Edizioni del Calatino, 2011
La silloge di Giuseppe Vetromile RITRATTIIN LAVORAZIONE inaugura, nell’Aprile 2011, la Collana di Poesia IL RETROVERSO delle Edizioni del Calatino, il cui animatore è il catanese Giuseppe Samperi.
Il libro si compone, sin dal sottotitolo, di due sezioni, Poesie del salario e Poesie del disincanto, quindici testi la prima, venti la seconda, il cui esplicito nesso è quello di un prima e di un dopo. Lo spartiacque è segnato dalla data del ventinove dodici duemilaquattro, quella dell’ultima marcatura in uscita dalla fabbrica, lo stabilimento FIAT di Pomigliano d’Arco in Campania: “Lascerò quest’officina con un rimasuglio di cuore sfatto, / appena per strisciare l’ultima ora al marcatempo / e poi rifarmi una nuova veste di cielo immacolato. / Dove andrà a finire il mio cielo, dove, / dopo la farragine del giorno sull’abisso ricurvato?”
Sul “disincanto”, sulla vita in pantofole, sull’inverno improvviso sulle mani … no. Preferisco, piuttosto, spendere qualche parola sul “salario”.
Sarà a motivo della mia predilezione per l’opera di Edgar Lee Masters ma … i nomi, le vicende, le vite delle donne e degli uomini cantati da Giuseppe Vetromile, questi amari quadri umani, ovviamente nel debito rapporto, altro non sono che pagine spietate di realtà, di esistenza vissuta, di storia, quella con la esse minuscola, che mai e poi mai conquisterà gli onori della ribalta ufficiale. E dunque ecco emergere, da queste facciate macchiate di inchiostro, una rivisitazione partenopea in quell’ottica di un mondo che, giusto per “la semplicità scarna dei versi, il contenuto dimesso, i piccoli fatti quotidiani privi di eroismi e impastati di tragedia”, s’apparenta a quello della più celebre saga dello Spoon River. E così gli odierni Salemme il magazziniere, Ginestra C. donna delle pulizie, il barista Antignani, il signor Empedocle C. addetto tecnico, Maria la segretaria, Tonino, il manovale Caiazzo, un pendolare alla fermata, Aligi, De Fusco Giovanni operaio della terza linea, Esposito G. pensionato profilano i personaggi/ritratti di questa sorta di mini Spoon River di Pomigliano, mentre l’Assemblea, lo spazio comune a tutti loro, richiama palesemente la Collina dove “dormono” gli “eroi” dell’autore statunitense (questi ultimi due componimenti, peraltro, entrambi posti in apertura delle rispettive antologie).
E allora, proprio alfine di avvalorare quanto detto, se ne riportano, a mo’ di esempio, brevi significativi stralci.
Assemblea: “In stanze anodizzate … nelle poche scorte d’ossigeno latente / luminari del lavoro tentano fiabe / per l’indiscusso mondo degli affari. / Vola il fiato dei presidenti / sull’autunno caldo dei derelitti / mentre le tute suddivise in quadrati e cerchi … urlano basta con poca dimestichezza / dei propri fragili futuri”; Salemme, il magazziniere: “Integerrimo, costante, preciso. / Per una vita ho elargito pezzi di ricambio … ma non conoscevo ancora il sapore del cielo ... ora è questa / la mia patria: qui … ho trovato ubicazione non marcata / sul mappa di memoria del computer. / Noi fantasmi abbiamo nelle tasche altro pane, / altro sale”; Ginestra C., donna delle pulizie: “Ho da riscuotere il salario già dall’altro mese prorogato / e qualche spicciolo in più / per quelle pulizie date in cambio d’un favore / a quel pover’uomo sopra l’ammezzato. / Il mio nome / è Ginestra C., lontano dalle favole lavo lavandini / e gabinetti nella ditta”; il barista Antignani: “Ore cinque e trenta … sguazza tazzine … architetta vetrine, / apre la cassa, sforna gli aromi. Poi va, / sbuffa, la vecchia macchina del caffè”; il signor Empedocle C., addetto tecnico: “Aspetti che / muoia la vecchia valvola d’ottone / (flussa ormai a metà del suo dovere, / manca di guarnizioni, membrane / o volt.) / Da millenni qui scartocci cellophan, / coperture, consulti lisi manuali. / Non ti fidi dei colleghi”; Maria la segretaria: “Tra la hall e l’ufficio del direttore / sublima lettere modello / rimediando un labile sorriso. / Quanta poesia può esservi / nel dolce cuore d’una donna … che il tempo non ha mai / per amare”; Tonino: “C’era da aspettarsi questa improvvisa / consumazione del calendario? / Tonì … ma che diavolo dicesti al tuo cuore scapestrato / perché – svilito, defraudato – cessasse, così / di battere all’improvviso? / Di che altro / potevi campare? Il finemese, la casa, / la famiglia, il bar, la cricca, / l’onestà d’un lavoro poco ma giusto”; il manovale Caiazzo: “Avrà i suoi cinquant’anni e passa … manovra gelidi colli lavorando coi calli. / Al mattino trapassa i cancelli, / si muta subito in tuta, unge le rughe, / s’inguanta le mani, si chiude / nei loculi occulta rinunce, / scartoccia fagotti, dispone pedane”; un pendolare alla fermata: “Nella bruma del piazzale / alla fioca luce dei quattro lampioni …. insugherito e svalutato … consuma preghiere alla ringhiera / per il suo ultimo resto di illusioni”; Aligi: “Aligi, sei fermo! / Hai infagottato ai piedi del letto la tua roba: / la tua storia! per rivederla intatta dopo il sogno. / Ma tu hai confuso la morte col riposo. / Eppure insisti … certo qualcosa prendevi / dal vento e dai sussurri dell’aria, dalle stelle persino, / come viatico ai tuoi giorni stretti”; De Fusco Giovanni operaio della terza linea: “La mia vita / è questa pezza di tuta grassa / da indossare sopra i sogni, le speranze. / La mia vita / è anche questa morte improvvisa e immeritata / capitata al centro del banale grigiore”; al numero civico 53 (Esposito G. pensionato): “S’era fatta di gesso / la sua faccia … ma la sua anima cantava ogni mattina. / Contava mille anni e recitava avemarie, litanie / che lo liberassero dai mali, che lo alzassero / finalmente al cielo. / Morì … nel vecchio quartiere, incastrato / nella polvere dei giorni andati”.
“Tutto ciò che vediamo o sembriamo / è soltanto un sogno dentro un sogno”, Edgar Allan Poe.
2 commenti:
Grazie a Marco Scalabrino e a Farapoesia per avermi dedicato questo spazio parlando ampiamente del mio ultimo libro di poesie.
Colgo l'occasione per inviare un caro saluto a tutti gli amici poeti e frequentatori assidui di questo interessante sito che apre una finestra sulla buona letteratura contemporanea.
Giuseppe Vetromile
La prima sezione di questo libro, dedicata alla fabbrica, mi sembra particolarmente interessante, perché apre un altro spiraglio sul far poesia di Pino Vetromile benché siano testi cronologicamente più vecchi rimasti a lungo nel cassetto): una poesia che getta uno sguardo diretto sul mondo del lavoro come ormai non si vedeva da tempo. C'è un verseggiare più asciutto e nel contempo incisivo. La seconda sezione apre invece la stagione più recente della poesia di Vetromile che ha raggiunto esiti notevoli.
Enzo Rega
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