Il bambino con il broncio, se ne stava tutto il giorno
a disegnare o a osservare, in silenzio, in disparte.
Aveva uno sguardo chiaro e le sopracciglia tristi.
Intuire che cosa andava pensando, era impossibile.
Celava tutto dentro quel suo broncio da scontento
o da riflessivo e respingeva chiunque ci provasse.
Era evidente che non voleva intromissioni dentro
i suoi disegni o pensieri, e allora lo si lasciava
in compagnia del suo bel broncio che non dava
fastidio a nessuno e nulla chiedeva o pretendeva.
Qualcuno riteneva che tutta la sua bellezza
stesse racchiusa nel suo broncio da dipingere.
Quando, dopo diverse ore del mattino
smetteva di disegnare o di osservare
si alzava e andava alla finestra sulla strada
o alla porta del giardino, nessuno osava domandargli:
Che cosa hai disegnato? Che cosa hai visto? Dove vai?
Lui, trasognato, si affacciava o usciva.
Al di là della finestra o del giardino, il mondo continuava
a girare, a vivere la sua vita, a starsene lontano.
Allora, i disegni volavano via e lo sguardo si faceva blu
notte e, come per incanto, le labbra abbozzavano
un mezzo sorriso emettendo un motivetto musicale.
Il bambino con il broncio, poi, salutava chi sa chi
e strappava i petali di una rosa che, nascosto, masticava.
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