Impressioni di lettura di Stefano Leoni
Community Minded
A distanza di un anno circa dalla raccolta antologica Senza Fiato (Fara, 2008) Guido Passini torna a regalarci un secondo testo, Io, Lei e la Romagna, sempre per le edizioni Fara di Rimini, poco meno di 70 testi poetici tutti dello stesso Passini.
L’autore compie una operazione di consolidamento di ciò che il testo precedente aveva avviato, muovere attenzione verso il problema di una patologia genetica grave come la Fibrosi cistica di cui Guido stesso è affetto, ponendo la propria reale esperienza come esempio e testimonianza.
L’amicizia che mi lega all’autore non mi impedisce di valutare credo correttamente, anche se non esaustivamente, la portata emozionale e simbolica del libro.
Guido racconta di sé suddividendo il testo nelle tre sezioni che il bel titolo stesso dell’opera suggerisce: Io, sezione nella quale il poeta chiarisce il peso della malattia sull’umano che ne subisce la violenza nonché la ridda dei sentimenti passivi e reattivi cui questa dipendenza obbligata costringe. La seconda sezione è dedicata a Lei, la malattia stessa, che diviene una entità vera e propria, a mio vedere sostanziata in una duplice fisionomia, quella simile a una serpe cattiva che percorre “infida il corpo, / le vene, le vie aeree, tutti i pensieri.”, e quella di una sorta di amante perversa e inevitabile, che rendendosi in qualche modo sposa indesiderata e tendenzialmente indissolubile spinge l’autore alla doppia fatica, ma salvifica, di ricostruirsi ad ogni istante, come Guido stesso dice: “Devo reinventare me stesso”.
Così sopraggiunge la terza sezione, La Romagna, che è causa/effetto del reinventarsi, nella quale la zona geografica è metafora efficace e illuminante delle motivazioni che spingono l’autore a trovare l’enorme e commovente forza di reazione che pervade l’intero testo: l’amore.
Certamente è l’amore per la compagna Cristina, simbolo però anch’ella di un sentimento corroborante e guaritore più ampio, di peso specifico valoriale tale da superare abbondantemente il dolore.
Guido utilizza una scrittura che, nel confronto con i testi di Senza Fiato, si dimostra più sicura ed efficace, forse anche per i numerosi testi di altri autori che il poeta ha letto attentamente e recensito nella parallela esperienza instancabile di recensore e di diffusore della poesia che ha svolto, a dimostrazione ancora una volta che la poesia non è per Passini solo un luogo terapeutico dove esorcizzare il proprio disagio ma una sincera dimensione concettuale nella quale il talento si coniuga all’impegno.
Io voglio quindi soffermarmi non tanto sul significato di Io, Lei e la Romagna, e nemmeno tanto analizzarne la costruzione tecnica e l’efficacia delle scelte lessicali o ritmiche, pur apprezzandole, quanto sottolinearne la valenza positiva e propositiva che la fatica di Guido esprime.
Ciò che mi affascina e mi commuove (sottolineando che per commozione io intendo partecipazione, condivisione, vicinanza sincera e innanzitutto fare tesoro dell’esperienza altrui per imparare) è la constatazione del flusso benefico che l’opera di Guido regala.
Passini infatti potrebbe esprimere tutta la sua esperienza, negli aspetti terribili e nelle intenzioni tenaci di resistervi, e tanto basterebbe forse a trovarvi una ragione sufficiente. Ma l’autore va ben oltre questo atteggiamento e trova nella condivisione con gli altri lo scopo alto del suo agire, non risparmiandosi alcuna stanchezza. Guido unisce, crea la rete, tesse relazioni, costruisce, porta conforto, soffre per altri, gioisce per altri, offre sé stesso dunque per un bene comune.
L’energia che spreme da sé stesso e sparge attorno anche verso chi anche non condivide esattamente lo stesso dramma diviene uno splendido boomerang, capace di rendergli amplificato l’amore che dona.
Community minded, appunto. Un esempio per me, per tutti.
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