mercoledì 11 dicembre 2019

La ‘luce gentile’ di una poesia attenta alle relazioni

Carla De Angelis, Fra le dita una favilla sembra sole, Fara Editore 2019

recensione di Anna Maria Curci


http://www.faraeditore.it/vademecum/33-Fraleditafavilla.html

Il titolo della raccolta di Carla De Angelis, Fra le dita una favilla sembra sole (con una Nota critica introduttiva di Riccardo Deiana e una Nota di lettura finale di Barbara Colasanti, Fara Editore 2019) fa brillare la ‘luce gentile’ che guida l’intero percorso in un volume che fa poesia, e poesia convincente, della testimonianza del rispetto dei tempi, dei talenti, delle peculiarità dell’altro da sé.
Il rispetto e, ancor più, l’attenzione sollecita, camminano affiancati all’impegno amorevole – mai megalomane, anzi con un sorriso a ciò che viene riconosciuto come proprio limite – anche nelle attività più minute. La luce gentile, allora, guida tutto il tempo e tutto il sé, sia nelle attività che vengono comunemente definite dilettantesche (p. 14: “Provo a suonare due note per burlare il tempo / e far felice il mio maestro”), sia in quelle professionali, sia nel sorriso indulgente, sia nel dolore più aspro o nel ricorrente “mal di vivere”.
Nel “coltivare” costante e attento, serissimo eppure non scevro dal sorriso, si riconosce l’attività, vocazione e scelta, illuminata da quella “luce gentile”, la guida individuata fin dalle prime pagine. Una cura, un coltivare, che alla recisione, allo strappo antepone la cucitura, il riannodare i fili. Non è banale e ingenuo ottimismo, si badi bene: è una scelta che sa del pericolo, dell’orlo e del precipizio. In tal senso la poesia di pag. 18 può essere considerata punto di irradiamento e manifesto: “Faccio sempre quel che posso / non ho mai reciso un fiore / solo qualche foto / mai ho storpiato una nota / sono attenta ad ogni intonazione dello sguardo. // Non ho mai avanzato troppo / perché non mi fidavo della riva. / So che il passo può scivolare nella melma. // Ho lavato le parole alla fonte, / poi le ho scritte. // Ho affidato l’orto al contadino. / Le pecore al pastore / la musica al dio Pan.”

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