domenica 10 gennaio 2010

L’afflato (su Io, Lei e la Romagna di Guido Passini

di Nicoletta Verzicco

Sfoglio le pagine di Io, Lei e la Romagna; il mio sguardo scorre sulle parole scritte e su di esse vedo Guido, scoprendo che dalla sua gracilità viene alla luce la sua forza, imbibita nei versi.
Corro sulle pagine per poi fermarmi repentinamente, costretta a riappropriarmi del respiro che si è fatto corto, conscia che il dolore non appartiene solo agli altri,  io consapevole che distaccarsi dalla sofferenza del prossimo non ci rende immuni da essa.
Guido ha scritto le sue poesie permeandole del suo soffio e il lettore ne rimane avvinghiato a tal punto che si soffre del suo male e si gioisce della sua contentezza.
”Piano ti avvicini alle labbra/ e soffi leggero/ quel tanto che basta/ a mantenermi in agonia”,  la malattia gli toglie il fiato; “Avvolgimi con il respiro/ in questa mattina/ che finalmente mi porta/ a te”, l’amore in variegate forme glielo restituisce.
Non c’è rassegnazione nelle sue strofe, c’è una rabbia controllata; ci sono lotta, speranza e amore per una vita che lo ha prima illuso “Quando ancora il tuo tempo/ non rubava il mio fiato/ e la vita correva come il vento” e che poi lo ha castigato per colpe non commesse “E tu... hai deglutito con amarezza il mio respiro/ Poco dopo hai chiuso la partita/ in tuo favore”.
Nonostante l’ingiusta pena sia una delle più atroci perchè lo vede chiuso in una campana di vetro dove l’aria è rarefatta, Guido scrive  “Un giorno... vivrò... un giorno queste gambe/ che soffrono del respiro/ saranno appagate...”
È in questa commistione di accettazione, rancore e speranza che mi sono permessa di respirare fino all’ultima strofa il suo mai strangolato afflato.

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