martedì 16 agosto 2011

Su Suture di Luca Artioli

Caro Luca, 

eccomi infine a dirti della mia lettura di Suture, iniziata a Fonte Avellana. Per settimane, temendo di non poter aggiungere nulla alla Prefazione di Massimo Sannelli, ho preferito lasciar decantare le tue parole, abbandonarmi alla loro resilienza. Così ora sono proprio esse, con le forme in apparenza più semplici, a guidare questi appunti. Da note a margine, trascrivo: architettura dell'opera a pentagramma, impeccabile, con suggestive titolazioni; richiami alla 'materia' linguistica – verbi servili, punteggiatura… – con valore fàtico, oltre che poetico; evocazione della figura materna e di altre, sempre di primario riferimento: Cristo, Luzi, Merini – «Ho trovato in te dal principio un'impronta / che ancora dura: sulla roccia della poesia / sei incisa come fossile per sempre».
Il titolo della raccolta mi fa pensare a questo punto alle traversine di un binario dove vita e poesia, mentre corrono parallele, sono una cosa sola. E non perdono uno scambio inarcandosi nel tuo moderno, avvincente canzoniere intorno a un pieno/vuoto d'amore, seguendo un insolito itinerario: Roma, Milano, Cartagena, Cuba… Con tessere di memoria sul mare d'Abruzzo, terre d'Italia centrale, fino al Verbo «che lento germoglia dalla croce» e diviene Fede «dalla Galilea alla Terra tutta». Più che lo sdoppiamento, il tuo io poetico mi sembra abbia a cuore la convergenza della lingua verbale con quella dello sguardo e del gesto, che nel Rabbunì pronunciato da Maddalena trova la sintesi più alta. In tale prospettiva, ecco altre immagini: la dedizione materna nell'umile lavoro di semina e cura delle piantine nella serra; la ricomposizione di un mosaico deflagrato; l'attesa, che appartiene ai poeti, di «pescare un momento» nel tempo della scrittura, fino a vedere «La vastità di una sola riga, / che perfetta – nel buio – si completa». Che aggiungere? Se permetti, non trovo di meglio che cederti ancora la parola: «Il resto è tutto / un polverone d'arena, / materia umana in subbuglio, / sillaba disintegrata». 
Un caro saluto a presto e ancora tanta buona poesia. 

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