Paradigma di esse
di Evaristo Seghetta Andreoli
Passigli poesia
nota di Claudia Piccinno
Il tempo come fondamento
dell'essere perché tutto muta e nulla resta uguale a se stesso col
fluire del tempo resta il filo conduttore di questi versi.
L'autore è ai margini in
obliquità di postura, mai un accenno di narcisismo, né di
vanagloria, questa è la forza di Evaristo, la potenza dei suoi
scritti rimbalza come eco nel cuore del lettore senza mai alludere al
trionfo ma altresì incitando a una costante ricerca della verità.
Cerco nella piazza il
coraggio/ per gestire la mia difesa lì/ presso la fontana, dove
scroscia,/ fluida e sincera, la Verità.
Altre costanti della
poetica del Nostro sono la fede e la perseveranza che restano
intrinseche al cammino dell'uomo, diviso a metà tra il peccato e la
speranza di redenzione, tra vuoto d'essere e un quid fuori della
mente che ci restituisca l'identità perduta.
Non meno belli sono i
componimenti dedicati agli amici d'infanzia o all'amata, in cui tutta
la Natura dei suoi luoghi partecipa come comprimaria al sentire
poetico (poi il tuo pensiero ho cacciato/ nella sacca dei
rimpianti/ non senza quel raggio di sole./ Ma il tuo sapore di
ginepro è rimasto/ e ancora passo la lingua sul sogno/ convinto che
ti rinconterò...), ai rimpianti del poeta, alle attese in bilico
sull'impercettibile gravità del sogno.
Numerosi i rimandi al
gioco del calcio come metafora del vorticare della vita tra goal e
punizioni, dribbling e fuorigioco e ora che la partita è finita
resta quel gesto di intesa tra spettatore e giocatore, tra autore e
lettore che offre riparo e riassume il senso di ogni punto di
incontro, dando ciascuno l'interpretazione che più gli aggrada.
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