giovedì 4 novembre 2010

Venti sonetti

foto di Gianni Donati

di massimo sannelli

(in clinica: 9-16 agosto 2004; 
riscritti: agosto-ottobre 2010)

i venti sonetti, completamente riscritti.
il libro che uscì qualche anno fa non c'è più, ora la sua astrazione mi sembra glaciale, anche mortale, anche se li scrivevo in una clinica davanti alla fiale di sangue e controllando il parcheggio. ora è un'altra cosa –
vi abbraccio








In un istante, in un istante solo
si vuole la reazione a molte offese,
avute e amare. La mente fa un volo
di anni. Questa voglia non aiuta

nulla, prima; poi prega che il suo ruolo
ritorni fumo e aria; allora nasce
in una vita di tutti: il bel suolo
ed una lingua che la vita usa.

Nulla è mai dovuto, ma qualche cosa
è necessaria. Opporsi ad una storia
stabilita non giova: vale il rosa

del colore che completa la gloria
serale; e una ricerca ora si posa
qui, qui e ora, e ne resta memoria.

2
Quando la parte colorata è vista
dall’occhio sano, il colore non lascia
più chi vede. E chi osserva le trine
bianchissime con l’occhio molto sano

sta bene; il contrario è una cosa triste.
E una vita di donna alla finestra,
da sola, che lavora, e forse assiste
i vecchi o i figli, sembra una vittoria

degli occhi buoni. Questa forza era,
ed è, nel mondo vero. Ancora adesso
questa storia materna è già presente,

è vera e una realtà si unisce al sogno
e lo distrugge. È il più grande bisogno
dei perduti e dei cari del presente.

3
Il cibo preso e l’acqua che si beve
sono il cuore del corpo; questo muro
è un corpo. Una misura sola vive
per tutto e tutti. Così UN solo seme

crea UNA pianta: ma UNA pioggia cade
su tutte. Dove si trema, si trema
per la paura, più che per la fame
bestiale. E si lascia quel che si deve;

quello che perde, crolla senza vincere
nulla; quello che vince, un uomo, vuole
più spazio che ragione, più cultura

che gloria. Il risultato che si vince
è molto bello: una posizione vera
di questo cibo, che è una cosa pura.

4
La volontà di dire vuole prosa
e non poesia. Adesso la potenza
dello stile è diversa, in ogni pausa
dei quaderni finiti: c’è una cosa

più chiara in chiaro cielo, la gioiosa
passione dove è chiaro, una danza
giusta dove la danza serve, lancia
contro lancia se serve, una rosa

accanto a un’altra rosa. Questo è il gesto
cristiano e è opposto al suo contrario aspro,
il poco contro il buio. Tutta questa

storia privata è detta dalla prosa:
la madre esalta il figlio e il figlio questa
donna. In realtà è, da una rosa, una rosa.

5
Per imitare il suono della vera
vita, piaceva quasi una porpora
infetta, e presto tolta dalla scena
presente. La soavità è apparsa:

materia e materiali sono un oro
comune e l’arte è date, istanti, ore
reali e nomi uniti per la luce.
Da frutto deriva frutto, e l’estate

lo mostra bene. Un’aria lieve adorna
il cielo, i frutti, i semi, e questa fresca
presenza delle cose, che dà segni

visibili; e la vista possiede intensa-
mente la lunga dolcezza sognata:
che ora vive, avuta come propria.


6
Ora il tempo dei sospiri ha una forma
nuova. Ora inizia uno stato felice,
con Cristo, e infatti dura; la sua orma
è ferma sempre: dove è, non è fragile.

Lo stato antico ha trovato una forma
per sopravvivere, e ben viene; esiste
la nuova condizione al mondo; prova
soddisfazione in ogni atto voluto,

e la voglia soddisfa ogni voglia
umana, e perché è umana si rivede
come il tamburo battente: che spoglia

la scelta della quiete e la concede
in altro modo e forma, e in un migliore
stato. Si dice stato, che non cede.

