Le mie scarpe son sporche di sabbia anche d'inverno di Stefano Bianchi
Postfazione di Stefano Martello
Fara Editore
Recensione a cura di Anna Taddei
Soprattutto all'inizio della lettura, sembra di guardarsi vivere meccanicamente, azione dopo azione, con un poco di rimorso, in versi oligosillabici. In Le mie scarpe sono sporche di sabbia anche d'inverno, Stefano Bianchi scrive di mancanza, un intenso senso di solitudine per qualcuno di amato che si allontana e se ne va. Nelle sue parole sempre sintetiche, raccolte, si sprigionano pensieri, rimpianti e ricordi di un amore passato. Al centro di tutto c'è sempre il suo amato mare, con la compagnia gratuita dei gabbiani e il loro volare leggero.
"[…] Oggi ho nuotato coi gabbiani / che mi aspettano ogni giorno. / La riva, i gabbiani, il sole e gli scogli / sono nel posto che sai / tu sola non sei arrivata / i gabbiani mi domandano di te / ed io non so spiegargli. […]"(Gabbiani)
Quel fastidio irritante di quando è tutto assolutamente perfetto, così come dovrebbe essere, ma c'è un vuoto: sarebbe stato tutto ancora più bello se ci fosse stato qualcuno lì, a condividere quello spettacolo. Quel senso di mancanza, di nostalgica privazione sembra essere il protagonista di questa raccolta, osservato in tante prospettive: come ciò che accade quando ogni cosa che si veda porti ad un pensiero costante, sempre lo stesso, d'improvviso istinto. Spesso "Quando capita / capita di colpo, / è di sabato o a natale, / che ci si accorge d'esser soli."
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