di Adeodato Piazza Nicolai
RAMBLADERA
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 22 agosto, ore 15,15
PULCINI
Questa notte
ho sognato
un pulcino
smarrito nel bosco.
Impaurito dal casino
ha scoperto la strada
dove un’auto
l’ha schiacciato
sull’asfalto.
Un groppo
nella gola
m’ha svegliato.
L’ho raccolto.
Era morto.
L’ho sepolto
nel muschio
fra licheni
e ciclamini.
Siamo
così bambini
maciullati
dalla suerte?
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 24 agosto, ore 6:20
NOTE
1. Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, p. 350-1. Studi Bompiani. Il campo semiotico, a cura di Umberto Eco. © 2003 RCS Libri S.p.A., Milano.
2. John Ciardi, commenti, The Inferno, p. 293 (Signet Classics, published by New American Library, a Division of Penguin Books, New York). © 1982 John Ciardi.
3. Ibid., p. 294.
4. Ibid., p. 295.
5. Ringrazio Giorgio Linguaglossa editore/traduttore,“La Scialuppa di Pegaso”, come pure gli altri traduttori citati (Frasca, Diano e Rathgeb), per la loro gentile concessione di usufruire delle loro versioni.
6. Applicando gli insegnamenti di John Ciardi, nella mia variante ho seguito “my gut feelings” (i miei istinti) oltre che l’esperienza di traghettaore/travasatore per più di quaranta anni.
Joseph Mallord William Turner, Incendio delle Camere dei Lords e dei Comuni del 16 ottobre 1834. |
RAMBLADERA
La movida spagnola o meglio
della Catalogna sta
soffrendo il terrore
del fondamentalismo
jihaddista.
La pista della morte
si spande per l’Europa
come la peste nera
dell’epoca medievale.
Allora non c’erano
kalashnikov e cinture
esplosive, soltanto
alabarde e topi infetti.
I danni erano lo
stesso immanenti senza
Imam radicalizzati
alla violenza e con poca
coscienza: allah
akbar, allah akbar
le loro urla di odio
e vendetta. A questa
sorte vigliacca
risponderà una civile
vigilante vedetta…
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 22 agosto, ore 15,15
PULCINI
Questa notte
ho sognato
un pulcino
smarrito nel bosco.
Impaurito dal casino
ha scoperto la strada
dove un’auto
l’ha schiacciato
sull’asfalto.
Un groppo
nella gola
m’ha svegliato.
L’ho raccolto.
Era morto.
L’ho sepolto
nel muschio
fra licheni
e ciclamini.
Siamo
così bambini
maciullati
dalla suerte?
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 24 agosto, ore 6:20
ARBEIT MACHT SLAVE
Senza cuore e senza coscienza
l’uomo è il peggiore animale…
Nei
lager il lavoro rendeva tutti
liberi
di morire lentamente.
Arbeit Macht Frei… schiavizzati fino
alla
soluzione finale, orrenda, fatale.
Schiavi
rinchiusi come capri espiatorii
nei
capannoni maledetti, freddi, affollati
finché
le ciminiere sputavano le ceneri
rosso-sangue.
Schiavi visitati dal dolore
dalla
fame e dalla paura senza confine.
Arbeit Macht Slave: capelli, anelli,
scarpe,
vestiti, scheletri raggrinziti
ammucchiati
sono
le preghiere al cielo grigiomuto –
imbuto
di vite bruciate nel nulla, culla
del
mare/male…
© 2017 Adeodato Piazza
Nicolai
Vigo
di Cadore, 28 agosto, ore 11:47
ANEMA E CORE, poesie di Arianna
Le emozioni traslate in versi
attraverso il sangue nelle vene, le sinapsi del corpo e dello spirito sono il sine qua non che dà forma, cioè “informa”
la poetica di Arianna Bidoli Anselmi: quel prezioso “filo di Ariadne” che
raccoglie sentimenti, paure, speranze e visioni. Il futuro è partorito nel
ventre del passato. S’incarna nei versi dedicati ai figli, a tutte le persone a
lei care e vicine ma anche a
quelle sconosciute, ammalate, depistate dai rumori della vita.
Il suo primo volume, Fiori
di vetro (2013, Piazza Editore) dipinge ritratti affettivi, come nella
poesia “Ai miei figli” --
Amori miei,
lo sguardo si posa
su valli incantate.
