mercoledì 2 aprile 2008

Su Frane e frammenti di Stefano Leoni

LietoColle, 2008

nota di lettura di Alessandro Ramberti

Inizio subito col dire che questo nuovo libro di Stefano Leoni è molto bello. E parlo di quella bellezza non puramente estetica, legata al lavoro di lima, alla cura nella scelta delle parole, alla capacità di rendere il ritmo dei versi suadente ed evocativo, alla tensione alla sobrietà e alla ricerca di un proprio timbro riconoscibile, ma al fatto che le poesie non sono un lavorio meramente astratto e intellettuale, ma traggono linfa dal vissuto e dalla realtà. Ovviamente l'aggancio al reale, agli eventi, viene in qualche modo oggettivato e trasfigurato, cioè proiettato “oltre”, in quel modo tipico della “vera” poesia di congiungere (senza con-fondere) anima e corpo, spirito e carne, autore e lettore, singolare e plurale (per usare una “categoria” o meglio una immagine di Jean-Luc Nancy recentemente ripresa e rielaborata in un saggio inedito di Andrea Ponso su “Poesia e liturgia” di prossima pubblicazione). Eccovi alcuni lacerti, fra i tanti citabili di questa raccolta:

«Offro l'inguine inquieto / a desideri in affitto / poi spingo l'alba fino ad accecare.» (p. 9)
«Essere al netto della propria misura: / poveri e tutto. / Alla velocità che cambia, cambia il vero.» (p. 14)
«Il presente è una curva passeggera» (p. 17)
«Voglio avere nutrito il muscolo, / dato forza a un respiro, voglio / sapere che anche solo un istante / io boccone e motore di Dio.» (p. 28)
«nel ciano denso di un mattino sordo / guardo da questo strappo di collina / qualcosa di lontano che s'arrende» (p. 44)
«Scrivo parole, frane fra le frane,» (p. 45)
«È una città che pesa e percorro le vie / intrecciate come gli spaghetti / ingoiati in fretta nella pausa di lavoro» (p. 47)
«È qui che si chiude la frase, / senza punteggiatura taglia il piano, / ne fa frammento, senza misura.» (p. 58)
«Nella violenza incolare del mio occhio / impazza tutta la mia bellezza.» (p. 62)

Belle anche le osservazioni di Matteo Zattoni (anche se non condivido l'affermazione di “un assoluto relativismo” della poetica di Leoni, che trovo al contrario espressione di una prassi di vita che sa “sporcarsi” le mani e dunque operare scelte forti) e Filippo Amadei alla fine del libro: un'opera che sono certo darà molte soddisfazioni al suo autore.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Credo che si tragga sempre spunto dalla realtà, ma una più grande “trasfigurazione” può essere determinata da vari fattori tra i quali (parlo per me), la necessità di trovare il punto che ostacola lo “sporcarsi” maggiormente le mani.
“Ciò che sei originariamente non sei mai sicuro che sia vero, anche quando si manifesta, perché non l’hai mai visto.”
(in termini decisamente più confusi, mi pare, di averti detto questo di me la prima volta che ci siamo visti)
Per questo, a volte, nell’incontrare lo sconosciuto che attrae senza un perché ci si ferma nello scavare per - o in - qualcosa di più riconoscibile (errate identificazioni).
Le ultime poesie che ti ho mandato nascono dal fatto che mentre vivevo/scrivevo arrivava e scompariva un’immagine. Me da piccola che disegno visi di donna adulta. E in tutti (sarà perché per genetica ho tratti un po’ da bimba) mi facevo il ritratto. Più avanti ho iniziato a collezionare sguardi: da riviste ritagliavo occhi che mi colpivano per qualcosa… per natura sento in me un contrasto – la grazia del tuono - e questo non mi permetteva di notare un altro contrasto nelle scelte degli occhi.
Va be, non voglio farla lunga, ma non so come farla breve…

Lo specchio
mi regala la mamma
Accarezzo il viso

Grazie
Leela

Alessandro Ramberti ha detto...

«la necessità di trovare il punto che ostacola lo sporcarsi maggiormente le mani.» Credo che Leela ci indichi il punctum – dolens ma anche vivificante – che ciascuno (e in particolre il poeta e chiunque fa della espressione il nodo centrale della sua esistenza) deve affrontare per risultare credibile e autentico. Per questo l'espressione artistica, così come la politica, non può che essere impura, nel senso che sussiste solo se tenta il collegamento dialogico fra reale e ideale, fra fede e ragione, fra vissuto e progetto di vita… come ho già detto più sopra con altre parole. Ma senza cadere nella hybris, nella confusione sincretica che mescola e annulla.
Alex