di Adele Desideri
L’opera teatrale Resurrexi è stata commissionata a Roberto Mussapi, nel 2006, dalla Conferenza Episcopale Italiana e dalla Fondazione Arena di Verona. Accompagnata dalle musiche di Alberto Colla, essa è stata rappresentata in Vaticano dinanzi a Benedetto XVI. Ora la possiamo trovare nelle edizioni Jaca Book, impreziosita da una serie di incisioni su linoleum realizzate da Teresa Maresca.
In questo testo Mussapi affresca il dramma della Passione e gli enigmi della Resurrezione di Cristo, attingendo alle fonti neotestamentarie del Vangelo di Luca e dell’Apocalisse di Giovanni. Ne scaturisce “un oratorio sacro in cinque quadri per voce recitante” che irradia luce pura, diffonde cosmica energia, sfiora l’essenza dell’Eterno e scandisce i ritmi della debolezza umana.
Il Figlio, un angelo, i due uomini che si dirigono a Emmaus, la Maddalena e due Cori commentano i fatti relativi alla scoperta del sepolcro vuoto. Il Padre “appare in forma di luce”, la sua voce è sfumata nelle nebbie della trascendenza. È altresì “(...) inconfondibile,/” quella del Figlio, il quale ritorna con vibrante tenerezza sulla sua vicenda terrena: “Mi hanno creduto, confusi, incerti,/ come passeri attratti da una mano/ che tratteneva briciole di pane./”. Maria, la madre, compare, silenziosa e caparbia, nelle parole altrui: “La roccia è vuota, Maria, come i tuoi occhi (...)/”.
Mussapi – evitando i toni apologetici o acritici – scandaglia i dubbi, le insicurezze, le aporie della fede. La “sua” Maddalena, così, può farsi latrice del quesito che ogni persona, forse, vorrebbe fosse svelato: “Ma a me, che sono confusa ma presente,/ a me, Angelo, a me che sono niente/ dillo, e non pensare di potermi illudere:/ (...)/ è risalito al Cielo? È risorto?//”.
E se è vero che “Nel cuore della storia ha fatto irruzione l’eterno”, la dimensione escatologica – quella cioè della speranza ultima di salvezza – diventa una sublime certezza, che già dall’assenza del corpo fisico di Gesù trae la fiducia nella presenza spirituale di quello risorto: “lì dove tu lo vedi assente Cristo è risorto./”. E se è vero che la Maddalena ha “(…) redento/ sola, al suo fianco, il sogno degli umani/ di ritrovare amore anche nel fango,/”, si apre finalmente lo scenario atteso del perdono.
Il Nazareno, come del resto molti altri personaggi famosi della Bibbia, è spesso rivisitato nei romanzi o nelle raccolte poetiche contemporanee con esiti a volte piuttosto banali e scontati. Mussapi invece, nell’affrontare gli epigoni della vita di Gesù, sceglie tonalità inconsuete, capaci di dipingere a tinte vivide l’apocalisse fortunata della carità: “credimi, ho riso, come ride un Dio./”. E nei suoi versi coniuga la chiarezza di uno stile cristallino, la sorpresa di un dettato leggero, la potenza di un timbro che tocca le profondità dello spirito.
Nell’intensità del verbo il poeta dà risalto alla mobilità dell’immagine, facendo emergere le virtù imprevedibili dell’uomo proprio dalla sua caducità: “la tua creatura è fragile, ma bella./ Valeva la pena di morirci accanto,/”.
Bellezza, fragilità, amore, giocosità, dolore, felicità, contrasto, eternità: è salutare riflettere su tutto questo, mentre l’estate si approssima e nel tempo del riposo la mente, liberata dagli affanni quotidiani, può librarsi, tramite le buone letture, verso gli orizzonti dell’infinito. Volare alto fa bene. Talvolta sembra difficile, ma si può fare. Basta provarci.
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