7
La struttura è ibrida: il suo principio
non è meglio di nulla, fu il nuovo.
Tra la fine e l’inizio, un nuovo inizio
non si vede. L’occhio aperto si muove

come un occhio normale, il suo giudizio
resta da un’ora all’altra. Il nuovo è quasi
un seme che si lancia. Non c’è vizio
nel cercare la vita. Non si trova

più nessuna speranza nuova. È ragione
questa deriva: se fosse, potrà
essere un simbolo nuovo. Non è

così: resta deriva, come è
stata in principio. Oppure ricadrà
in quello che non è, sola ragione.

8
La lingua è corporale per mancanza
di un altro corpo. Questa arte del corpo
caro si trasformerà! E nella stanza
illuminata, alta sopra il sale

del mondo, il sole e il mare di vacanza
per chi non vive qui: e questi sono;
la terra è esposta all’acqua, non si rinuncia.
Quello che vale è grande e ha il grido

asciutto e aspro, è naturalmente
il paesaggio, dove tutto è impuro
per la sporcizia, bello per l’aperto

spazio. Qui brilla bene il sesso certo,
le membra nude no, e non altro: è duro
pubblicare quel miele, e non è niente.

9
Appare la dignità del miracolo:
questa non è la coscienza offuscata
da un difetto taciuto; si ammira
nella grazia una seta, nella garza

che è poco velo il contrario del lusso
grande, nella vita glorificata
una perfetta nascita, che basta:
nell’altra stanza è il dormiveglia, il fiato

rotto. Di notte la voglia si sente
del sonno: esaudirla è un piacere
perfetto, ma il riposo non è pieno,

si sente. Nella natura non dorme
chi opera di notte e si rivela
in questa lotta, vivo per parlarne.

10
Nell’anarchia senza potere e ordine
l’ordine esiste ancora, in altre forme;
non il potere. Inizia il giorno e dorme
chi presidia le stanze, nel disordine

mentale dell’insonnia; e non risponde
più a nessuno. Tra poco l’aria informe
entra nel luogo del lavoro; è enorme
lo sforzo della veglia e corrisponde

al servizio di clinica, portato
fino all’alba. QUESTA è la volontà
di dire e QUESTA felice pietà

si vede: l’opera è senza potere,
non aggredisce più, non vuole avere
intelligenza e amici. Tutto è tolto.

11
Il sollievo sta solo in un momento
segreto. Poi il sollievo si dissocia
dal corpo, non più nudo: il sentimento
della vera presenza non rimane

con l’orecchio che muore e già non sente
più le parole. Oggi il tuo occhio è mente,
non per merito tuo, in un fermento
che è bello; di quel fermento si tace,

per il pudore che chiede. L’onore
onora la persona quando è accolta
in uno spazio, e la persona sembra

un vero figlio o figlia, e questa cura
è nuova e piace: ardere una volta,
due volte e tre, decine, per esistere.

12
L’oggetto disciplinato è coerente
con la ricerca avviata, prima. Meglio
trovare custodia che quella semenza
disperdere, nuova: e si mostra meglio

in una buona terra; con gentile
questo stimolo a fare, che assomiglia
a giustizia. La pace si raccoglie
in poco spazio, di metri diffusi e

più che metri. La tendenza alla forma
è coerente con l’oggetto di carta
o pietra o rame; presto li modifica.

Per occupare spazio, non c’è cosa
meglio del seme, e cresce tra le antenne
e i fili storti: è il modo liberato.

13
C’era una prova iniziata al candore
della virtù e di pelle bianca sotto
l’aria più calma: ecco un alto decoro
presente, molto, di cui si fa motto,

e per poco si trema. Anche il cuore
è svegliato improvvisamente, tanto
con furia. E poi si spegne questo ardore
di sesso e lotta vana, e si abbandona

l’intero campo. Se il cieco vedrà
per fede, le cose fatte non sono
vane. E chi sembra spoglio riderà

di tutti, tutti; la diversità
è intellettuale e non del corpo. Il corpo
nudo non c’entra: il suo ruolo è poco.

14

Perché si tremava così, muovendo
la testa e altro? E poi: non farlo più?
L’infanzia che ha giocato e ora gioca
di nuovo continuerà nel mondo

degnamente. Dove la pietà c’è,
la pietà non è frustrata: amando
questo tempo, e la sua Europa, c’è
un atto diverso. L’educazione

non è innocua; esiste un modo privato
che è nel giusto: è passione e la paura
di febbre e altro non lo tocca. Eccelle

la perfezione durissima e l’obbligo
dell’azione: se qui agisce la vera
carità, è forte; se è acuta è una culla.

