di Maria Liana Celli
scheda del libro qui
Leggerti, Caterina, o meglio leggere le tue poesie, suscita in me spinte diverse, fuorviando i miei pensieri prima di ricomporli.
Da una parte colgo versi lussureggianti per immagini fantasiose e preziose, dall'altra rime petrose di petrarchesca memoria.
Eppure questi due piani espressivi diversi nel contenuto e nella forma, convivono, e germogliano fervori e consapevolezze.L'anima si libra inseguendo fantasie e magie, a volte ridenti, a volte dolorose, si innalza alle vette
dell'ebbrezza e della voluttà e sprofonda negli ibridi abissi dell'insidia e dell'affanno.
È un lungo viaggio che compie il lettore, in nome della ineluttabile necessità del leggere, del capire, del sentire.
E, dunque, del vivere.
Le poesie, immediate nel porgerne il senso, ma levigate e come incastonate, sono un alternarsi e un fiorire di sfaccettature e di rimandi, di colori e di ombre, di limite e di assoluto, di acutezza e di smorzamento, “così come vita vuole”.
E, su tutto, sento alitare – di nuovo Petrarca e le sue Rime – questa solitudine aspra, questo sogghigno esistenziale che tutto soggioga e ci impone ma che, paradossalmente, da tutto ci preserva.
E, quasi, ci salva.
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