mercoledì 7 agosto 2024

Vedere, esser visti: Alberto Mori incontra Antonioni

recensione di Franco Gallo




Come altri volumi di Alberto Mori, Posture costituisce un omaggio e un esercizio poetico attorno a una figura chiave del contemporaneo. Se già abbiamo apprezzato in passato, ad esempio le anamorfosi poetiche di Pina Bausch e di Francesca Woodman (Raccordanze, 2004; Davanti alla mancante, 2014), oggi il lavoro di Mori prende le mosse da Michelangelo Antonioni, con un doppio elemento paratestuale: un fotogramma di copertina da La notte e un esergo dove il registro contrappone la proiezione verso il futuro della scienza contemporanea e la natura irrigidita e stilizzata del mondo intorno a noi.

Il doppio elemento paratestuale (l’immagine, dove la presenza umana appare irrisolto punto di resistenza all’oppressione brutalistica dello scorcio architettonico; il testo, prettamente denotativo e teso a evidenziare uno stato di fatto del quale non abbiamo ancora coscienza piena) determina così lo spazio di queste scritture, che prendono luogo nella ricerca di una diversa capacità di vedere.

Se Mori è cosciente della complessità degli esiti sociali iniqui e disumanizzanti della tecnologizzazione di massa nel mondo tardocapitalistico, non è di questo che si occupa qui, ma di come ricostruire un rapporto sensuoso e vitale con le funzioni del vedere attraverso la potenza di una prospettiva technology-enhanced, mediata dalla storia del vedere cinematografico e bagnata nella digitalizzazione dei media visuali.

Il vedere diventa così un esporsi multilaterale alla luce, un lasciarsi attraversare dalla luce e dal calore che è un riflesso sulla propriocezione complessiva e si riverbera sul tatto e sulla consapevolezza di sé e dello spazio.

Le immagini costruite dal poeta sono still frames dove i primi piani di particolari li proiettano come tali al di fuori della contestualità concreta del loro darsi, ed isolati rivelano una vitalità autonoma e una propria consistenza estetica. Il senso del fermo immagine è particolarmente vivo nella prima sezione (Azione).

In Natura e spazi prevale invece l’elemento idillico, che riscopre anche semantiche di ben definita ascendenza poetica (la luna, il viale) ma tutte coerentemente definite dentro la modernità iperrealistica dove solo oggi davvero si danno. La luna sul campo da golf non ha bisogno di essere uccisa dai futuristi: è già morta, da un lato, nel sequestro delle sue potenzialità ispiratrici da parte dello spazio a partire dal quale soltanto appare ed è contemplabile con la necessaria tranquillità, spazio elitario edonistico e privato; dall’altro, nel potersi dare solo come eclissata, perché la natura nel nuovo iperrealismo esiste solo come sembiante e non come cosa.

Ciò introduce nella raccolta un movimento di dialettica interna tra la riscoperta corporea della prima sezione e la proiezione virtuale dei sembianti nella seconda.

La terza sezione, Set, mette infine sotto i nostri occhi da un lato le estemporanee dimensioni del nostro agire quotidiano nel quale mostriamo di aver interiorizzato, come forme del comportamento, gli atteggiamenti e le pose proprie del linguaggio televisivo-cinematografico (il che ha anche un risvolto comico-ironico). Un secondo tema della sezione però è l’estetica della posa e della costruzione dell’immagine in sé stessa, quasi come ricerca di tableaux vivants contemporanei dove strumenti e corpi, scene e membra sono tutti fattori concomitanti di equivalente funzionalità estetica e di interscambiabile ruolo e importanza per il risultato estetico finale.

Posture risulta composto nel classico stile dell’autore, richiamando stilemi che ne sono distintivi in diverse occasioni; il montaggio delle parti secondo un profilo di ipotizzabile organizzazione discorsiva rimane in questo caso aperto, perché resta indeciso l’importo complessivo della riflessione del poeta sull’immagine, la sua costruzione tecnica, la sua interiorizzazione ai fini espressivi e di identificazione personale.

Alla ricerca di una saper diversamente vedere si è affiancata, nel corso del testo, una coazione ad essere visti e a voler apparire, che opera al di fuori della consapevolezza esplicita e che si incorpora nel movimento, nella comunicazione e anche nella comprensione di sé. Le due istanze non sono ulteriormente mediate.

Posture rimane quindi opera aperta, secondo una ragionevole prossimità all’autore dal quale la scrittura ha preso le mosse, che soprattutto con La notte e con L’eclisse problematizzava la capacità di sintesi della propria esperienza da parte del soggetto e portava il suo pubblico verso la consapevolezza della quantità indeterminata di relazioni anonime influenti sugli atteggiamenti, i comportamenti, le azioni.

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