venerdì 15 ottobre 2010

AA.VV., VOCI ED ECHI

EDIZIONI DELTA3, 2010 
recensione di Vincenzo D'Alessio
    Il volume, pubblicato dal Liceo Scientifico “V. De Caprariis” di Atripalda (AV), che reca il titolo Voci ed Echi, è un ottimo prodotto letterario, in tempi come quelli che viviamo, per i giovani studenti che vengono demotivati, dalla società e dai mass media, a concedersi la libertà dei propri sogni. Questo volume è frutto della pacifica e fruttuosa collaborazione tra docenti e discenti, con il beneplacito del dirigente scolastico, Giovanni Basso. In verità l’adolescenza non è il tempo migliore per mietere frutti di questo tenore. Ma questo libro dimostra che le eccezioni sono possibili.
   Si sono accomunati, in tal guisa, i saperi dei docenti Antonella Pappalardo, Maria Rosaria Genovese e Maria Antonietta Struzziero. I giovani studenti sono Maria Ascolese, Nicola Bonito, Luigi Centrella, Matteo De Ciucis, Angelo De Pascale. Vittoria Fina, Elena Guidoni, Daniela Infantino, Arianna Lonardo, Enes Mema, Ciriaco Milano, Adenisa Mirdita, Gianluigi Pilunni, Fabio Pisani, Kejdi Shullazi e Michele Tedeschi. Dai cognomi si evidenzia la buona integrazione delle diverse etnie nell’ambito scolastico.
  Il lavoro è ampio e ben curato nelle costruzioni poematiche e linguistiche. La ricerca delle figure retoriche e l’associazione alla lingua madre latina è suggestiva e stimolante. Per chiudere i contributi alla lingua inglese compattano in attualità i sapori letterari rendendoli internazionali. Abbiamo scelto a pag. 66 il tema  “Il viaggio”: perché il fascino dell’abbrivo della partenza, la consecutio degli eventi,  e il modo semplice di valutare la fine: “(…) Il fermarsi per sempre coincide, invece, con la vecchiaia e la morte, dove la fuga precipitosa verso l’infinito si cristallizza per l’eternità in un “c’era una volta…!”(pag. 66). Manca solo la citazione alla bella canzone Samarcanda del professore Roberto Vecchione che avrebbe dato il motivo musicale alle scelte dei testi  letterari.
   I brani scelti sono Astolfo sulla luna dall’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Segue Giovanni Boccaccio, dal Decameron, con Il viaggio di Andreuccio  a Napoli e si arriva alla bella poesia di Patrizia Cavalli, Quante tentazioni attraverso. Proprio su questa poesia ci siamo soffermati nell’analisi stilistica che i giovani hanno effettuato; il commento sull’itinerario domestico che la strofa, scritta in quattordici versi, scompone e ricompone agli occhi del lettore. Proprio ai giovani è consigliato questo viaggio, in versi giambici, dove: “Ogni giorno, infatti, diventa più concreto e pericoloso il rischio di non trovare la strada del ritorno. Il viaggio, quindi, diventa sinonimo di perdita, del pericolo di smarrire non solo l’orientamento nella realtà, ma anche la consapevolezza della propria identità.”  Facile oggi, come ieri, più semplice per gli adolescenti perdersi. Quante tentazioni attraverso è il verso iniziale della poesia della Cavalli, che un grande critico del Novecento ha così sintetizzato nel volume: Letteratura italiana d’oggi (1965-1985), (Giuliano Manacorda, Editori Riuniti, Roma,1987): “(…) E lo straripare di parole di Patrizia Cavalli (Le mie poesie non cambieranno il mondo, Einaudi,1974; Il cielo, id., 1981) scritte nella condizione irrisolta tra azzurri e nuvole, tra sentimenti e tradimenti, tra nostalgie e tiepidi rancori, in una solitudine ora desiderata ora paventata – in un verso quasi privo di chiaroscuri nella sua semplice esibizione di una “banalità fresca e indigesta”, ultimo residuo di una scontentezza profonda che non riesce a darsi un futuro” (pag. 262).
   Come hanno scritto le docenti, in questo lavoro corale, a proposito della Poesia: “In un mondo, come quello attuale, in vorticosa accelerazione e fin troppo prosaico e banale, insegnare letteratura equivale a vendere fumo, a vendere sogni troppo distanti dalla tangibile concretezza della routine quotidiana.” Noi aggiungiamo, per bellezza di sentesi, quanto scrive G. Manacorda per la stessa motivazione, citando il poeta polacco Boleslaw Lésmian: “Qualunque cosa si dica della poesia – è sbagliato. La poesia viva sfugge a tutte le definizioni. La definizione per lei è un triste genere di bara di vetro, che- rendendo chiaro – uccide” (pag. 228, op. cit.).

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