It's friday! è una rubrica a cura di Annalisa Ciampalini
Raccolta foto-poetica: 8 millimetri
[Si fa divieto di registrare nei reparti con le cineprese. È permesso farlo solo con le parole]
*
La divide in quattro parti
e ne avvolge ciascuna in un tovagliolo
[un tenero pezzo di casa]
percorre corridoi di notte
come fossero vicoli del centro
[circoscrivono la camera d’ospedale
fanno precipitare lo sguardo ai piedi]
e si chiede dov’è la piazza?
la differenza tra un treno e un corridoio
adesso non la comprende
dice:
portano via
luci visi gambe vagoni occhi
luci visi gambe vagoni occhi
e insiste a curarmi
come se io avessi fame di casa
del mio nome da masticare.
(poesia presente in un’altra versione nell’antologia poetica di un Premio)
*
Soppeso la mezza bustina
di zucchero rimasta nel palmo,
l’altra metà mi è caduta dentro.
Attendo, come si attendono i fuochi
d’artificio, attendo di capire
che strada fa la piccola e transitoria gioia
e se davvero ciò che introiettiamo
è più importante di ciò che ci circonda,
se il dolore si può addolcire
quando il male da dentro minaccia di restare.
Vorrei solo dirgli un po’ di bene.
*
Le sedie gialle in plastica
il pavimento celeste screziato
il silenzio delle attese e delle cose.
Scivolano lettighe traslucide
verso le sale operatorie.
Hanno sfilacciato ogni dolore
tutto è rimasto prezioso intorno
e se è rimasto il vuoto è strappo
necessario da mostrare.
Braccia sollevano la giovane donna
la spostano più in là
dove non ha fatica il corpo cavo
il fiato concluso nei baci dati
sgravata la coscienza dall’assedio
il rosso delle unghie ancora acceso.
Come dimenticata la mancanza.
*
Che luce celeste-metallica
porta dentro il corridoio stasera,
pare di essere in un miracolo.
La fiala si scompone in molecole
che attraversano membrane entrano
nel sangue e dispongono a tacere.
Tamburella il tempo sul fianco del letto
per tenere la conta delle decine
centinaia di colpi che infilano aghi
nel corpo dei degenti.
E nei reparti?
oramai tutti dormono, e nel sonno
ora (mai) sono tutti nelle loro case.
*
Non si ricordava più quando era successo
(non sembrava molto tempo ma)
sembrava passato un secolo.
Fotogrammi uscivano come un film
con tanti dettagli precisi dalla parete:
il foulard che cadeva a terra
il cappello trattenuto da una mano
la seicento verdina che sbucava dalla curva.
Tutti correvano per spostarsi di lato
e le voci sembravano resuscitate:
Mio padre lo ha sempre detto: ti somiglia!
Ah il vento di oggi porta via…
Bisbigli e risa. Bisbigli e risa.
La successione di fotogrammi era memoria
e la memoria si era sostituita alla vita.
Una mano la incoraggiò
da dietro la schiena
e lei, avanzando, acconsentì.
Acconsentì ad andarsene, piano.
Entrò nella pellicola da 8 millimetri.
Ricomparve lì dentro. Era aprile.
Nel lunotto si intravedevano
agitarsi due mani nell’aria,
i fiori bianchi posati sul cofano
che, uno a uno, volavano via,
in faccia all’amore.
(questa poesia è stata pubblicata nel blog di Sesta e di settima grandezza nell’aprile 2021)
*
Che cosa dicevano in sala d’aspetto?
Nulla di nulla. Tutti tacevano il dubbio.
E la stanza, cosa diceva? “Vuota!”
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