recensione di Giancarlo Baroni
Come stanno le cose è il titolo della corposa (comprende più di 150 poesie) raccolta di Mino Petazzini da poco pubblicata da Bohumil Edizioni; «la presente raccolta», precisa l’autore nella Nota, «si compone di testi scritti tra il 2019 e il 2020 e poi rivisti, qualche volta, senza eccessivi cambiamenti nei due anni successivi». Un biennio importante sia dal punto di vista esistenziale sia poetico, il 2019-2020, che ha coinciso per Petazzini con la conclusione della propria esperienza lavorativa e con l’inizio del pensionamento; un momento di passaggio che favorisce la meditazione e che induce a riflettere su molti aspetti della vita.
Il tono complessivo dell’opera è però, contrariamente a quanto possa lasciare immaginare il titolo, tutt’altro che assertivo e categorico, anzi lo si potrebbe definire disilluso, disincantato. Uno dei 7 testi che porta l’identico titolo del volume dice: «Come stanno le cose, in fondo, / non interessa più a nessuno / […] / non ha quasi più importanza. / Tutto è consumo, tempo consumato. / Una volta sapevo come stavano / ma forse allora mi sbagliavo, / ci sbagliavamo, si sbagliavano tutti. / Eppure le cose nel vasto mondo / come nel mio misconosciuto / microcosmo quotidiano, / stanno ancora così».
Noi siamo immersi in un mondo reale e abbiamo lì le nostre radici, ci ricorda Petazzini nelle 12 poesie intitolate appunto Nel mondo reale. Un mondo fatto di cose concrete, dotate di materia e consistenza: «un viottolo buio in leggera salita», «un ponte in pietra sul torrente», «una grande quercia isolata, / un nido di cicogna sul tetto / di una chiesa di campagna», l’albero «che ti passa accanto», «acqua, foglie, aghi di abeti, / cedri, mozziconi di sigarette»… Tuttavia facciamo parte a pieno titolo sia di un «mondo astratto», come sostengono le 10 poesie intitolate appunto Nel mondo astratto, dove prevalgono «un paesaggio mentale» e «traiettorie sognanti», sia di «un mondo fluttuante» (12 i testi intitolati Nel mondo fluttuante) dove le sfumature e le probabilità si impongono sulle certezze e dove anche la consistenza dell’io si affievolisce: «È tempo di passare la mano / sul tavolo, far sparire le briciole, / indurre definitivamente / il proprio io ad attenuarsi».
Questa modalità di intitolazione dei componimenti, già adottata in raccolte precedenti, non rappresenta un particolare secondario e consiste principalmente in «una manciata di titoli ricorrenti, numerati, che in qualche modo accompagnano il progredire dei testi e, almeno in parte, alludono agli stati d’animo e ai temi che in essi vengono di volta in volta richiamati e sviluppati», spiega ancora l’autore. Il concetto è ribadito in modo stringato dal poeta Luca Egidio che nella sua elegante nota critica scrive: «Sì, perché il libro è articolato in serie di temi che tornano raggruppati in titoli». Questa modalità basata sul reiterare, ribadire, ripetere, rappresenta forse un tentativo per trattenere sulle pagine le parole prima che sbiadiscano, per dare spessore e corposità alle cose nominate prima che si smaterializzino e perdano peso.
Il tempo che inarrestabile e inesorabile passa e se ne va mi sembra il tema principale del libro: «All’improvviso il tempo è poco, / succede, indietro non si torna». Petazzini, che è nato come me nel ’53, sa che la vecchiaia è una tappa dell’esistenza che prelude a un momento più drammatico: «Potrei prendermi una lunga vacanza / e stare ore e ore a fissare / un punto della stanza rivivendo / i suoni e i movimenti dell’infanzia / o della giovinezza, maturità, / sino a questa inusitata vecchiaia, che non si chiama più così / ma è esattamente questo, / un modo di corteggiare la fine, / distrarla, allontanarla». Il futuro consiste in «qualcosa da aspettarsi e desiderare» durante i «giorni che restano a disposizione»; il presente è quello che accade, la sua «parte migliore / è sempre un attimo prima / che le cose abbiano inizio»; il passato è ciò «che non tornerà». Si avverte nei versi di Petazzini un forte sentimento di disincanto che spinge a sperimentare «un certo ponderato distacco dalla realtà» e a «mantenere prudentemente le distanze».
Affidarsi ad azioni e gesti ripetitivi, a un quotidiano e rigoroso rituale comportamentale, può aiutare a tenere sotto controllo e a contenere l’ansia generata dal disordine e dal male che ci assediano, dall’angoscia degli addii: «E poi ringraziare / salutare di nuovo, guidare, / rincasare, cenare, andare a letto, / dormire, svegliarti, farti / la barba, la doccia, prepararti / la colazione, raccogliere / le idee, fare un breve tragitto / a piedi, tornare, sederti, / spezzare i versi, prolungare / lo strano sentimento che forse / è già quasi alla fine». Ma non possiamo proprio accontentarci di queste instabili e traballanti difese. Basterebbe invece, per cominciare, che ognuno di noi quotidianamente almeno rammentasse le sette opere di misericordia «che abbiamo imparato da bambini: / dar da mangiare agli affamati, / dar da bere agli assetati, vestire / gli ignudi, alloggiare i pellegrini, / visitare gli infermi, visitare i carcerati, / seppellire i morti».
Petazzini assegna un ruolo assai importante alla poesia la cui aspirazione, afferma nella Nota, è «provare a tenere insieme l’interno e l’esterno, il destino personale e quello del mondo, il prezioso nucleo di tempo che è stato ed è nostro […] e il tempo generale […] in cui è capitato e capita di vivere. […] Nonché quanto rimane di sospeso, non spiegato, inafferrabile nei giorni che sono passati e continuano a passare. E in quelli, baluginanti e incerti, o minimamente programmabili, che ancora ci aspettano».
Cinque poesie, intitolate Epicedio, rappresentano un «dolente addio a un gatto», una intensa dichiarazione di affetto: «finisco per accodarmi anch’io alla foltissima schiera che dall’Ottocento a oggi ne ha fatto l’animale totemico per eccellenza della poesia». Petazzini, che conosce approfonditamente il mondo degli animali, ha curato per l’editore Luca Sossella tre voluminose antologie intitolate La poesia degli animali; la prima è sugli animali domestici, la seconda su quelli selvatici e la terza sugli uccelli.
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