giovedì 13 giugno 2024

“il cielo è una gronda di sangue”

Daniela Pericone, Corpo contro, Passigli Poesia 2024, Prefazione di Gianfranco Lauretano

recensione di AR


Prima di leggere le Note ai testi, avevo parzialmente riconosciuto nelle poesie della V e conclusiva sezione “Il turbamento” alcuni riferimenti a quadri famosi ma senza attribuirli tutti al Caravaggio. “I volti si sfiorano / nel bacio del tradimento” (p. 88) l’avevo attribuito a Giotto, ad esempio; “Un colpo di lama e la morte / si compie senza risparmio – / è lei che uccide / con un leggero corruccio” (p. 83) mi aveva richiamato l’opera di Artemisia Gentileschi; e “l’urlo del figlio è una domanda / che storce l’aria – nessuno risponde / solo l’impercettibile tremito / della terra a predire l’epilogo” (p. 89) ma aveva attivato la scena di una crocifissione non meglio definita, anziché il Sacrificio di Isacco (che peraltro raffigura quello di Cristo). Evidente già da queste poche citazioni la forza incisiva ed evocativa dei versi. Quello posto a titolo di questa recensione è il conclusivo dell’ecfrasi dedicata alla citata Giuditta e Oloferne (di Caravaggio e non della epigona Artemisia). Una pregnanza visiva e sensoriale e un po’ inquietante che troviamo pullulare in questo libro: “Quando la luna cade / ai piedi dell’albero, la luce / si insinua in ogni fessura – ” (p. 70); “Qui ora respiro, la polpa / dentro il torace si arrossa / si espande si contrae. / Accado, nessuno lo sa.” (p. 63); “l’altra che mi guarda, diversa ogni giorno / (…) / si mostra indifferente alla mia sorte / perché sa che è questione di poco / che non ho scampo io, e nemmeno lei.” (p.49).

Aleggia una disillusione, che però non è scettica, ma intrisa di vissuto e anche di umorismo. Uno sguardo, quello di Daniela, che sa cogliere i lampi di bellezza, i colpi del destino, le crepe preziose (alla kintsugi) che segnalano le svolte importanti di ogni esistenza (di ogni tu che sono io): “Sembri portare / una sacca leggera / eppure ti trascini a fatica / la testa fra le mani / è un temporale / che non arriva.” (p. 38); “Restano gli occhi / abbagliati nelle foto / confitti nell’istante / (…) / corpo e non più corpo / al di sopra del tempo / dei vivi a venire / gli esistiti e gli inesistenti.” (p. 35).

Siamo sempre soggetti a tensioni che  danno o tolgono energia e, se vengono a mancare, segnalano l’encefalogramma piatto, mentre il poeta le sa cogliere, con finezza e precisione creando splendidi ossimori: “È tardi, la stagione inoltrata / agosto è il più freddo dei mesi.” (p. 33, palese la strizzatina d’occhio a Eliot); “Immobile attendere / il colpo – la crudeltà a volte / è una forma di compassione – ” (p. 21).

Già nell’esergo (p. 15), tratto da La notte, il portico di Mark Strand, ci viene detto: Desideriamo (…) / di essere estranei almeno a noi stessi. 

Dopo aver scritto quanto sopra, leggo la bella e illuminante Prefazione di Gianfranco Lauretano e mi piace, per concludere, citare questo passo (p. 9): “La verità è sempre trovata e mai data definitivamente, quasi che il fissarla in un’idea, o in un’immagine troppo limitata fosse funesto e inaccettabile.”

Nessun commento: