Alessandro Ramberti, Al largo, Rimini, Fara Editore 2017
recensione di Maria Lenti
Alessandro Ramberti continua la sua ricerca, in prosa e in poesia. Ricerca di che cosa? Della verità nel suo interiore, di cui non può fare a meno, suggerendola a chi lo legge, a chi gli sta attorno, la verità sostenuta dalla fede, innervata nelle fibre di parole e libri che, a suo parere, la contengono dai secoli dei secoli pur non avendola l’uomo ancora imparata.
Dentro la sua poesia bisogna entrare, tuttavia, in punta di sentimento e di un forte sentire, perché Alessandro Ramberti fila un suo filo mentale, ogni volta dipanato in versi che necessitano di più di un momento di riflessione e di più di un animo spoglio di sovrapposizioni e di più di un sapere libero da pregiudizi. Bisogna curarne la rispondenza, un’eco sottile nel proprio intimo, meno cercandone il significato letterale.
Si può essere instradati dalla presentazione in exergo a sua firma, “Misericordia e Verità. La tensione vitale del tempo”, ma in definitiva sono i testi poetici a rispondere di sé stessi. Sciolti in senari nella costanza di strofette di cinque versi, essi aprono la speranza dell’essere, avendo introiettato i principi canonici della solidarietà cristiana, in un insieme con gli altri, o del dover essere in insieme con gli altri nel viaggio della vita.
Ramberti evita di significare il contrario della non comunità di intenti e di visioni, di carità e di misericordia, di amore biblico e cristiano. Afferma, cioè, il positivo dell’esserci per arrivare al largo, ad una soglia in cui siano stati banditi orrori ed errori della vita e della storia (mai nominata) che sommerge e non fa respirare: «Carico il più breve / peso ed è leggero / quando sento splendere / voci volti gesti / spandersi e donarsi.»
Se la lettura rende bianche le strade, facile tuttavia non è il cammino in esse: Alessandro Ramberti dà per acquisita la leggerezza dell’animo e del corpo, quella leggerezza, appunto, che permette di non solo intraprendere la strada della “misericordia” che porta alla verità, ma consente di liberarsi (e di agire in conseguenza nell’estensione del dettato poetico).
E se uno dei problemi, invece, fosse, proprio nella impossibilità di una liberazione in tal senso? Se anche la fede, come testimoniato da chi ne ha scritto nel corso dei due millenni, non sempre sostiene la liberazione essendo più forti i riscontri esistenziali? Se si vive con tutto il peso del vivere e la ricerca non ci libera da questo peso? Domande. Da lettrice attenta ma laica, forse proprio l’esistenza (e la resistenza) degli interrogativi a latere delle certezze del poeta Ramberti può dare testimonianza della “bontà” di Al largo. Libro, peraltro, arricchito da aperture del titolo tradotto in cinese. Qui occorre un’altra domanda: il cinese (lingua che Ramberti ha studiato e ristudiato) a significare la non barriera che esiste nel mondo, nelle differenti plaghe del mondo, per chi ricerca la verità?
recensione di Maria Lenti
Alessandro Ramberti continua la sua ricerca, in prosa e in poesia. Ricerca di che cosa? Della verità nel suo interiore, di cui non può fare a meno, suggerendola a chi lo legge, a chi gli sta attorno, la verità sostenuta dalla fede, innervata nelle fibre di parole e libri che, a suo parere, la contengono dai secoli dei secoli pur non avendola l’uomo ancora imparata.
Dentro la sua poesia bisogna entrare, tuttavia, in punta di sentimento e di un forte sentire, perché Alessandro Ramberti fila un suo filo mentale, ogni volta dipanato in versi che necessitano di più di un momento di riflessione e di più di un animo spoglio di sovrapposizioni e di più di un sapere libero da pregiudizi. Bisogna curarne la rispondenza, un’eco sottile nel proprio intimo, meno cercandone il significato letterale.
Si può essere instradati dalla presentazione in exergo a sua firma, “Misericordia e Verità. La tensione vitale del tempo”, ma in definitiva sono i testi poetici a rispondere di sé stessi. Sciolti in senari nella costanza di strofette di cinque versi, essi aprono la speranza dell’essere, avendo introiettato i principi canonici della solidarietà cristiana, in un insieme con gli altri, o del dover essere in insieme con gli altri nel viaggio della vita.
Ramberti evita di significare il contrario della non comunità di intenti e di visioni, di carità e di misericordia, di amore biblico e cristiano. Afferma, cioè, il positivo dell’esserci per arrivare al largo, ad una soglia in cui siano stati banditi orrori ed errori della vita e della storia (mai nominata) che sommerge e non fa respirare: «Carico il più breve / peso ed è leggero / quando sento splendere / voci volti gesti / spandersi e donarsi.»
Se la lettura rende bianche le strade, facile tuttavia non è il cammino in esse: Alessandro Ramberti dà per acquisita la leggerezza dell’animo e del corpo, quella leggerezza, appunto, che permette di non solo intraprendere la strada della “misericordia” che porta alla verità, ma consente di liberarsi (e di agire in conseguenza nell’estensione del dettato poetico).
E se uno dei problemi, invece, fosse, proprio nella impossibilità di una liberazione in tal senso? Se anche la fede, come testimoniato da chi ne ha scritto nel corso dei due millenni, non sempre sostiene la liberazione essendo più forti i riscontri esistenziali? Se si vive con tutto il peso del vivere e la ricerca non ci libera da questo peso? Domande. Da lettrice attenta ma laica, forse proprio l’esistenza (e la resistenza) degli interrogativi a latere delle certezze del poeta Ramberti può dare testimonianza della “bontà” di Al largo. Libro, peraltro, arricchito da aperture del titolo tradotto in cinese. Qui occorre un’altra domanda: il cinese (lingua che Ramberti ha studiato e ristudiato) a significare la non barriera che esiste nel mondo, nelle differenti plaghe del mondo, per chi ricerca la verità?
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