Il modo migliore per presentare la mia raccolta è quello di affidare la parola a Patrizia Garofalo, poetessa e critica letteraria, che ha appena pubblicato su www.lankelot.eu una bellissima recensione.
Parole contro la deriva
di Patrizia Garofalo
“La baia degli angeli” disegna in copertina un ovale che abbraccia la sirena carica di fiori. Si nasconde il mare illuminato dell’originale di Chagall e, della pittura del grande maestro, stigmatizza “la sospensione nel vuoto” alla ricerca di luce, il camminare alto sulla terra, le contorsioni dei baci e il mondo che per non morire nella dimenticanza e nella rimozione del non voler guardare, fa dire a Nicola Vacca “Dateci parole semplici/ per attraversare il mare./ C’è pericolo di naufragio/ la mente brucia, il cuore è squarciato./ Il dolore è perdita/ ma è anche l’esperienza dell’uomo giusto./ Sono proprio quelli che non ci sono più/ a raccontarci che nella memoria/ forse la deriva può essere evitata / e che nella vita esiste/anche il lato giusto delle cose”. Il poeta suggerisce il lato giusto della vita, l’esperienza del dolore e il quotidiano convivere con esso. Sia dolore nostro sia di altri da noi, non lontano quindi ma condiviso nei fiori profumati della sirena-angelo. Dalla lirica riportata le tematiche fondanti della poesia dell’autore si definiscono nella parola “esperienza” e “affanno” che generano anche i sorprendenti aforismi del suo penultimo libro “frecce e pugnali”, evidenziando come l’esperienza non sia una cognizione filosofica ma quotidiano apprendimento e incontro e convivenza con la vita, qualsiasi essa sia, qualsiasi ruolo ci offra in quel momento del quale la memoria conserverà per sempre luci-ombre e mai dimenticanza; neanche dell’affanno che spesso accompagna lo sguardo sul mondo e sulle cose e sugli amori e cerca la parola nel vuoto che si apre come voragine, quasi a risucchiare in una prova titanica il respiro corto.
E la richiesta di parole semplici per attraversare il “pericolo di naufragio” è riempire di cura anche il dolore. Può essere silenziosa attesa, cura delle parole “questi grumi d’anima/ che soffiano sul cuore/ per non sprecare l’amore”, ma mai resa o deriva. È la scelta di vivere l’esperienza del quotidiano che salva il dolore del poeta dalla sconfitta terrena anche quando le parole sono stanche e dolorano come reumatismo dell’anima, come fitta al cuore.
È fisicità dell’esperienza quella a cui la lirica di Nicola Vacca ci rimanda, ore e giorni che di eccezionale possiedono la ricerca della parola semplice, senza orpelli, svestita, quasi sommessa eppure forte e a dismisura, fremente. “Ci vuole coraggio per abitare/ le stanze d’ombra e di dolore ./ esporsi al terrore dell’uragano/ è il gesto che manca.”
Ma il gesto c’è, anche davanti ad un Dio silenzioso, troppo silenzioso ed è quello del poeta di desoggettivare l’esperienza e renderla pronta ad accogliere altre stragi ed altri dolori ed altri affanni. “L’antica natura onnipotente, /Che mi fece all’affanno” scriveva Leopardi, è per l’autore, sguardo riflesso a chi soffre “ non si sono istruzioni per il cuore” scrive e “ con le lacrime si resta appesi ad un perché” “se sommiamo tutta la tenerezza/ che ogni giorno trafiggiamo/ con la spada dell’indifferenza/ ci accorgiamo che la vita è una scatola vuota/. Un briciolo di passione potrebbe salvarci, e proprio in questo assunto che “i poeti fanno i conti con le parole/ camminano senza mappa/, Tengono tra le mani/ la poesia che succede nella crudeltà / di un altro giorno di paura”. E gli amori, “gli amori che fanno male/ sono quelli che restano”.
Cecità
In compagnia dell’oscurità
avanziamo passi incerti.
Disincantati guardiamo in alto
verso un cielo che minaccia pioggia.
Dietro le nuvole ci sarà un sole
che attende di essere liberato.
Intanto abbiamo smesso
di conversare con la luce.
La cecità è il terrore che uccide la gioia.
È condannato alla notte più buia
solo chi non sa raccontare il male.
Il lato giusto delle cose
Dateci parole semplici
per attraversare il mare.
C’è pericolo di naufragio
la mente brucia, il cuore è squarciato.
Il dolore è perdita
ma è anche l’esperienza dell’uomo giusto.
Sono proprio coloro che non ci sono più
a raccontarci che nella memoria
forse la deriva può essere evitata
e che nella vita esiste
anche il lato giusto delle cose.
Aprire il fuoco
Gli inganni feriscono la vita
sono in agguato pronti a colpire
il nostro scontento che trema
a ogni battito del cuore.
Non dobbiamo smettere
di scavare gallerie nel buio
che ci stanno cucendo addosso.
Non possiamo concedere al domani
le rese incondizionate che pretendono
gli assassini di ogni forma d’intelligenza.
Siamo sempre in lotta
la parola d’ordine
per combattere chi vuole spegnere la mente
è aprire il fuoco.
Quello che sappiamo donare
è la forza che prendiamo
da questa vita che non ci piace.
Aria di rivoluzione
Ci sono fuochi per le strade
tutti ci sentiamo ribelli
con la verità in tasca.
Siamo bravi a parlare
nessuno si accorge di essere un cieco
che guarda l’anima andare in fumo
nella notte dell’uomo.
Dovremmo scendere nel buio
con l’umiltà di chi sa leggere
il dolore che scrive.
Affrontiamo la battaglia con le parole
di una rivoluzione che non vogliamo.
I giorni passano
nella comodità di una quiete assurda.
La notte
Si finge un’allegria
in quest’inferno dove nasce la vita.
Dentro l’oscurità delle cose
cerchiamo la nostra stessa ombra.
Davanti ai quesiti ostinati
le risposte sono assenti.
Qualcosa si è rotto
resta soltanto la stanchezza
di un solitario istante.
Ci svegliano le parole che scioccano.
Il vuoto che cresce
annuncia tumulti.
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