“[...] Il suo discorso poetico è un respiro grandioso nella varietà delle forme e dei ritmi [...]”
(Giorgio Bàrberi Squarotti)
“Che poesie siano denominate studi è indicativo della loro struttura, più complessa e forse aleatoria nei confronti di testi revisionati e definiti: da ciò una libertà formale che presenta passaggi non codificati. Gli ‘studi’ di Zanin sono ‘su una città perduta’ (I-VII) e ‘per un ritratto’ (VIII-XII). L’articolazione porta sé figure di un divenire descrittivo-rievocativo che si riproduce nell’istante della sua nuova creazione, poiché tale è la parola. La lontananza da vincoli normativi conduce a più profondi strati di coscienza (VIII), alla natura come umana aspirazione (IX).” (Luciano Nanni, Literary 2008/2)
“L’attenzione di Simone Zanin nei suoi studi va, insieme, all’esperienza umana intesa come Storia (cioè come serie concatenata di eventi collettivi legati a scelte e a precise volontà) e alla vita come fatto biologico e, dunque, il discorso della sua poesia contempla e comprende la denuncia di un processo di contaminazione, di inquinamento, peggio di decomposizione, della natura e dell’uomo. In una chiave per così dire illuministica, in cui l’intelligenza è costantemente l’altra faccia della sensibilità; e la scrittura, precisa e minuta, il complemento di una disposizione per altro vocazionale all’immaginazione. Dominante, in questa poesia di grande forza espressiva, è anche la componente “civile”: quella appunto che deriva da una lucida analisi della realtà, dalla conoscenza e dalla consapevolezza del suo degrado, di una progressiva alienazione che si è impadronita dell’uomo. E c’è tuttavia l’innescarsi, in questo quadro negativo, di una speranza, di una possibilità di salvezza, legata all’ottimismo della volontà contro il pessimismo dell’intelligenza. Al centro della raccolta si pone la mitologia del quotidiano, còlta nel suo paesaggio privilegiato, quello urbano, dove rilievo acquistano i segni di quella civiltà degradata che ci assedia e che ci svuota di ogni personalità: sette studi su una città perduta.Si tratta comunque di una visione in cui l’individuo si pone costantemente in chiave di comunità, nel cui ambito si avvertono come determinanti e potenzialmente salvifici i rapporti tra gli individui. Rapporti che possono ribaltare, in qualsiasi momento e contro ogni apparenza, la situazione con la forza rigeneratrice della loro umanità, anche se la situazione sembra intanto compromessa e lacerata, come appare dai conclusivi potentissimi cinque studi per un ritratto.” (Introduzione dell'Editore)
dalla sezione “sette studi su una città perduta”
da “studio iii”
preludio alla mezza sera
profumo di brace
acacie ombrose alla luna
brumose chinate
fugge il passo
e ritorna avido
sulla sua incompletezza
conclusa l’assenza
si scioglie il ricordo
l’ombra rincorre
un passo sull’altro
il proprio signore
nell’umida sera
lampioni fari
automobili e lumi accesi
spaccano il vagabondo
e ne fanno un re
[...]
pezzi di corpi
e poi di cavalli
e di missili esplosi in valli lontane
fra luci bruciate di mura distrutte
brindai
nella notte che fu arsa
da stelle cadute dal cielo
(pensieri di morte)
un tenue e muto ricordo
e lettere a centinaia
(in lontananza)
il pane (quello, sì, buono di mamma)
sempre con me sbriciolato
da mille pianti nella sera
uomini (o no?)
voci di guerra e paesi in conquista
fino dall’alba raccolti in battaglia
fuoco. fuoco. fuoco. fuoco
senza nazione
terre desolate
vittime o carnefici?
ipocrite manifestazioni pacifiste
che bruciano bandiere
e dignità di popoli
pacifisti all’assalto di ambasciate
lancio di sassi
e qualche molotov
colori scuri e il tratto
– quello s“, netto e preciso –
a svelare la figura,
l’àmbito in cui
ci si vuole mostrare
clandestini sulle spiagge
morti di fame
in cerca di nuove fortune
contrabbandieri di gente
le lingue si contaminano,
lo stato si distrugge, il lavoro manca,
i monumenti si sgretolano, la gente
non esce di casa, le città
si svuotano, la cultura s’impovera,
i morti aumentano, l’arte volgare.
