lunedì 31 luglio 2023

L’essenza segreta della realtà

Paolo Zanardi, L’unico occhio, Prefazione di Max Mazzoli, puntoacapo editrice, 2023, p. 82

recensione di Giancarlo Baroni





Nell’ampia e accurata Prefazione alla recente raccolta di Paolo Zanardi L’unico occhio (puntoacapo editrice, 2023), lo scrittore Max Mazzoli mette in risalto la «delicata sapienza» del libro, «la straordinaria abilità di tracciare connessioni […] tra il globale […] e lo specifico […], di congiungere i punti di un tracciato che va dalla finestra sul mondo […] al cortile di quartiere». Mazzoli offre anche una spiegazione plausibile del titolo: «Le interpretazioni sono multiple […] Una di queste letture potrebbe essere intesa nella chiave che dichiara la nostra limitazione nel cogliere motivi e significazione di quello che ci circonda, della nostra esperienza umana. Come se ci fosse concesso di vedere in un modo unico e limitato». Un verso del libro allusivamente afferma che la vita «vede da un occhio solo» e un altro verso aggiunge che l’unico occhio «per sua natura travisa le distanze» .

La poesia di Zanardi (nato nel 1964 a Parma)  è elegante ma non preziosa  e ricercata, è delicata e dotata di una particolare grazia. Rifiuta l’urgenza e le accelerazioni improvvise, strepiti e toni accesi, a favore di una voce pacata, di un ritmo lento  e senza strappi. Si affida a pennellate e tocchi lievi e sfumati, a immagini mai scontate e prevedibili. Lo sguardo del poeta si posa con sobrietà e pudore sulla realtà delle cose, degli ambienti, dei paesaggi, dei sentimenti, degli affetti, lasciando intravedere la loro essenza più segreta senza avere l’ambizione di svelarla.

Sono numerose le mete del viaggio emotivo e conoscitivo che l’autore raggiunge e visita con l’animo del viaggiatore partecipe e coinvolto. Nelle pagine si mescolano «spiriti rionali» e arcipelaghi remoti,  si succedono luoghi vicini e lontani, esotici e locali, stranieri e familiari. Per esempio il Golfo di Napoli; Le Havre; l’aeroporto di Atlanta e la stazione di Falconara; il Mississippi; «Milano priva di rotondità / incastrata in angoli retti»; il Mar Nero e Odessa; le palme di Cadice «che danzano / e disegnano il vento»; l’Olanda «ghiacciata»; l’Alsazia; «il cielo in allerta su Barletta»; le «nuvole di Cornovaglia»; Porto Recanati e la sua «barriera di scogli»; Palmanova; il Canal Grande («nel sonno mi attraversano / gondole»); la «nebbia salmastra» che abbraccia Pontremoli»; l’Oltretorrente parmigiano (dove «l’immigrazione e la pensione minima / si incontrano») e i monumenti e le architetture del Centro storico cittadino dove brindare «alla salute dello spirito vagante del Correggio».

Precisa Max Mazzoli nella sua Prefazione intitolata Cogliere gli eventi in flagrante, tra l’universale e il quotidiano: «Qui prevalgono immagini e sensazioni, provenienti dalle più svariate latitudini, che nutrono il nostro bisogno di andare e di conoscere, ma sempre intrise di una consapevole malinconia dettata dal sapere della nostra finitezza».

Con dolcezza, tenerezza e acuta sensibilità l’autore esplora il mondo degli affetti più cari: «tra la tua bocca e gli orecchini verdi / oscilla il sole»; «sorridimi, lascia / che il mio sguardo corra / che inciampi lungo l’arco delle palpebre / e voli a mezza costa  / dove sconfinano le labbra». Molto riuscite e  toccanti le liriche che hanno per protagonista la figlia; cito alcuni versi: «Fammi capire che ancora / esisto, che ti rassicura saperlo. / Che in un cantuccio / conservi il suono della voce / il timbro della mia / trascorsa autorità».

Di fronte alle inevitabili domande che ci poniamo («Chi può dirmi dove origini / il miracolo che osservo?») e che  ci assillano («E noi? E la nostra voce? / Dove se ne andrà la nostra voce?»), davanti alle inesorabili consapevolezze che ci angosciano («Tra pochi istanti saremo / pensiero, ricordo. / Saremo il tramonto che gocciola / e concima la spiga nuova del giorno»), possiamo trovare consolazione, conforto e aiuto nell’«immensamente minuscolo» del quotidiano («A noi stolti / sorprende sempre la vita») che permette a ciascuno di rendere più vivibile il proprio «piccolo lembo di pianeta», di impedire che le crepe della casa e del mondo ulteriormente e minacciosamente si espandano.


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