venerdì 8 gennaio 2010
Su Se non si muore di Franco Casadei
Ibiskos Editrice, Risolo, 2007
recensione di Caterina Camporesi
Se non si muore è l'opera risultata vincitrice del premio del Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa “Luigi di Liegro” 2007, Sezione Silloge Inedita.
Il titolo, ripreso dal Vangelo di Giovanni (12,24), rimanda decisamente alla inesorabilità del rischio che ogni vera metamorfosi comporta. Il disdegno per l'andamento di una vita troppo piatta e stabile induce l'uomo coraggioso a confrontarsi con l'esperienza della perdita per andare incontro all'ignoto.
Se la posta in gioco è la vita stessa, allora il prezzo da pagare non può essere che estremo: il tutto o il nulla, vale a dire la vita o la morte. Il che significa fare i conti con emozioni forti, costeggianti l'angoscia per la possibile sparizione che, solo nel migliore dei casi, non sarà definitiva. Solo così il seme sepolto incontra il momento della nascita e quindi della crescita della spiga che a sua volta conterrà altri semi.
I testi poetici di Franco Casadei affrontano le difficoltà e le perplessità alle quali l'uomo sembra essere piuttosto riluttante: lasciare andare, perdere ciò che ha e ciò che è, perché l'inedito possa trovare spazio e tempo per germogliare.
Esperienza, quella del cambiamento, portatrice di fecondità, ma lastricata di pericoli: il rischio del passaggio da uno stato ad un altro o meglio, come dice il poeta, da una sponda all'altra, non è mai garantito in quanto le insidie del mare sono infinite e la possibilità di essere inghiottiti dagli abissi è sempre in agguato.
Entrano in azione angosce e dubbi che sono propri dell'attesa, vale a dire di qualcosa che può arrivare, della cui bontà e validità tuttavia non si è mai certi, nonostante l'iniziale ottimismo.
Il volume è suddiviso in tre sezioni: “Sull'altra sponda”, “Poesie del dolore”, “Fra partire e stare”.
L'avvio è dato da una poesia dedicata all'amico poeta, Gianfranco Lauretano, dove si preannuncia la necessità di solcare i mari, essendo della vela il destino di incontrare il vento.
La bonaccia non si addice al nostro poeta che, come Don Chisciotte, predilige la lotta e il movimento con i relativi pericoli che l'andare incontra.
Il tema della ri-nascita è il tema portante della raccolta. Se la nascita biologica è una sola, non così è per quella psicologica che può avvenire allorquando eventi significativi esteriori o interiori movimentano lo stato quieto o, meglio dire, stagnante della vita psichica.
Accettando di perdere e di perdersi nell'attraversare la porta che schiude nuovi orizzonti si affrontano sentimenti alternanti fra speranza e disperazione: “Ho svegliato l'alba / Con pensieri nuovi //attraverserò il ponte, /la mia speranza / è sull'altra sponda.”
Tre versi di Paola Lucarini – “La nostra forza / sta nella profonda inconoscibile giustezza / di ciò che accade.” – introducono la seconda sezione, “Poesie del dolore”. Suggeriscono la fiducia nell'accettare quanto avviene, affidandosi e fidandosi di un sapere profondo che va al di là della razionalità.
Gli affetti famigliari riempiono con delicatezza le pagine della terza parte “Fra partire e restare”. Una malinconia tenera abbraccia le persone, la loro vita e i loro sogni.
La natura compenetra emozioni, azioni e pensieri: il vento con il suo movimento sembra guidare il percorso.
Molte sono le dediche dedicate a persone amiche o incontrate nel cammino di operatore medico e di uomo e testimoniano il suo coinvolgimento nella vita di tutti i giorni.
L'ultimo testo della raccolta è dedicato ad una brava poetessa sua concittadina, Roberta Bertozzi con cui Casadei prova a dare una sua definizione della poesia, cogliendone l'aspetto dell'istantaneità. Mi fa piacere qui ricordare un altro poeta, Jorge Boccanera, argentino il quale in “Sordomuta”, opera da poco curata in Italia da Alessio Brandolini per le edizioni Lietocolle, tenta anche lui di catturarne la natura, personificandola nella figura della “Sordomuta”, per il suo carattere misterioso, libero, ribelle e irriverente.
Ho trovato nella poesia di Franco Casadei, già presente nel suo libro precedente I giorni ruvidi ruvdi vetri, la capacità di utilizzare aggettivi forti e originali che fanno da contrapposizione alla linearita dei sostantivi ai quali si accompagnano.
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