Felicità totale,
completa, disarmante.
Siete l’estremo sentire.
Energia ascendente… (p. 18)
Seguono i
versi dedicati al marito:
Amore senza tempo
Amore senza spazio
Amore. (p. 20)
AGAPE (Amore)
conquista i dolori, snoda le difficoltà, spiana i sentieri verso l’oltranza
mentre viviamo nell’immanente. Anche eros farà la sua parte, tuttavia puntiamo
sempre alla perfetta conoscenza dell’Agape anche mentre ci godiamo un’agave,
una carezza figliale, una memoria di quando
eravamo bambini. La poetessa aggiunge sullo sfondo la bellezza selvaggia della
natura in tutte le sue sfacettature (anche quando è madre/matrigna). Basterebbe
leggere le due sezioni “Parole confuse” e “Parole taciute” dove l’introspezione
si fa parola e il dolore diventa amore:
Alzheimer
Ti nascondi dietro squalcite vesti.
Lentamente, piano piano,
silenziosissimo, ti fai scoprire.
[...]
L’impotenza mi avvolge, mi incatena.
E un pensiero: tu sarai lì fino alla fine.
Dovrò...forse potrò...amare anche te. (p. 35)
Ma la vita ci
riporta faccia-a-faccia anche con altri sentimenti, come il panico: “Rubi il respiro, i battiti, la vita. /
Nemico invisibile / arrivi all’improvviso ...” (p. 34) Ci salva la natura,
con “Parole incantate”. Leggete “Primavera” –
Petali di cristallo,
girotondo
di velluto
intorno
a sogni leggeri.
[…]
L’anima
si riempie,
si
dipinge,
si
rallegra festosa. (p. 58)
Segue la
sequenza “Parole variopinte”, con la poesia Fiori di vetro che da il titolo al
volume –
Di porpora il velluto
di petali carnosi,
riflessi luminosi
al sole mattutino. (p. 68)
La silloge
chiude i battenti con un’ode-preghiera a papa Francesco:
Croce di ferro e
anello d’argento nella mano amorosa:
tenera sequenza di pace futura.
Umiltà e promesse nell’ermellino
lasciato.
Cosparsi di sogni gli sguardi
fedeli. … (p.
84)
L’arco
esistenziale del poeta è racchiuso e condiviso in questi umili, preiosi versi.
Non resta che ringraziare il poeta per il dono che mette nelle nostre mani e nei
cuori amorosi ed aperti.
©
2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di
Cadore, 23 agosto, ore 14:23
Diritti
Riservati dal poeta, dall’editore e dall’autore
di questo saggio
AMICO MIO
hai rosicchiato
e maldigerito poi
sei sbiadito come
una nebbia ancora
ben prima di approdare.
Peccato…
Hai perso fiato
oppure la quota?
Il lasstricato graffia
la pelle ma le paure
spesso sono
così bugiarde;si
ficcano nei buchi
della conoscenza e noi
e noi ci caschiamo,
la testa allingiù,
finché qualunque
domani suonerà
l’ultima campana.
Goodbye my friend,
and so much more ...
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, agosto, ore 815
PASSIONE ARTE MESTIERE DEL TRADUTTORE
I.
In
Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione Umberto Eco scrive: “È vero
che, nell’interpretare il mondo che ci circonda (e quelli reali o possibili di
cui parlano i libri che traduciamo), ci muoviamo già all’interno di un sistema
semiotico che la società, la storia, l’educazione hanno organizzato per noi.
