Dopo l'inverno, Vincenzo D'Alessio
Recensione di Aurora Zamagni
È così tardi che ho dimenticato
la luna fuori dal balcone
desiderosa com'era di avermi
Vincenzo D’Alessio dipinge paesaggi. E lo fa con
pennellate leggere, precise come le sue parole. Lo fa narrandoci lo spettacolo
dell’inverno, facendoci salire a bordo di un aereo dal quale vediamo ora Sant’Elena,
ora il Tamigi, ora il mare. Come in ogni quadro che si rispetti non bisogna
fermarsi all’analisi iconografica, ma è necessario impegnarsi per capire e
carpire il punto di vista dell’artista, gli accenti che pone, i passaggi
trascurati. E alla fine ci troviamo davanti a un’opera ricca. Inverno visto sì
come tempo che appartiene al freddo, al gelo, ma anche traslato in una
dimensione intima e privata nella quale stato d’animo e ciclo naturale
coincidono.
È vero, il libro si chiama Dopo l’inverno, ma quando iniziamo a leggerlo capiamo che la
stagione fredda è ancora presente, è insita negli stati d’animo, nelle
spigolose parole, nel furore dei suoni.
Un inverno che scende nell’anima, che gela i sentimenti, e
poi? Dopo l’inverno? La primavera, che torna
a seminare la vita, a vincere la notte. Non so se la certezza della
ciclicità naturale possa essere applicata alla vita umana. Ma la speranza è
questa, che, dopo ogni inverno, ci sia una nuova e ritemprante primavera.
Torna il vento di Primavera
a seminare la vita.
Tornano rondini sul Tirreno
viaggi antichi.
Torna il sole ogni giorno
a vincere la notte.
Torna il calore del tuo sorriso
nell'aurora sugli scogli
Nessun commento:
Posta un commento