domenica 10 gennaio 2010

Su Solchi e nodi di Caterina Camporesi

di Maria Liana Celli

scheda del libro qui

 Leggerti, Caterina, o meglio leggere le tue poesie, suscita in me spinte diverse, fuorviando i miei pensieri prima di ricomporli.

 Da una parte colgo versi lussureggianti per immagini fantasiose e preziose, dall'altra  rime petrose di petrarchesca memoria.
 Eppure questi due piani espressivi diversi nel contenuto e nella forma, convivono, e germogliano  fervori e consapevolezze.
 L'anima si libra inseguendo fantasie e magie, a volte ridenti, a volte dolorose, si innalza alle vette
 dell'ebbrezza e della voluttà e sprofonda negli ibridi abissi dell'insidia e dell'affanno.
 È un lungo viaggio che compie il lettore, in nome della ineluttabile necessità  del leggere, del capire, del sentire.
 E, dunque, del vivere.
 Le poesie, immediate nel porgerne il senso, ma levigate e come incastonate, sono un alternarsi e un fiorire di sfaccettature  e di rimandi, di colori e di ombre, di limite e di assoluto, di acutezza e di smorzamento, “così come vita vuole”.
 E, su tutto, sento alitare – di nuovo Petrarca e le sue Rime  – questa solitudine aspra, questo sogghigno esistenziale che tutto soggioga e ci impone ma che, paradossalmente, da tutto ci preserva.
 E, quasi, ci salva.

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