Tuttavia se fosse soltanto così, allora la tra-duzione di un testo che provenga
da un’altra cultura dovrebbe essere in teoria impossibile. Ma se le diverse
organizzazioni linguistiche possono apparire mutualmente incommensurabili, esse
rimangono peraltro comparabili.” [1]
Un
esempio di comparabilità che viene in mente è quello di un vinaiolo francese
esperto nel coltivare un ottimo cabernet sauvignon mentre l’esperto italiano
produce un magnifico sangiovese. Un poeta d’oltralpe, attraverso la sua educazione
ecc., ha imparato a infondere un boquet particolare ai suoi versi che
differisce alquanto da quello di un poeta italiano. Un esperto di vini sarà
capace di “comparare” la fragranza particolare dei due vini. Lo stesso vale per
il traduttore. L’aroma parti-colare di ciascun vino viene anche modificata dal “contenitore”
del parti-colare vino: se il produttore francese imbottiglia il suo cabernet in
un contenitore di ceramica mentre quello italiano lo conserva in una bottiglia di
particolare vetro fumè, il prodotto verrà alquanto “condizionato” dalla “forma”
e dal “materiale” del contenitore adottato. Se traduco Dante in inglese, sia
contenuto che forma saranno “comparabili” cioè “quasi la stessa cosa” anche se
mai potrà essere “la medesima cosa”. Perciò l’arte, il mestiere la passione del
tradurre è comparabile a quello del “travasare” da un contenitore (la lingua
originale del poeta) a quella di un simile contenitore (cioè la lingua
ricevente — l’inglese).
Innegabili
le varianti della storia, lingua, educazione cultura ecc. di ogni poeta. Resta
essenziale riconoscere la sua particolare “voce”. Oltre alle tematiche, le
strutture semantiche, i stili del periodo storico, rimane la “voce” a distinguere
un poeta da un altro. La “voce” di Dante è asso-lutamente distinguibile da
quella del Petrarca, e così via. Pensiamo alla voce di Ungaretti messa a fianco
di quella di Saba o di Montale.
Il
traduttore (che sia anche lui/lei poeta oppure no) assolutamente deve conoscere
e riconoscere la voce del poeta che sta traducendo, oltre che a tutte le
varianti sopraindicate. Ma questo non basta. Deve essere conscio di come la propria
voce andrà ad impattare su quella del poeta che sta traducendo. Diventa una
operazione difficile tanto quanto quella del travasare dall’originale a un
altro contenitore linguistico. Essere poeta/ traduttore diventa così un
vantaggio/tranello: dissociarsi dalla propria voce ed ascoltare quella del
poeta che sta traducendo rimane la vera sfida. Forse in questo senso un
traduttore che non è poeta e/o scrittore viene avantaggiato.
Tuttavia
la sfida suprema per il traduttore è immane: essere fedele alla voce dell’originale,
travasare le opere in un diverso “contenitore” (lingua) cercando di tradire il
minimo possibile. Not a small challenge!
II.
La
seconda parte propone di tracciare un breve sommario storico delle traduzioni
statunitensi della Divina Commedia dantesca, concentrandosi
specificamente nel rintracciare come “la voce” del traduttore produca un notevole
impatto sulll’opera tradotta. Il poeta, critico e romanziere Henry Wadsworth
Longfellow (1807-1882) è stato il primo americano che ha tentato di “travasare”
la Divina Commedia in anglo-americano (1867). Il suo linguaggio facilmente
comprensibile, le storie pure e gentili dalle quali sono bandite le forti
passioni, il tono dolce e rassicurante delle sue poesie vengono trasmesse nella
sua versione della Commedia. Qualità queste identificate con il periodo storico
del trascen-dentalismo che non si addicono al crudo realismo del linguaggio
dantes-co, specialmente nell’lnferno. Forse il miglior traduttore di Dante del ventesimo secolo,
John Ciardi (1916-1986) dirà che la versione di Long-fellow “era incapace di
offrire sia la voce della poesia moderna americana sia il vero senso del mondo
dantesco.”[2]
Seguendo
Longfellow, vari autori inglesi hanno tradotto la Com-media, come Lawrence
Binyon nel 1933 e Dorothy Sayers nel 1949 ma con evidenti forzature nei loro tentativi
di trasporre la terza rima dan-tesca nella lingua inglese, assai più povera
dell’italiano nel costruire versi in rima. Tuttavia anche in questi
autori/traduttori la propria “voce” si inserisce e a volte domina il mestiere
di tradurre l’originale.
Negli
anni ’40 John Ciardi, lo sconosciuto ma talentuoso poeta/tra-duttore, si
impegna nella “trasposizione” dell’Inferno in anglo-americano. Infatti è
convinto che una traduzione è attualmente una “trasposizione.” [Vedi le sue “Note
del Traduttore”]. Intraprende questa difficile sfida poiché, come professore a
Harward nel dopoguerra, è sempre più insoddisfatto delle versioni da usare come
testi base per l’insegnamento della Divina Commedia. Fin dall’inizio ha capito
l’impossibilità di fare una traduzione “word-by-word”, cioè ricostruendo parola
per parola in ingle-se i versi danteschi.
