recensione di Carla De Angelis
Solchi e Nodi, già il titolo induce il lettore ad attente riflessioni, a rivolgere lo sguardo intorno e dentro di sé, rivedere il passato e il futuro. Caterina Camporesi con la intuizione che ha di cogliere il “nous” apre una visione della vita che riguarda tutti.
È un libro coraggioso, duro, ma non disperante, rivela grande umanità e comprensione per le debolezze umane alla ricerca del riscatto.
La sensazione che si ha leggendo è che la naturalezza nello scrivere le derivi da una cultura assorbita insieme ad una costante abitudine alla lettura della psiche: «l’ideale sui campi di Marte / inatteso siede alla tavola delle trattative // si macchia della colpa / d’istigazione a delinquere». In questi versi la poesia è un pretesto, un modo di esistere, un’occasione per conversare con la vita e andare ancora oltre: «eternerai divina arte / sogno e segno?»
Solchi e nodi attrae per le vibrazioni sensoriali che riesce a trasmettere: penso con ansia ai «colpi d’ascia» (Thomas Bernhard) che restano «colpi d’accetta senza scampo sui corpi», alle «memorie incancellabili», ad avvenimenti che ognuno di noi relega nell’angolo più remoto della memoria per non volere più ricordare, ma la «computadora» fredda e insensibile macchina alla premuta in-volontaria di un tasto li riporta alla luce dello schermo.
Così non sempre amore può fare rima con cuore e, gli episodi più recenti (disabili mandati a morire) pesano sull’anima di chi scrive: «all’opra di buon’ora / la morte è / padrona esigente / neppure a Dio riuscì / la prima volta / l’uomo è ancora intento / alla correzione» (La coda della Galassia, Fara Editore).
La poesia è anarchia. È libertà
Individuale. Le sue leggi non sono
Quelle (false e gesuitiche) degli uomini
volgari. Un poeta che va d’accordo con
il can-can degli uomini comuni non è
un poeta, è un impostore.
(Luigi Bartolini)
Questo è il messaggio poetico/umano che io ho colto di Caterina Camporesi e di questo sono grata.
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