da “cinque studi per un ritratto”
da “studio ix”
all’improvviso parlò la montagna
e il cielo sopra di essa
e l’acqua sotto di essa
ed ogni creatura all’interno di essa
ed ogni albero che cresceva con essa
infine venne il mio turno
affranto sul marmo sudato
scheggiato da un sole intravisto
emisi la stanca sentenza
tra infrante bambole in vetro
di donne che vissi
l’acqua
il fuoco
e nella terra dove ti mantenni n
ell’essenza di ogni cosa
terrena nell’eterna vecchiaia
cruda di antichi campi stranieri
ti giudicai quel giorno
e pronunciai sotto voce
ogni atto di rinuncia
e infine fu il mio momento
quanto ancora credere
nelle cause sbagliate
e sprecare la mia gioventù
e la forza del braccio
a servire lotte incoscienti
e proteggere l’avidità di genti?
ho scelto l’esilio
nell’ora blu dei pensieri indecisi
puntellando i dubbi con eterni valori
ho scelto l’esilio e l’assenza
e ho perso quanto potrei comprendere
in una sera di incontri
e la sposa
e l’inizio
e quanto sosteneva gli ideali
e amore
e rimorso
[...]
studio xii
e infine salimmo alla nave
e il ritratto ambìto
fu subito chiaro
tratteggio con la mente offuscata
le foto che ho colto
e l'immagine riflessa nell'acqua
in serigrafica sovrapposizione
di forme e colori
immobili odori di vita
e di intuizioni
e occasioni perse e lasciate
dimenticate e stese su un foglio
dove a fatica ho provato a cantarti
negai
la mia vendita sciocca
e la pomposa irruenza
del fatuo dovere
tradendo quell'unica schiera
e onorando la mia dignità
oltre il limite della stanca coscienza
intercalando promesse
ed impegni
di fede e idee
non è perso il tempo
nel tuo ritratto privato
perché ti ho scoperta
alle due della notte
nel fragoroso silenzio
delle foglie spinte dal vento
e nel solido e incessante vocìo
delle prostitute
nell’acqua distante
dei fiumi a me dedicati
e nei gracili ricordi di un bimbo
non si è perso nemmeno il silenzio
a parlarmi di te né la tua immagine
negli occhi che adesso ti cantano
alla fine
ho scoperto la porta
e l'entrata e la chiave dimenticata
e quanto ho afferrato dell'immagine
smunta e imperfetta
oltre l'uscio della mia incoscienza
nel nudo intreccio di vite
e devastanti città
dal colore e dal tratto
ha ripreso a pulsare
la forma infinita
di un intimo ritratto
Simone Zanin è nato nel 1977 a Pordenone. Ha partecipato a due edizioni di Edit-Expo e alla mostra di poesie-quadri “Tracce d’isole” tenutasi a Palazzo Gregoris in Pordenone.
Ha frequentato il 178° corso normale dell’Accademia Militare di Modena laureandosi successivamente a Torino in Scienze Strategiche e a Trieste in Scienze Politiche con due tesi in storia contemporanea e ha prestato servizio dal 1996 al 2006 in qualità di
ufficiale di artiglieria nell’Esercito, fino al grado di capitano. Ha scritto La porta dei miei sogni (1995, ed. del Leone), Omaggio a T.S.E./E.P. (1999, inedito), cinque studi per un ritratto (1997-2000) e sette studi su una città perduta (2003-2006). Queste ultime due sono le sezioni di Studi (ed. del Leone). Vive a Pordenone.
per contatti: simone.zanin@email.it
3 commenti:
Dei versi di Simone, che a volte hanno forse un tono cronachistico o giornalistico che ci piacerebbe venisse essenzializzato e scolpito in immagini senza bisogno di commento, aprezzo in particolare la capcità di gestire il ritmo e di costuire immagini forti, anche di sapore bilbico/salmico come ne seguente passo:
«all’improvviso parlò la montagna
e il cielo sopra di essa
e l’acqua sotto di essa
ed ogni creatura all’interno di essa
ed ogni albero che cresceva con essa»
Simone parteciperà a Brussellando il programma pensato per i poeti di Radio Alma il prossimo 12 sett a Bruxelles
il giorno 11 sett invece il suo libro verrà presentato dal CLUB DEL LIBRO alla libreria Piola di Bruxelles.
Caro Simone che questo sia l'inizio di una proficua collaborazione con gli amici del Belgio che ti aspettano con gioia
Grazie ad Ale per questa selezione di perle tanto preziose
danielita
Mille grazie a te e al Club del Libro per il supporto belga che mi state dando! sono sicuro che sarà una duegiorni memorabile.
simone
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