sabato 7 ottobre 2017

“Forse il vento ha sollevato obiezioni”

Antonella Jacoli, Radiofaro, Ladolfi 2016

presentazione di Giulio Greco, postfazione di Giuseppe Zaccaria

recensione di AR

Il verso che ho scelto come titolo è seguìto da questi: “che la mente approva per difetto / in mancanza di conforto / tanto che prevale il recluso / con la sua fede rovente / che si fredda” (p. 70). Appare subito percepibile l’elegante acutezza dello stile di Antonella Jacoli che fa della poesia stessa un radiofaro per naviganti (in mare, in cielo, nella vita, da qualche decennio anche nel web), sapendo che emittente e ricevente, quando si comunica in versi, sono particolarmente inafferrabili eppure interagiscono in modo forte e assoluto.
La raccolta è divisa in due parti, “Idrovie” (fino a p. 43) e “Aerovie” e si apre così: “Il senso del mio amore / è restare / (…) / contando le parole di ieri / come figli nei campi” (p. 15). Nella poesia successiva troviamo: “siamo vetro / nella trafittura immobile del fiume” (p. 16) e a p. 20: “Per me c’è azione nel desistere / una stanchezza asessuata nel progredire / cerchio di spine e desiderio / illusione deforme / alone nel bicchiere / che il sole fraintende”. Ecco, c’è come una tensione pervasiva a trovare un senso, a indagare i risvolti laterali (non immediati oppure imprevedibili, per non dire nascosti o apocalittici) delle cose, a chiedere riposte a chi ha, evangelicamente, orecchi per intendere. C’è una desiderio implicito del wu wei 無為 laoziano, o di praticare Matteo 6,25-34 che si conclude con queste parole: “A ciascun giorno basa la sua pena”. Fare poesia è interrogarsi e interrogare con sensibilità, intelligenza e umiltà, sorprendersi per eventi anche minimi (“Cade mistero / uguale senza peso / un guanto dalla sedia / per te gioia nuova / per me incendio / verticale.”, p. 22), trovando metafore e immagini che ci inondano di inquietudini non prive di una struggente e provocante bellezza: “Lo stropiccio degli anni / sconfina in notti sepolcrali” (p. 24); “Chi conosce le luci / siderali / avverte che la salvezza / è compito nostro / non questione logaritmica.” (p. 26); “gli arti tesi allo slancio / per lo sportello del cielo / che s’apra a mostrare / la soglia / il luogo della riunione / tu che mi possa amare / attraverso.” (p. 31); “le parole accatastate come sedie” (p. 33); “Le persone scorrono / sotto gli occhi dei figli” (p. 36); “Ti guarda questa concavità di donna / persino quando te ne vai.” (p. 40).
Antonella riesce con una sobrietà scientifica e cristallina a far risuonare le nostre fibre con estrema simpatia, a scuotere i pensieri dimenticati e dimessi, a rivitalizzare lo sguardo del nostro quotidiano così sovente omologato, routinario e desolante, dove ci sono tuttavia crepe che possono essere soglie per un oltre trascendente e pieno di grazia, ferite/fessure in cui l’io sia disponibile a mettersi nei panni del tu, dell’altro: “questa gran pena del singolo / che m’abita come un padrone / lasciare incolte le crepe / si vive in una zona sparente / remare nuotare soffocare” (p. 51); “Questo presente / a perpendicolo sulla testa / come un ragno domestico” (p. 52); “È stata la crepa di un angelo / a separare i fulmini dai polsi / a farmi ritrarre dal mondo / con la grazia di un bambino.” (p. 59).
E sulla soglia del crepuscolo, nell’ora che ci avvicina agli inferi (all’inconscio) è possibile alla poetessa incontrare Orfeo “la testa bruna beccata dalle Furie” (p. 60) che le dice: “Ogni sera attendo un canto / che viene dal profondo / ma muto ai vetri opachi / ricordo solo si sogni / fuori tempo.” (ivi). La voce udita e compresa del poeta, ci dice sottotraccia Antonella, crea una trama fittissima di ponti-radio fra suoni e significati, fra anime e volontà, fra menti e visioni, fra corpi e creato… a noi la responsabilità di accoglierla e condividerla, di avere orecchi capaci di intendere, mani che sanno aiutare: “Potessi salvare la bambina laggiù / o il marinaio ferito sul cassero / con la bandiera in mano / invece di lottare per me solo.” (p. 75) – nessun uomo è un’isola profetava John Donne (No man is an Iland, intire of it selfe; every man is a peece of the Continent, a part of the maine...) e questi segnali radio così intensamente ispirati ce lo ricordano splendidamente.


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