sabato 23 ottobre 2010

"Identità di cenere" (Albatros) di Federico Facchini - Recensione di Federica Volpe



Quello di Federico Facchini è un vero e proprio percorso che va ad indagare la vita e le maschere che troppo spesso la compongono.
Tale cammino, che non nasconde le sue fatiche, esprime tutta l’umanità dell’autore, un autore che ancora cerca la sua lontana voce, che alterna stili, che si sdraia sulla pagina con ordine impreciso.
Temi principali di Facchini sono quello del fingere, del fingersi, degli affetti, delle solitudini, delle passioni.
Molto spesso Federico esprime il suo dissenso nei confronti della vita imprevedibile e meschina con l’immagine del teatro, la quale annette anche l’immagine della maschera, la quale ci è imposta, oppure più semplicemente viene da noi costruita, a difesa o ad attacco.
Altre figure usate per esprimere il disgusto e il rammarico nei confronti della società organizzata e dell’uomo stesso che è responsabile di tale organizzazione sono quelle del manichino, dell’oggetto, contrapposte a quelle del ribelle (nelle quali l’autore si rispecchia pienamente).
“non mi avrete/e il cervello non mi laverete”, scrive Facchini nella poesia Il dissenso, o ancora “Io sono la malattia/e sono la cura,/del vostro organismo”. In Andrò cercando troviamo queste righe a mio parere molto significative e che bene rappresentano come l’autore percepisce la società odierna: “Le rivoluzioni cessano,/le pubblicità ci lavano la testa./l’onda non s’arresta./le auto si scontrano/per provocarsi piacere.”
La tematica della società e dell’uomo come animale sociale al quale la società fa, però, più male che bene, pervade tutto il pensiero di Federico, il quale vede nella scrittura un mezzo per ribellarsi, lamentarsi, gridare, addolorarsi, nella speranza che tutto ciò non sia vano, ma che risvegli le menti dormienti del gregge umano assuefatto al teatrino della vita, nella speranza che qualcosa possa cambiare, migliorare.
Ma al di là del Facchini sociale troviamo un Facchini privato, che parla d’amore (come in Febe in cui l’amata è “L’illusione/di poter essere un volto/oltre la maschera bianca.” o come in Corpi sudati: “Corpi nudi,/delicati,/uniti,/vicini.//Si cercano/i piedi/si sfiorano/le mani).
Altri temi sono quelli dell’adolescenza, e quello della poesia stessa.
In ogni caso mi pare che l’autore si sia occupato maggiormente della componente contenutistica del testo, e abbia lasciato un po’ più in disparte la ricerca linguistica e quella formale (l’editore Albatros non è stato per nulla d’aiuto in questo, lasciando del tutto vergine una bozza che avrebbe dovuto, invece, essere curata, ma questa è una colpa tutta editoriale).
Identità di cenere, dunque, è un testo di un giovane che ancora deve scavare nella cenere della sua identità, e che deve stare attento a non perdersi solo in quella.

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