martedì 29 maggio 2007

Su Dediche sillabiche


recensione di Alessandro Canzian in Progetto Babele
17/05/2007


Gli uomini non vedono mai i loro pensieri, / vivono solo di desideri: / inseguire dei sogni / sopportare il silenzio / perfino il dolore / uomini che non moriranno mai / uno porta ancora la croce / uno inganna / uomini a tradire / pronti a colpirti.

“I versi di Enrica Musio sorprendono per quegli squarci di verità che lo sguardo di un occhio naif, privo di snobistica sufficienza o cinico distacco, sa svelare nelle cose e nelle persone”. Così afferma la postfazione, a cura di Alessandro Ramberti, di Dediche sillabiche di Enrica Musio. Una scrittura fresca che sovente ha bisogno di un punto di partenza per trovarsi e ritrovarsi. Il libello è infatti quasi completamente composto di versi dedicati a personaggi intravisti nello schermo televisivo, amici, parenti, che divengono stimolo e fine della poesia stessa. Grandezza e limite del libro stesso che sa entrare nell’altro ma non penetra la pelle intellettuale dell’autrice.

Hanno reciso le stelle, / i miei desideri, / non ho più una mia oasi / per la mente / solo allucinanti proiettili / luci impazzite / ai bordi di strade troppe volte / usate / non riesco a togliermi / dall’anima / questa polvere di noia / ho visto il sole / ma l’ho soltanto visto / e mi resta il rammarico / di non averlo / mai vissuto. / (a Enrico Cordiner)

C’è in questo libello una chiara sensazione di sfondo, un irrisolto forse, che porta il lettore ad aspettarsi altro. Sembra d’essere davanti a versi non definitivi, spesso non prettamente poetici, ma sicuramente promettenti. Chiudendo il libro rimane in gola un’attesa come davanti a uno studente di poesia che presti per la prima volta a delle pagine il suo operato, non deludendo, ma non dando quanto certe sfumature di certo portano ad aspettarsi.

Come allodole assetate morire / in un miraggio, / o come una quaglia / che ha passato il mare / nei cespugli / non ha voglia / più di volare, / non vivere un / lamento / come un / cardellino / accecato. / (a Giovanni Paolo II)

Libro interessante, comunque, per la sua natura tutta tesa all’altro. Non ci sono cosmi interiori fini a se stessi ma tutto è proiettato verso un'altra persona rendendo questo edito un vero e proprio messaggio in bottiglia, un parlato, una voce a prescindere serena, ma che ha bisogno di dire. Un dire molto spesso appropriato, ricercato lessicalmente ma senza pesantezza, gradevole. Che va, sicuramente, riletto.

Dimmi almeno che oscura meraviglia, / ti prende di me che / non trovi bella / questa umile e sommessa giunchiglia / che già ti paragona ad una stella // dimmi che sono presente / e divina / dentro al tuo letto di piacere // dimmi di un bacio / che fugge dolcemente / a tutte le chimere / e alle smanie. / (ad Alessio Boni)

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