di Enrica Musio (2006 Fara Editore, € 10,00)
recensione di Arianna Ioli apparsa in exitime n. 1, nov 07
v. anche Alessandro Canzian su «Progetto Babele»
Aprire un libro e partire per un mondo di parole en poète è un’esperienza delicata e dolorosa. I paesaggi, i suoni, gli affetti di Enrica Musio pungolano la pigrizia e i giorni sempre uguali come un ago sottile che non si avverte, quasi. Pagina dopo pagina, le stanze della vita si animano: gli oggetti si caricano di significato e gli occhi attingono a squarci di vero nel quotidiano. Una poesia dopo l’altra si iniziano a delineare quegli affetti che accompagnano le nostre esistenze senza che ce ne accorgiamo: la bellezza dei luoghi cari, il dolore per la perdita, il senso della vita che fugge, la responsabilità per quella che viviamo. Il pensiero spazia tra il Natale in famiglia e le gite in bicicletta, la tristezza e la gioia, la vita e la morte, anche perché “tra chiaro e scuro è un velo”. Il mondo che viene piano piano alla luce non è solo un luogo dell’anima, un universo interiore che possiamo appena intuire. La torsione verso l’esterno si manifesta nei versi dedicati ad artisti a noi noti e i cui nomi vediamo emergere con sorpresa. Così il dolore è anche l’amarezza per la falsità degli ambienti dello spettacolo dove Enrica Musio cerca di salvare quel che di autentico è ancora rimasto. Dunque, vivere la vita, non subirla, commuoversi leggendo un libro e non rimanere indifferenti. La metafora del viaggio, trama e tessuto del libro, è un topos ben noto ai poeti per raccontare la vita nel cortocircuito dell’andare e del restare, la sete di conoscenza e la voglia di mettere radici, il futuro e la memoria del passato. Il viaggio della scrittrice è su un treno (ricordate Penna?) abitato da coloro che amano guardare i paesaggi che scorrono, il mondo che fuoriesce dal cono ottico…
“Per chi vuole partire / ma anche restare / c’è il treno elastico: / il primo vagone / giunge a destinazione / ma l’ultimo rimane / sempre in stazione.”
Si vorrebbe almeno una volta salire sul ‘treno elastico’ di Enrica Musio, con in mano due biglietti: uno per il primo vagone, per vedere il mondo, l’altro per quello in coda, per fermarsi nella casa di sempre.
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