sabato 3 febbraio 2007

Il muscolo del duplice pensiero (di Fabrizio Centofanti)


polisindeto

i lampioni sono mare,
nella mente inumidita,
lampare di strada dove neri pescatori
si spiano nei gesti della notte.
la voce è sabbia. la consistenza inutile del vento
in una notte di false profezie
è pane diventato pioggia.
non c'è silenzio, ma un suono a intermittenza,
dolore afono
che raschia la gola del futuro.


cammeo

una strana bellezza t'incantò
madre della repressione e della cura,
nella dura nevrosi
dell'altezza: passò
logorata dai perché la follia
dell'amore, psicosi
della malattia, infervorata
contro lo sfottò della scelleratezza.
la gioia deviata della gelosia
ti attraversò, come una cupa angoscia
d'allegria e la magrezza
ti segnò la corsa: un canto,
per schivare la paura.


camaldoli

il tempo è lo specchio
del guardarsi dentro
il muscolo del duplice pensiero
della mente che crede, da un pavimento all'altro
al chiaroscuro del giovane e del vecchio
piegarsi, ritrovarsi
in un'unica illusione di vedersi fuori
e immaginarsi
lo spazio della sua concentrazione
lo strazio del volersi uniti
e inabissarsi
nel profondo del secchio,
intorpiditi.





links

non lesinò mai la solitudine
dell'estate invidiosa, la sua guerra
del mare con la morte, l'arte del passeggio
fra turisti in fuga e desideri inconsci
di riposi ventilati, effimera fatica
del ritrovarsi invasi da sudori d'attese
e camerieri del nulla, restaurati
per estasi coatte di pane e coperti.
il menu si profila tra ponte e nudità
fra il negozio e il fronte
di profondità mancate. a monte,
verità salvate, con nome.


è là

l'ansia è una finestra che tradisce,
un'abitudine, come stare all'erta
in una notte allegra, quando il caldo delle mani
sorride di livida indolenza.
arriva all'improvviso, decorata
con segni di tediosi testamenti, con chiavi,
che di volta in volta s'impregnano
di odori o di respiri.
sogni? qualcuno chiama ancora
dal ponte cancellato,
una voce,
che s'ignora.


Per il tono, l'asciuttezza e la capacità di indagare le cose dell'anima in relazione con gli eventi quotidiani, questi versi (che mi permetto di accostare, per una condivisa sensibilità, a quelli di Caterina Camporesi e Antonella Pizzo) si dipanano con una voce icastica, desertica (nel senso profetico e spirituale dell'aggettivo) e quindi mai inerte, neanche quando gioca sapientemente con il silenzio o manifesta tratti di apofasia: "lo strazio del volersi uniti / e inabissarsi / nel profondo del secchio".


Fabrizio Centofanti è laureato in Lettere moderne con una tesi su Italo Calvino. Sacerdote diocesano a Roma dal 1996, opera soprattutto nel campo della spiritualità e dell’approfondimento della Sacra Scrittura. Ha pubblicato un volume su Calvino (Una trascendenza mancata. Istituto Propaganda Libraria, 1993) e uno su Rebora (Il segreto del poeta. Clemente Rebora: la santità che compie il canto. L’immagine interiore dagli appunti sul messale, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1987, 8° br. pp. 123 con num. ill. f.t.) oltre a numerosi saggi e articoli di natura letteraria. Nel 2005 è uscito il volumetto Le parole della felicità (Laurus Robuffo). È inserito nel diario poetico Il segreto delle fragole 2007 edito dalla Lietocolle. È tra i fondatori della rivista L’Attenzione. Sue poesie sono presenti su Faranews, La costruzione del verso, Oltre il tempo, Imperfetta Ellisse, Liberinversi e Nazione Indiana - Presente sulla rivista arte incontro del mese di dicembre 2006 e sulla Stampa nella rubrica di poesia di M. Cucchi.

11 commenti:

Lorenzo ha detto...

salve, padre fabrizio! da una veloce e quantomai scalcinata lettura di queste sue, sembra che lei mi dica ad ogni passo che nella parola c'è un senso della svolta che se fosse un incrocio
la nostra vita, se lo fosse sempre,
sarebbe meglio - ed è una concezione sicuramente singolare che ne ho - che dice?

Paola Castagna ha detto...

...passò
logorata dai perché la follia
dell'amore,...
Dal poeta, grande sapere all'interno di un essenza primordiale.
... psicosi
della malattia, infervorata
contro lo sfottò della scelleratezza...
Parole, lette con fede laica del mio essere, portano al completo e reale “Punto e a capo”.
...la gioia deviata della gelosia
ti attraversò, come una cupa angoscia
d'allegria e la magrezza
ti segnò la corsa: un canto,
per schivare la paura...
In un canto nuovo l'analisi incontra la paura e la parola viene scritta.
Come una deviante essenziale per quel vagito, il primo che riporta all'embrione che siamo stati.
Un poeta che t'abbraccia con la capacità solo dei grandi, facendoti sentire immerso in un liquido amniotico, al sicuro, protetto dalle intemperie, dondolato dal suo passo.
Di Fabrizio Centofanti sottolineare la capacità di essere anche madre della parola, non solo una paternità poetica , bensì una maternità linguistica che protegge e custodisce.
Cogliere la parola “ deviata” , rileggere il Poeta per l’uomo che respira tra le righe, nell’affanno quasi sussurrato per non far rumore.
Capacità di Centofanti l’uso della Parola spesso intensa e febbrile ma resa leggera e silenziosa.
Considerandomi da sempre analfabeta e ignorante, nel senso esatto del termine, mi congedo dallo scrivere una recensione più dettagliata.
( vi sono sfumature molto più ampie nella pazzia, chiamasi follia che gode nel vivermi addosso)
Lascio tra le parole un incontro differente di una poetica sulla quale mi accingo a riflettere.

