giovedì 13 novembre 2008

In un battito di ciglia



riflessioni di Marco Zavarini sul Destino immobile di Leela Marampudi


(Tutte le citazioni in corsivo provengono dalle Upanisad)



Tu sei donna. Tu sei uomo. Tu sei il ragazzo e la ragazza. Come vecchio, vai barcollando con un bastone. Come neonato, ti volgi a guardare da tutte le parti. Sei l’uccello blu scuro, sei l’uccello verde con gli occhi rossi. Il lampo è tuo figlio. Sei le stagioni e i mari. Senza inizio, perduri nel tutto, tu, da cui tutti gli esseri sono nati.


***


Ho sempre trovato al tempo stesso sorprendente e naturale scoprire in Leela le radici del pensiero orientale, nonostante la sua adozione sia avvenuta in giovanissima età.

E, allo stesso modo, il suo sguardo verso il contingente, così forte, nella spesso disarmante (per chi come me a volte sente il fardello dell’imprinting occidentale) semplicità, e proprio per questo spesso così attaccabile da chi a partire da quell’imprinting ha cesellato un’ideologia, che facilmente porta ad imporre il dolore del destino forzato, “immobile”, che ci può imprigionare in:

“Una bolla che non sa da chi farsi dirigere. Il destino immobile che si attua quando do ad altri la responsabilità di me.”, “Quando io, il cuore, ho paura…”.

Parole che mi hanno richiamato alla mente che:

La paura nasce certamente dalla presenza di un altro da sé.

“Altro” che è messo in discussione da Leela proprio in quanto pretende di essere altro, si arroga il “carrierismo” di “Far diventare la parte umana una professione.”.

La perdita dell’unità è la ferita che questo destino infligge e che rischia di riportare il punto di vista allo stato oggettivo.
Dove tutto è altro, ed è dunque paura. E l’“ombra” ci rimanda al “velo di falsità” che ritroviamo ancora nei testi:

Perciò, come chi non conosce il luogo dove è sepolto un tesoro può passarvi sopra ripetutamente senza trovarlo, così quaggiù tutte le creature vanno ogni giorno nel mondo di Brahaman, ma non lo trovano; perché sono distratte dalle falsità.

Superare la barriera dell’alterità significa rinunciare alla propria “Vanità”, alla presunzione di possedere l’istante:

“Il tempo di arrivare
allo specchio per guardarmi
e il passato muta”

e di poter disporre dei pensieri stessi:

“Scrivere dei pensieri
nella speranza di perderli
conservandoli”

Il tempo mi pare spesso sospendersi in moltissimi passaggi, lo spazio piegarsi a far emergere nuove consapevolezze.

Non m'appartengono tempo, luogo, oggetti tangibili o pensieri. Io sono consapevolezza.

E il passaggio sofferto, attraverso la “casa dolore”, può ri-uscire “a guardare il sole”:

“La mente è strumento del cuore e il cuore è strumento di Dio.”

Coloro che con il cuore e con la mente riconoscono il dio come colui che dimora nel cuore diventano immortali.

Dalla premessa del libro, con tutta l’umiltà che sboccia da un percorso in cui uomini, ambizione, nichilismo, sono messi in discussione e contrapposti a toccanti “petali”, tanto immediati quanto sapienziali, che ci aprono alla lettura, allo scorrere delle poesie, viviamo un percorso circolare, sebbene organizzato in sezioni, che accetta “La morte come stato naturale”, si trova e si perde, ama e odia, fino ad abbandonarsi.

“All’altro
il mondo è mio e tuo
siamo uguali
con le stesse dinamiche.
È il libero arbitrio che ci rende diversi.”

Lo stesso soffio vitale risplende in tutte le cose! Chi comprende ciò diviene saggio: non c’è parola più alta.

E ogni poesia non sembra mai lasciare nessuna linea spezzata, si chiude e “scontorna”, “il vuoto”, lasciando infinite possibilità, libere di pervaderci:

“Ciò che vediamo è immagine vuota, a meno che
non nasca dall’interagire: il vestito del cuore.”

Sappi che la natura è illusione E il grande signore è l’illusionista. Tutto questo mondo è pervaso Da esseri che sono parte di lui.

In questo viaggiare che si compie a ritroso, le fratture si possono forse ricomporre:

“Iniziare a disegnare leggendo i colori di un mondo che è ovunque nel momento.
Dove la mente non si accorge di essere un intermediario, perché coincide con la volontà del cuore.”

E le dicotomie riequilibrare, “serenamente sfumano / l’alba e il tramonto”.

Colui che venera solamente il Sé come caro non perderà mai ciò che gli è caro.


“Parlare o non parlare
è uguale
quando il paesaggio è sereno”

Quando il cuore smette di aver paura, quando avviene, quando si lascia avvenire che:

Questo essere sereno che emerge dal corpo e raggiunge la massima luce e si manifesta nella sua vera forma, questo è il Sé. […] Questo è l’immortale, ciò che non ha paura, questo è Brahman. Il suo nome è verità.

E così le percezioni più sottili

“Nel più piccolo fiore
vive l’acqua mai vista”

possono trovare il sentiero

“Non si allontana più troppo
dalla strada sicura
dritta
in mezzo alla spirale”


***


Più minuto di ciò che è minuto, colui che dal caos crea tutte le molteplici forme, l’uno che abbraccia l’universo, riconoscendolo come benevolo, si ottiene la pace per sempre.

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