lunedì 19 ottobre 2009

È uscito Esperienza degli affanni di Nicola Vacca

Nella collana Plaquette delle Edizioni il Foglio esce il mio nuovo libro. Esperienza degli affanni (www.ibs.it , www.ilfoglioletterario.it ) è un resoconto del quotidiano, delle sue fragilità, delle sue inquietudini. Una finestra aperta allo stesso tempo con disincanto e speranza sul presente nel quale precipitiamo. Ho cercato di leggere questo registro fragile nel quale viviamo  soffermandomi a riflettere sulle questioni di luce e oscurità con cui ogni giorno siamo costretti a fare i conti.
Il modo migliore per presentare la mia raccolta è quello di affidare la parola a Patrizia Garofalo, poetessa e critica letteraria, che ha appena pubblicato su www.lankelot.eu  una bellissima recensione. (Nicola Vacca)




Parole contro la deriva

di Patrizia Garofalo



“La baia degli angeli” disegna in copertina un ovale che abbraccia la sirena carica di fiori. Si  nasconde il mare illuminato dell’originale di Chagall e,  della pittura del grande maestro, stigmatizza “la sospensione nel vuoto” alla ricerca di luce, il camminare alto sulla terra, le contorsioni dei  baci e il mondo che per non morire nella dimenticanza e nella rimozione  del non voler guardare, fa dire a Nicola Vacca “Dateci parole semplici/ per attraversare il mare./ C’è pericolo di naufragio/ la mente brucia, il cuore è squarciato./ Il dolore è perdita/ ma è anche l’esperienza dell’uomo giusto./ Sono proprio quelli che non ci sono più/ a raccontarci che nella memoria/ forse la deriva può essere evitata / e che nella vita esiste/anche il lato giusto delle cose”. Il poeta suggerisce il lato giusto  della vita, l’esperienza del dolore e il quotidiano convivere con esso. Sia dolore  nostro  sia  di altri da noi, non lontano quindi ma condiviso nei fiori profumati della sirena-angelo. Dalla lirica riportata le tematiche fondanti della poesia dell’autore si definiscono  nella parola “esperienza” e “affanno” che  generano anche i sorprendenti aforismi del suo penultimo libro “frecce e pugnali”,  evidenziando come l’esperienza non sia una cognizione filosofica ma quotidiano apprendimento e incontro e  convivenza con la vita, qualsiasi essa sia, qualsiasi ruolo ci offra in quel momento del quale la memoria conserverà per sempre luci-ombre e mai dimenticanza; neanche dell’affanno che  spesso accompagna lo sguardo sul mondo e sulle cose e sugli amori e cerca la parola  nel vuoto che si apre come voragine,  quasi a risucchiare in una prova titanica il respiro corto.

E la richiesta di parole semplici per attraversare il “pericolo di naufragio” è riempire di cura anche il dolore. Può essere silenziosa attesa, cura delle parole “questi grumi d’anima/ che soffiano sul cuore/ per non sprecare l’amore”, ma mai resa o deriva. È la scelta di vivere l’esperienza del quotidiano che salva il dolore del poeta dalla sconfitta terrena anche quando le parole sono stanche e dolorano come reumatismo dell’anima, come fitta al cuore.

 È fisicità dell’esperienza quella a cui la lirica di Nicola Vacca ci rimanda, ore e giorni che di eccezionale possiedono la ricerca della  parola semplice, senza orpelli, svestita, quasi  sommessa eppure forte e a dismisura, fremente. “Ci vuole coraggio per abitare/ le stanze d’ombra e di dolore ./ esporsi al terrore dell’uragano/ è il gesto che manca.”

Ma il gesto c’è, anche davanti ad un Dio silenzioso, troppo silenzioso ed è quello del poeta di desoggettivare  l’esperienza e renderla pronta ad accogliere altre stragi ed altri dolori ed altri affanni. “L’antica natura onnipotente, /Che mi fece all’affanno” scriveva Leopardi, è  per l’autore, sguardo riflesso a chi soffre “ non si sono istruzioni per il cuore” scrive e “ con le lacrime si resta appesi ad un perché”  “se sommiamo tutta la tenerezza/ che ogni giorno trafiggiamo/ con la spada dell’indifferenza/ ci accorgiamo che la vita è una scatola vuota/.  Un briciolo di passione potrebbe salvarci,  e proprio in questo assunto che “i poeti fanno i conti con le parole/ camminano senza mappa/, Tengono tra le mani/ la poesia che succede nella crudeltà / di un altro giorno di paura. E gli amori, “gli amori che fanno male/ sono quelli che restano”.







Cecità




In compagnia dell’oscurità

avanziamo passi incerti.

Disincantati  guardiamo in alto

verso un cielo che minaccia pioggia.

Dietro  le nuvole ci sarà  un sole

che attende di essere liberato.

Intanto  abbiamo smesso

di conversare con la luce.

La cecità è il terrore che uccide la gioia.

È condannato alla notte più buia

solo chi non sa raccontare il male.







Il lato giusto delle cose




Dateci parole semplici

per attraversare il mare.

C’è pericolo di naufragio

la mente brucia, il cuore è squarciato.

Il dolore è  perdita

ma è anche l’esperienza dell’uomo giusto.

Sono proprio coloro che non ci sono più

a raccontarci che  nella memoria

forse la deriva può essere evitata

e che nella vita esiste

anche il lato giusto delle cose.







Aprire  il fuoco




Gli inganni feriscono la vita

sono in agguato pronti a colpire

il nostro scontento che trema

a ogni battito del cuore.

Non dobbiamo smettere

di scavare gallerie nel buio

che ci stanno cucendo addosso.

Non possiamo concedere al domani

le rese incondizionate che  pretendono

gli assassini  di ogni forma d’intelligenza.

Siamo sempre in lotta

la parola  d’ordine

per combattere chi vuole spegnere la mente

è aprire il fuoco.

Quello che sappiamo donare

è la forza che prendiamo

da questa vita che non ci piace.







Aria di rivoluzione




Ci sono fuochi per le strade

tutti ci sentiamo ribelli

con la verità in tasca.

Siamo bravi a parlare

nessuno si accorge di essere un cieco

che guarda l’anima andare in fumo

nella notte dell’uomo.

Dovremmo  scendere nel buio

con l’umiltà  di chi sa leggere

il dolore che scrive.

Affrontiamo la battaglia con le parole

di una rivoluzione che non vogliamo.

I giorni passano

nella comodità di una quiete assurda.







La notte




Si finge un’allegria

in quest’inferno dove nasce la vita.

Dentro l’oscurità delle cose

cerchiamo la nostra  stessa ombra.

Davanti ai quesiti ostinati

le risposte sono assenti.

Qualcosa si è rotto

resta soltanto la stanchezza

di  un solitario istante.

Ci svegliano le parole che scioccano.

Il vuoto che cresce

annuncia tumulti.




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