Luca Ariano ha detto...

Sempre piacevole leggere le poesie di Fabry che trovo intense e che arrivano dritte al centro. Ho scritto recentemente sul blog "Lo spirito e la poesia" quindi non vorrei ripetermi...Molto bella l'analisi di Paola!
Un caro saluto

fabry2007 ha detto...

grazie, Lorenzo. sì, la vita è un bivio, un incrocio continuo. il tormento e la bellezza della libertà.
un caro saluto a te.
fabrizio

fabry2007 ha detto...

grazie, Paola. è molto bello quello che hai scritto: una parola che custodisce. spero di meritarlo.
un abbraccio
fabrizio

fabry2007 ha detto...

grazie anche a te, Luca. e non solo per la lettura, ma anche per la bella amicizia.
un abbraccio
fabrizio

un grazie particolare anche all'amico Alessandro, per avermi ospitato in questo suo prezioso spazio.

Paola Castagna ha detto...

Sui meriti, ben poco posso aggiungere.
Sembra un traguardo esistenziale condurre una vita in base al Merito o al Castigo.
Meritare da una poetica "scaltra".
Grazie Luca, nel capire la mia analisi, che come già sai è frutto di un vissuto intenso.
Grazie Fabrizio per aver colto nelle parole che le tue hanno ispirato.
IL MUSCOLO DEL DUPLICE PENSIERO
Si contrae pulsando all'interno di un involucro che non è più contenitore di un distratto passaggio.

Alessandro Ramberti ha detto...

Ciao Fabrizio, Paola, Luca, Lorenzo… mi fa davvero piacere che si tessano questi sia pur veloci (ma densi) legami in questo semplice spazio. Grazie a tutti
Alex

Paola Castagna ha detto...

Come ogni buona ipotesi anche la formazione di poetica ispirata da poesia scritta da altri può considerarsi valida.
Questo ciò che il caro Alessandro pensa di questo mio ultimo lavoro.
Invitandomi a rendere pubbliche queste mie...
Di Fabrizio Centofanti...

Terre emerse
sognare è sapere, dicevi, per questo
dormire è cambiare, vedere fanali improvvisi,
su strade d'azzurro. il palazzo ha un giardino
di pietra, cancelli melodici chiudono
ritmicamente la via.
sapere, trovare il guardiano che grida
da porte di ghiaccio.
è solo la luce, pensavi, che fende,
che scricchiola piano, la tenebra
il tutto che illumina,
invano.

Fabrizio Centofanti

Da terre emerse
invano
invano
invano
come un cantico antico

scricchiola
la sedia di paglia della cucina
fendo l’orecchio
stanco e alterato

già di luce
nei rimpianti abbandonati
sogno
per non pensarti
dormo
per restare tale

che possa la porta chiudersi
e trovarmi ospite
rigenerata da un incubo
incustodito

ho lasciato bussare alla porta
generosità ospita
pagando
come non mai.
Paola Castagna

Poetica cinetica

dicono che il suono dell'arpa
sia segno di poesia, ma in altre corde,
che turbano il sonno di mezzanotti fonde,
oscurità dormienti di tormenti legati
a respiri, a incanti, il poeta si riposa,
come protesta contro la lira stanca,
l'arpa che sbanca nei divani
di trepide signore, le teste appesantite
da millenni di biscotti in polvere.
Fabrizio Centofanti

…di tormenti legati a respiri, a incanti, il poeta si riposa,
Conosco uomini
che non vedono
per ottusità latente
per madri degenerate
per padri orfani

negli uomini
che vorrebbero vedere
il limite del sapere
che non sempre apprendi tra i banchi

uomini che sanno
li incrocio quotidianamente
nei miei passi che diventano
i loro

uomini che del sapere
usano l’ignoto
per guardarmi negl’ occhi
temono
che quel sacco che possiedono d’intelletto
possa essere
pieno di mattoni
senza storia

conosco uomini
sanno senza sapere
ignorando

irretisco circuendo
rendendo inutile
il plagio
che da sempre porta
impotenza mentale
quella fisica
è il sapere che uso
quando mi spoglio
mentre m’inviti
all’ubbidienza .

Alessandro Ramberti ha detto...

"conosco uomini
sanno senza sapere
ignorando"

questi sono i migliro Paola! e uomini può esser inteso in senso biblico, cioè di umanità a prescindere dal genere.

Paola Castagna ha detto...

Si Alessandro, concordo, nel sapere dotto e conoscitivo di certi " uomini".
Vi è però spesso un attrazione strana verso quel sapere altrui, finchè non vi è una maschera che cade e rende " finto" un bene prezioso.
L'umiltà avvicina gli esseri ai misteri più reconditi, mi auguro di esserlo sempre( umile ) per proseguire nel mio vivere meravigliandomi sempre delle cose più piccole e forse inutili della vita.
Come un bimbo alla prima scoperta, così con la curiosità pulita di un pargolo.