venerdì 13 dicembre 2019

Odorose impronte (tra malinconia e apertura all’infinto)

L’11 dicembre 2019 alle 11.30 Maria Lenti ha scritto:


Gentile Matteo Bonvecchi,

mi congratulo, anche con Ramberti che mette molta cura nei suoi libri.
Con piacere e attenzione ho letto Le odorose impronte, pervaso di spiritualità: per i richiami evangelici, per la rarefazione della materialità, per la sottolineatura del sentire cose e persone prossime al proprio sentimento del vivere.
Ma come si concilia la luce di Cristo con la malinconia della sua poesia? Forse la distanza di quella luce odorosa dalle impronte quotidiane?
Se dovessi scriverne svilupperei queste tracce di lettura.
Al prossimo incontro.
Belle e buone feste




***

L’11 dicembre 2019 alle 22.05
Matteo Bonvecchi ha scritto:

Gentilissima Maria,

grazie per la sua lucida analisi. Lei è la prima a scorgere una vena di maliconia nelle Odorose impronte e ne sono davvero onorato. La maliconia è infatti il più legittimo di tutti i toni poetici. L’intera raccolta è attraversata da attesa, invocazione. Non ci può essere esperienza della Presenza senza previa coscienza dell’assenza, del vuoto. Effettivamente ci deve sempre accompagnare il senso d’insufficienza di tutte le realtà che viviamo, e questa è però insieme dolorosa e dolcissima apertura all’Infinito, che poi ridona dignità a ogni cosa, anche la più semplice e banale (ove possiamo rintracciarne le odorose impronte).

Poi, per quanto mi riguarda, la malinconia nasce davvero da continua, colpevole mancanza nei confronti di Cristo. “Ti voglio dove non sei / e non ti cerco davvero: / perdona se ancora resta / troppo ardua la resa” (p. 21).

Potesse ancora scrivermi, magari sviluppando queste tracce di lettura da lei acutamente intraviste, ne sarei oltremodo felice e onorato.
Non sapendo come ringraziarla,



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