Alberto Trentin, Vuoti d'ossa, Arcipelago Itaca 2017,
collana “Mari interni” diretta da Danilo Mandolini
Prefazione di Simona Wright
recensione di AR
Le poesie raccolte in Vuoti d'ossa sono una sfida alla tentazione del non dire che, osserva Simona Wright, Alberto Trentin raccoglie con la “sua folgorante e sonora brevitas (…) che rende possibile l'impossibile, aprendosi a un tempo articolato dove il pensiero si propone quasi come confessione (seguendo l'esempio agostiniano) e il linguaggio si fa espressione, comunicazione di un percorso nel quale il ricordo della perdita, l'afflizione e il tormento portano a una rigenerazione” (p. 6).
Non a caso la prima parte di questo libro si intitola “Palingenesi” (cioè rinascita, e consiste di 24 sestine chiamate Movimenti) e la seconda “Apocatastasi” (ristabilimento, con 24 sestine chiamate Palinodie, ovvero controcanti, numerate in senso inverso, dalla XXIV alla I che chiude l'opera).
Abbiamo dunque versi di un asciutto, perspicuo e, direi, filosofico lirismo (come il verso che titola questa recensione, tratto dal Movimento XIX, o il distico che chiude la Palinodia XXI: “Qualunque cosa accada / l'abbiamo preceduta.”), istantanee che spesso, se non sempre, ci offrono vedute dal taglio particolare, con una angolatura di sbieco che impegna il lettore a una interpretazione, a calarsi a fondo in parole-suoni da cui promanano immagini che dicono e celano e magari un po' s-mentiscono: “Mentre approdo in queste isole / capisco il bene quasi per caso. / La gioia ha nel fondo / la natura delle bricole / che davanti al naso / danno senso al mondo.” (Movimento IV); “Dove filtrano lame di sole / ogni ombra di casa pare / non avere sorella / né compagna. Siccome sole / non possono restare / uso il buio come catenella.” (Movimento VIII); “Una cauta preghiera / rende l'anima priva / del dubbio della croce. / Accade quando a sera / un casto silenzio schiva / le insidie della voce.” (Palinodia XV).
I correlativi oggettivi sono “emozionati” (intendo il participio anche in senso causativo): ad esempio, il sasso lanciato crea “… cerchi sullo specchio sordo / ad ogni grido addolorato. / Così si coglie l'ininfluente.” (Movimento X); o “il tuo passo d'addio sulla neve” (Movimento XXI); o “Quell'amore in Abbazia / col tetto-cielo dentro / fatiscente ossatura / di sesso: la malìa / di denudarci al centro / di tutta l'impostura.” (Palinodia VII).
Così non mancano gli enigmi, la polisemia sibillina, il velare per svelare parabolicamente le parti forse più intime e magari sanguinanti del vissuto dell'Autore. Il linguaggio è infatti piano ma irto di riferimenti impliciti, costellato di parole rare, tecniche, ambigue che al contempo respingono e allettano, negano e affermano, ironizzano e confessano lasciandoci sempre un po' sospesi ma senza mai interrompere la comunicazione fra sé e tu (credo anche quello con la T maiuscola): “Adesso chiudo sul noi. / È tempo che si torni / alle parole amate / e ascoltate altrove. Poi, / poco prima che aggiorni, / le avrò dimenticate.” (Palinodia I, che è pure un abbraccio, un saluto, un arrivederci).
collana “Mari interni” diretta da Danilo Mandolini
Prefazione di Simona Wright
recensione di AR
Le poesie raccolte in Vuoti d'ossa sono una sfida alla tentazione del non dire che, osserva Simona Wright, Alberto Trentin raccoglie con la “sua folgorante e sonora brevitas (…) che rende possibile l'impossibile, aprendosi a un tempo articolato dove il pensiero si propone quasi come confessione (seguendo l'esempio agostiniano) e il linguaggio si fa espressione, comunicazione di un percorso nel quale il ricordo della perdita, l'afflizione e il tormento portano a una rigenerazione” (p. 6).
Non a caso la prima parte di questo libro si intitola “Palingenesi” (cioè rinascita, e consiste di 24 sestine chiamate Movimenti) e la seconda “Apocatastasi” (ristabilimento, con 24 sestine chiamate Palinodie, ovvero controcanti, numerate in senso inverso, dalla XXIV alla I che chiude l'opera).
Abbiamo dunque versi di un asciutto, perspicuo e, direi, filosofico lirismo (come il verso che titola questa recensione, tratto dal Movimento XIX, o il distico che chiude la Palinodia XXI: “Qualunque cosa accada / l'abbiamo preceduta.”), istantanee che spesso, se non sempre, ci offrono vedute dal taglio particolare, con una angolatura di sbieco che impegna il lettore a una interpretazione, a calarsi a fondo in parole-suoni da cui promanano immagini che dicono e celano e magari un po' s-mentiscono: “Mentre approdo in queste isole / capisco il bene quasi per caso. / La gioia ha nel fondo / la natura delle bricole / che davanti al naso / danno senso al mondo.” (Movimento IV); “Dove filtrano lame di sole / ogni ombra di casa pare / non avere sorella / né compagna. Siccome sole / non possono restare / uso il buio come catenella.” (Movimento VIII); “Una cauta preghiera / rende l'anima priva / del dubbio della croce. / Accade quando a sera / un casto silenzio schiva / le insidie della voce.” (Palinodia XV).
I correlativi oggettivi sono “emozionati” (intendo il participio anche in senso causativo): ad esempio, il sasso lanciato crea “… cerchi sullo specchio sordo / ad ogni grido addolorato. / Così si coglie l'ininfluente.” (Movimento X); o “il tuo passo d'addio sulla neve” (Movimento XXI); o “Quell'amore in Abbazia / col tetto-cielo dentro / fatiscente ossatura / di sesso: la malìa / di denudarci al centro / di tutta l'impostura.” (Palinodia VII).
Così non mancano gli enigmi, la polisemia sibillina, il velare per svelare parabolicamente le parti forse più intime e magari sanguinanti del vissuto dell'Autore. Il linguaggio è infatti piano ma irto di riferimenti impliciti, costellato di parole rare, tecniche, ambigue che al contempo respingono e allettano, negano e affermano, ironizzano e confessano lasciandoci sempre un po' sospesi ma senza mai interrompere la comunicazione fra sé e tu (credo anche quello con la T maiuscola): “Adesso chiudo sul noi. / È tempo che si torni / alle parole amate / e ascoltate altrove. Poi, / poco prima che aggiorni, / le avrò dimenticate.” (Palinodia I, che è pure un abbraccio, un saluto, un arrivederci).
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