15
Il caldo a metà anno non è strano:
ma è il tempo giusto e in questo mese i sensi
sono più forti. Questa scena ha
una maestà matura e anche la voce

migliora. In chi parla è sicura,
sicurissima, forza; ecco: è fatta
un’azione di pochi contro molti,
ma è incruenta, e piace. C’è una pura

e semplice obbedienza all’italiano,
dove in realtà noi sogniamo l’amore
perfetto. E oggi la lingua naturale

diventa altro: né inutile né arida,
né fredda. Quello che era non amato,
perché è storia morta, non è più tale.

16
Questo è il futuro e si offrirà di colpo
una serie di azioni, e sono facili:
il dire e il fare. Questa vocazione
sola basta, una voglia organizzata

è grande, e basta che la cosa pura
sia molto offerta, più volte con furia.
La somiglianza con il giglio della
pelle chiara è la norma; e poi è reale

la somiglianza del gesto alla voglia
intima. La vocazione riunisce
tutto: da tutto il vecchio nasce il nuovo

e da un rapporto molte somiglianze
coerenti. Accade con furia non nuova
e più volte con pace, che rinnova.

17
Si ride in uno spazio, e cede a questo
la forza dell’uomo: il suo piede arriva
mosso sopra le cose. Ora è padrone
e signore chi agisce su una riva

dura, dovunque, con la voglia onesta
di fare e dire: non ha e non avrà
più altro. In una terra coltivata
verde, la meraviglia si sarà

unita presto ai colori umili
della terra: i normali, non gli smalti
lucidi, su cui la vista si spegne

sempre di più. Dentro lo spazio verde
o dentro l’acqua si capmerà subito,
quando si nutre, una fase adulta.

18
L’andatura si mostra come luce
particolare. L’uomo che ama vuole
solo toccare il lobo dell’orecchio
e non la pelle: ma il gioco seduce

e stravolge chi gioca. C’è l’amore
per la donna e il suo nudo, e come sta
nell’opera: è la pittura; mentre ora
la famiglia è la cosa molto onesta

che conforta: «e io ci sono!». Allora il torso
è scolpito perfetto, con la mano
che disperde la polvere; e occorre

il mezzo duro, con la forza sporca
del lavoro. Vediamo questa azione
liberissima e forte, a cui si corre.

19
I modi d’avanguardia sono rose
e ilenso è salvo, salvo. L’armonia
tra l’interno e l’esterno ora è salva
e più vivace. Lo scritto ripete

tutta questa salute. Anche la pace
è riapparsa di colpo; e anche il nome
pubblico vive. È opera dell’ira
sconfitta, oppure l’opera allontana

dall’ira. I modi d’avanguardia sono
la prima età, ed è loro virtù; questa
cosa non si toglie facile, senza

violenza dell’esterno. La pietà
si invoca per chi crolla, mentre un’ombra
di questa arte vale come la storia.

20
Non si rinuncia a un abbraccio che sembra
piccolo, ed è di adulto. Ecco l’infanzia,
che parla: ecco l’infanzia, già distrutta
per rabbia. L’età è nuova: chi non ama

desiderare non ama, e qui sembra
e non è, non è, la fine delle membra
presenti e del paesaggio pieno, con
dolcezza. Il corpo vive. E belli i fatti!,

uno per uno: uno stato tremendo
è quasi tutto spento; nel pensiero
prima si esita, il primo; si vuole

unire età ad età, e il molle al duro,
per diventare grande. Non scompare
da noi il contatto chiaro ed il suo pregio.


I Venti sonetti (prima edizione: La Camera Verde, 2006) rimangono isolati dal libro che riscrive tutto. Lo chiede il loro aspetto e la loro storia privata: il lavoro della clinica e il lavoro in clinica. Anche i Sonetti sono oggetto di una nuova scrittura, e anche la loro prima edizione è abbandonata del tutto.

Nessun commento: