Eros Olivotto, Come sapessi, Perosini 2023 e, dello stesso autore, nel tuo nome, plaquette autoprodotta (senza data e senza numerazione delle pagine)
appunti di lettura di AR
Iniziamo dalla plaquette nel tuo nome:
C’è una luce nel silenzio
del tuo corpo spezzato.
Consegnato alla solitudine del ferro,
del legno.
Abbandonato dal dolore.
Una intensa spiritualità promana dai versi; Eros riversa in queste pagine, con discrezione e sobrietà, una dose concentrata di sé stesso, del suo cammino di uomo costellato, come accade a tutti, di ostacoli, insidie, deviazioni… eppure inondato dall’abbraccio del Crocifisso: A volte / sei talmente vicino / che la tua parola / risuona.
Certo è necessario sostare, fare il punto, affidarsi, chiedere aiuto, digiunare dalle “distrazioni” a cui ricorriamo a volte per riempire vuoti e frustrazioni, altre per fuggire a noi stessi, alla realtà. Ma Lui è sempre lì, con il suo silenzio accogliente – Consegnato alla solitudine del ferro, / del legno. – su una croce in cui convergono le sofferenze di tutti:
Ma io non ti lascio.
Non per la quiete,
o la gioia che mi dai.
Quanto importa, ora,
è il tuo capo reclinato,
trafitto.
Il diafano abbandono delle braccia.
***
La raccolta Come sapessi è una splendido esempio della poetica di Eros Olivotto. Vi troviamo anche la sua autopresentazione (p. 16):
Il poeta
Poche cose.
Dio,
qualche amico,
i tuoi occhi.
Nessun clamore.
Un po’ di verità.
La vita è una continua ricerca, forse non ci rendiamo a volte conto di questo, ma c’è una tensione, un desiderio di qualcosa/qualcuno che sfugge ma: A volte nel buio / (…) / è talmente presente / da sconfiggere il sonno. (p. 13). Sì perché non abbiamo umanamente risposte alle nostre domande profonde a cui bastino parole o ragionamenti, perché l’esistenza di ciascuno, come quella dell’intero universo, al contempo rivela e nasconde, apre al desiderio dei conoscenza e ci fa constatare i nostri limiti e la nostra fragile bellezza (se non ci rinchiudiamo nella hybris per cui l’ambiente e il prossimo sono beni da sfruttare a nostro esiziale piacimento). Eros in quest’opera ci dice che non possiamo eludere la fatica del nostro stare al mondo, dominando e asservendo; possiamo invece, se non totalmente spiegare/accettare almeno lenire dolore e lutti, se amiamo e ci lasciamo amare, se riportiamo al cuore (ovvero ricordiamo) azioni buone, nostre e altrui; se nell’abbandono ci affidiamo (bellissima la Preghiera che sigilla il libro, pp. 83-85, in cui troviamo la domanda delle domande: saprò mai chi sei / se non oscurmaente?). Di seguito alcune sporadiche citazioni:
Sfioriamo verità.
Stanchi come siamo,
di questa fretta.
Del nostro infinito precipitare. (p. 20)
E a p. 78: Potrà l’amore / accogliere la pena, / indicare il senso / del nostro dolore?
Ancora a p. 77:
Sciarada
Quanto al non volere, poi,
al non desiderare,
molte voci ci distraggono,
adducendo il senso irrinunciabile
di ciò, che non trovato,
potrebbe svanire.
Una silloge che ci stimola e consola, ci affratella agli altri e alla natura, ci responsabilizza, ci fa scoprire il bene nel male (citando Madame): Questi alberi / simili a preghiere, / a parole / adagiate nel silenzio. (p. 56); … frantumavamo ombre con le mani, / rubando al cielo il fuoco dei tramonti. (p. 51); Non c’è salvezza / nel fondo del dolore, / se mai, / una sfinita verità. (p. 48).
Sì, nessuno si salva da solo, ma c’è una tensione a convergere in alto (e qui citiamo Teilhard de Chardin) che ci fa responsabili gli uni degli altri e crea legami che ci elevano e ci rendono migliori.
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