi, di campo in campo, di zolla in zolla, di passo in passo. Il fiume che col freddo si manifesta nella nebbia. E con la nebbia tutto smette di essere luogo, lucus per diventare confine. Come limo, limitare, pessimo dialogare, ovatta, respiro pesante, sogni da risaia, alienazione, slanci di rane nel paese dei suicidi, vinti verghiani, spoon river della sconfinata pianura padana.
Tracce nel fango è l'opera di un poeta quanto mai compiuto. Tutto è talmente perfetto da rendere impossibile anche la più piccola delle obiezioni. Luca Ariano ha seminato così tante pretese verso sé stesso, da essere riuscito, con dedizione e cura, a creare questo piccolo capolavoro.
©Foto di Sebastiano Adernò
“Tracce nel Fango”Libro d'artista e impronta linoleografica di Marco Baj
2 commenti:
La tua recensione mi ha incuriosito a conoscere meglio quest'autore
è un ottimo poeta. di quelli che lavora in maniera quasi maniacale alle sue cose.
Posta un commento