mercoledì 5 maggio 2021

Recensione a “Sfinge di Pietra” di Claudia Piccinno - a cura di Elisabetta Bagli

 



Sfinge di Pietra è l’ultimo libro di poesie di Claudia Piccinno, poetessa internazionale che ha al suo attivo un percorso letterario lungo e variegato. Con i suoi versi, letti, recitati e tradotti, spazia dall’India all’America Latina passando per tutta Europa, attraversando il mondo con la forza e la vitalità di chi crede nel reale potere della poesia. Per i suoi libri Claudia utilizza sempre titoli particolari, inusuali, sorprendendo il lettore con la sua originalità, manifestando sin dall’inizio il desiderio di comunicare la sua essenza. In questa silloge poetica, infatti possiamo ascoltare un silenzio, quello della Sfinge, fatto di parole che costituiscono la forza e la stabilità del suo sentire e possiamo anche ascoltarne persino il suono nell’attesa della “vibrazione giusta,/il suono di un battito/che mi riporti a casa”. Sí, perché, nonostante gli innumerevoli viaggi di cui è costellata la vita della poetessa, il bisogno di casa, di conforto, di sostegno è assolutamente necessario e rigeneratore. La Sfinge è in questo caso l’ambiente conosciuto, ristoratore, la casa che ci cura, che è lenimento, che è respiro e salvezza. Ma possiamo ascoltare anche il silenzio assordante delle pietre che rappresentano il simbolo del tempo che passa, dell’eternità, della memoria antica dell’essere umano; le pietre come ancore di coscienza, radici delle emozioni più recondite ma non per questo meno vive, emozioni che ci aiutano a capire chi siamo  (“Non sarà solo un ingranaggio/a scandire il tempo,/è la memoria la pietra miliare/di questa esistenza”).

Con ciò non voglio dire che la silloge di Claudia Piccinno sia un discorso intimo con se stessa che non possa essere compreso e interpretato dai più. Anzi, è proprio nel susseguirsi dei pensieri, che si snodano in versi fluidi e intensi, che ognuno di noi può ritrovare la sua quotidianità: l’autrice è una testimone consapevole del proprio tempo. Piccinno ha la capacità di fotografare gli istanti dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri donandoci immagini di una vitalità immediata e di una grande forza espressiva (“Mi sento baciata dall'istante,/complice l'obiettivo,/instauro un dialogo/per sognatori/e so che la luce/conta più di ogni parola”).

Nei versi precedenti appare la parola “luce”. Questa silloge poetica è piena di luce, lo strumento più immateriale al quale ricorre il poeta per sondare il mondo, il suo e quello in cui vive, quello in cui l’angoscia dei dubbi e l’urgenza della speranza trasportano il pensiero. Attraverso le sue quotidiane inquietudini ci mostra che nella vita c’è sempre una scappatoia, una speranza, c’è la capacità di dire altro, di fare altro. Piccinno ci mostra che la possibilità di riscatto è nelle nostre mani, bisogna solo aprirle, con quel coraggio che spesso non si ha, al nuovo che avanza (“Una promessa le tue mani” - “non occorre che io riponga un sogno nelle tue mani”).

Attraverso la lettura delle sue liriche si evidenzia la straordinaria coerenza della presenza degli elementi che costituiscono i valori e i principi capisaldi della sua esistenza dedita alla comprensione di se stessa e di quanto la circonda per oltrepassare i suoi limiti, anelando alla libertà fatta di piccoli e grandi cose, ribellandosi a determinati stereotipi attraverso l’uso della parola (“fende le catene/e oltrepassa le frontiere” - “senza veli né vincoli/senza catene o guinzagli”).

La Sfinge di Pietra di Claudia Piccinno è una sorta di fusione tra quella greca e quella egiziana, perché nei versi della poetessa si avverte sia l’esigenza di oltrepassare le leggi distruggendo il mostro che spesso si annida in noi come la paura (“Paura di cadere a picco” – “ti fai pietra/quando hai paura” – “assemblata dalla paura” – “e se fosse paura,/ l’assurda prestesa di dare/un nome alle cose?” – “Fioriti i gerani/mi dicono che la vita prosegue,/che devo ignorare la paura/se voglio restare” – “Mi sono persa dietro la paura”), esattamente come ha fatto Edipo sciogliendo l’enigma della sfinge di Tebe, sia la necessità di esternare quell’universo femminile, quell’intuizione creativa e nuova rappresentata dalla Sfinge egizia, simbolo della forza dell’emisfero femminile che si rivela gradualmente attraverso le sue liriche (“Per quella sottile membrana ho tacitato/l'inchiostro/ma prepotente ritorna la sua forza dirompente/a seminare speranza prima che apatia/ci trascini nel buio”).

La presenza nelle liriche di Piccinno di un elemento fragile come il vetro potrebbe deviare il lettore per la sua caratteristica fragilità. Ma in questo senso il vetro e la fragilità che rappresenta non sono altro che il desiderio di trasparenza nel rapporto con gli altri e con se stessa. È la necessità di comprendere e farsi comprendere, di riflettere una realtà che non sempre è vicina, ma che esiste ed è autentica (“Sono vetro, in me ti specchi/e sai che io rifletto./Sono altro, sono oltre, sono altrove”).

Con Sfinge di Pietra siamo di fronte a una silloge nella quale si respira poesia nuova, moderna, dal sapore antico, ma estremamente attuale nella sua manifestazione derivante da un’originalità stilistica che attinge a piene mani dalla conoscenza delle lingue da parte dell’autrice, riuscendo a modellare il verso, attribuendo allo stesso una connotazione realistica e vivace nel contempo.

 


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