ISBN 978 8895139 81 4
con foto di Veronica Re
postfazione di Tiziana Cera Rosco
Le poesie di Francesca Mannocchi sono epigrammi: fotografano sensazioni, amori,
relazioni, particolari “oggettivi” con le loro zone d’ombra e il chiarore in qualche
modo abbagliante (ed è molto bello in questo senso l’accompagnamento degli intensi scatti in bianco e nero di Veronica Re). È come se la vita non trovasse appigli
affidabili se non nella passione (che è una commistione di dolore e di entusiasmo) con cui la si vive nonostante il suo palcoscenico minimale eppure inquietante: “Sono in cucina a tostare il caffè / con la divisa delle tue zone di buio / Sono in cucina, bambina part-time / nell’abbondanza dei tuoi jeans da viaggio” (p. 15); “le Parole sono colpi di fioretto / sillabe d’alabastro vestite a lutto / mentre cerco di capirle mi scopro ferite dappertutto” (p. 17); “Provo a grattare via l’odore acre del tuo seme / con l’aroma ocra d’ambra borghese / sotto un getto d’acqua che a chiudere gli occhi / è come s-venire, che ad aprire la bocca / pare annegarmi” (p. 30); “il dolore d’estate è banale come una promessa fatta di notte” (p. 32)… le citazioni potrebbero essere molteplici, chi legge troverà in questa raccolta suggestioni
emozionanti, inedelebili squarci di quotidiano, riflessioni salaci e un ritmo (a tratti
cullante, a tratti sincopato) che affascina.
Come osserva Tiziana Cera Rosco: «La traccia di questo libro, anche nei pochi movimenti di tenerezza su cui si poggia, è un’allerta per un’onda anomala che si preavverte (“spio ogni angolo fuori controllo”). (…) Per quando si parli di una intimità che presupporrebbe un congiungimento (perché i soggetti del libro si uniscono) la voce che qui parla viene da un’unione calibrata in modo impossibile a viversi e diventa la storia di un tempo interno, di chili di tempo sconosciuti all’altra parte
della domanda dell’amore (“Quanto dura il tempo che non passa?”).»
Francesca Mannocchi, 28 anni, romana. Una laurea in Storia del cinema. Porta con
sé: il desiderio di raccontare storie, un’inquietudine all’origine e i giornali sotto il
braccio. Si sveglia con un caffè triplo amaro in tazza blu. Ha: sempre poca benzina nell’automobile, una passione smodata per sua nonna Rita e l’urgenza di raccontare le vite dure del paese che la circonda. Allergica alle definizioni e alla sintesi termina la sua biografia con la parola: rivoluzione. La sua plaquette L'uscio è stata inserita in Legenda, antologia dei vincitori del concorso Pubblica con noi 2009.
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