di Massimo Parolini, Fara Editore 2020
Versione inglese a fronte di Francesca Diano; illustrazioni nel testo e copertina di Pietro Verdini.
Versione inglese a fronte di Francesca Diano; illustrazioni nel testo e copertina di Pietro Verdini.
Massimo Parolini è nato a Castelfranco Veneto (TV) nel 1967. Laureato in Filosofia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi su “La coscienza di Zeno”, è stato addetto stampa del Centro Universitario Teatrale (CUT) di Venezia (fondato su iniziativa di Giorgio Gaber) per il quale ha scritto e rappresentato le commedie “Il medico della peste” e “Svevo e Joyce”. Con la Casa Editrice Editoria Universitaria ha pubblicato un libro di poesie sulla guerra nella ex Jugoslavia, “Non più martire in assenza d’ali”, che ha vinto un Premio Speciale al Concorso Internazionale di Poesia “San Marco-Città di Venezia”. Dal 1995 si è trasferito a Trento. Come giornalista ha collaborato dal 1997 alle pagine culturali dei quotidiani “Alto Adige”, “Adige”, “Corriere del Trentino”, “Didascalie” e “L’Adigetto”. Attualmente è insegnante di ruolo presso il liceo artistico “Vittoria” di Trento. Da alcuni anni è curatore di mostre di artisti trentini del Novecento. Nel 2015 ha pubblicato la raccolta La via cava, edizioni LietoColle. Sempre con Lieto Colle ha dato alle stampe nel 2018 il poemetto #(non)piove. Di recente è stato selezionato (sezione inediti) al Premio “Pagliarani” con il poemetto “L’ora di Pascoli” e si è classificato secondo al Concorso Narrapoetando con la raccolta di racconti Cerette (Fara 2020).
Dalla prefazione di Alice Cencetti, che ringrazio: “Nasce da lontano l’attitudine poetica di Massimo Parolini, così come ‘lontana’ è la sua appartenenza geografica: lontana dal luogo pascoliano per definizione, la Romagna, e lontana soprattutto dal luogo di elezione in Toscana, il luogo scelto dal grande poeta come sua vera e definitiva dimora, cioè Castelvecchio di Barga, in Garfagnana. Pascoli ha donato l’ispirazione a Parolini, e Parolini lo ricambia con generosità e riconoscenza rendendolo protagonista della sua scrittura, che si sostanzia, con rispetto e devozione, proprio della scrittura del maestro: nel poemetto di Parolini i versi, quasi in un’operazione centonaria, incastonano i versi pascoliani, e come i castoni fanno con le pietre preziose, svolgono una funzione di servizio, facendoli brillare di un’antica e sempre nuova luce.”
Quindi operazione di concetto, l’insieme di Parolini risulta un interessante continuo di rimandi citatori che servono per tessere nuove prospettive per quel che concerne il poetare di Pascoli, conducendo la raccolta su terreni indubbiamente cari a quel postmoderno (di costrutto, quindi non dispersivo) per cui tutti i passati convivono e risultano utilizzabili per dare forma al presente.
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