di Serse Cardellini
Con
questa lettera aperta ho intenzione di toccare solo uno dei tanti volti della
poesia di Vincenzo: non direttamente l’aspetto più ovvio di una “voce del Sud”,
né quello più personale che si confronta con i lutti e le dure prove della vita
che tutti quanti chiama in causa. Il volto che voglio ritrarre in questo quadro
di parole ha lineamenti di donna.
Non
conosco l’intera e vasta opera letteraria di Vincenzo D’Alessio ma, da quanto
ho potuto leggere in una delle sue più recenti raccolte poetiche dal titolo Dopo l’inverno (Fara 2017), scorgo una
traccia sotterranea e sottile che sembra indicare il sentiero verso un luogo
chiamato vita. Simile a una terra passata e futura abitata da fiere amazzoni,
le donne dipinte con fugaci pennellate da Vincenzo: donna che mente (p. 13),
vedova che rinnova al corpo le fitte (p. 18), donne che molti chiamano puttane
(p. 19), donne profumate come fiori di limoni (p. 19), ragazze che servono
caffè (p. 29), la sua donna intenta a sognare (p. 41), la donna fra pietre e
mammelle (p. 56), la sua dolce compagna che dorme (pp. 67, 69), bimbe inquiete
assetate di mare (p. 73), bambina dalle idee serene di futuro (p. 78), sposa
ancora vergine (p. 81), donne che mietono con le mani (p. 87), e poi le madri
che, seppure potenti (p. 43), scrutano sconfitte i monti (p. 11), e poi
quell’Amo Maria! (p. 64), quasi fosse un’antica Venere quale unica sua donna
(p. 12) che sfila sul guanciale (p. 36).
È
come se dopo l’inverno, così
c’insegnano da sempre le cicliche stagioni e il sacro solstizio dicembrino, vi
fosse una nuova maternità (p. 54), ancora una volta (nonostante tutto) un
ricominciare daccapo. Dietro queste storie e volti di donne c’è forse un
messaggio velato, o un appello che Vincenzo bisbiglia, sottovoce, all’orecchio
di tali veneri? Come a dire: donne, figlie, madri, puttane, fiori di vita: fate
una volta per tutte rinascere questo nostro sacro Sud. Fate nuove tutte le
cose.
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