Questa procedura falsificherebbe la vera natura della poesia, perciò la “trasposizione”
è l’unica cosa che si avvicina alla “tradu-zione”. Per illustrare la sua teoria
usa una splendida metafora musicale: “Quando il violino ripete le note appena
suonate dal piano, non può ricreare gli stessi suoni, può soltanto avvicinarsi
alle stesse corde.” [3]. E in questo caso pure la vasta conoscenza poetica di
Ciardi, in combina-zione alle sue opere di poesia, inserisce sfumature della
sua “voce” nei versi danteschi tradotti.
Il
noto dantista Archibald MacAllister, professore sia all’Università di Yale che
alla Brown, ha confermato che “la scelta di Ciardi nell’adottare una versione
originale della terza rima (cioè far rimare il primo e il terzo verso di ogni
stanza) riproducevano più fedelmente il senso e suono dell’originale. Ha anche apprezzato come Ciardi usa un
linguaggio di alto e di basso tono che rispecchia l’originale dantesco.” [4] E
rinomati traduttori come Dudley Fitts, Richmond Lattimore, il poeta-e-critico
Randall Jarrell e il poeta John Crowe Ransom hanno tutti elogiato la bravura,
il virtuosismo ciardiano di traduttore o, usando la sua stessa terminologia, di
“traspositore”.
Robert
Pinksy (1940), poeta, critico e traduttore statunitense la cui versione della Commedia
ha suscitato scalpore, ha optato per una sintesi dell’approccio di Ciardi con
la propria “voce” e stile, prevalentemente free verse. A mio parere nessun
poeta/traduttore è sempre esonerato dall’influenza della propria voce nel “ricreare”
le opere di altri autori.
III.
Come
“travasare” e/o “trasporre” metafore, simili, immagini ecc., presenti nella
lingua originale ma non perfettamente corrispondenti nella lingua tradotta? Lo
stesso per strutture linguistiche, morfologiche ecc.? È proprio qui che il “traghettatore”
dev’essere attento a non diventare “tra-ditore”. Analizziamo l’esempio offerto
dal poeta e critico Giorgio Lingua-glossa nel caso specifico di una poesia di Samuel
Beckett (1906-1989).
Vorrei
attirare l’attenzione dei lettori sulla problematicità del tradurre questa
poesia che, apparentemente, sembra semplice, e invece nasconde grandi difficoltà
per il traduttore. Ecco qui due altre traduzioni (di cui una mia) molto diverse
da quelle di Frasca. Io nel mio modesto tentativo di rendere la quartina
originale in italiano ho puntato sulla forza dei verbi italiani declinati al
gerundio… ma, ovviamente, ci possono essere una infinità di altre soluzioni
espressive… Questo per rispondere indirettamente a chi ripete meccanicamente la
tesi del Beckett minore in poesia, quando invece bisognerebbe leggere la poesia
di Beckett come a se stante, come una modalità espressiva diversa da quelle del
teatro e del romanzo…
A Francesca Diano (se ci legge) esperta traduttrice dall’inglese, sarei curioso di conoscere il tuo parere circa questa traduzione. Analogo invito lo rivolgo a Steven Grieco Rathgeb, se ci legge.
«Un giorno, studiando la filosofia del ’600, [Beckett] ebbe un’illuminazione – simile al lampo remoto perso in una notte profonda. Sfogliò le opere del filosofo belga Arnold Geulincx (1624-69) e vi trovò scritto: «Ubi nihil vales, ibi nihil velis» ossia, facendo eco allo stoicismo di Epitteto: dove nulla puoi, niente devi volere. Fu una grande scoperta: il modo migliore per non suicidarsi era non volere. Il modo migliore per affrontare i conflitti della volontà (compresi quelli di emancipazione personale) era l’abolizione stessa della volontà. Si applicò a questo credo da giovanissimo e così l’ebbe vinta sulle pulsioni suicide».**
Gnome
Spend the years of learning squandering
Courage for the years of wandering
Through a world politely turning
From the loutishness of learning
Traduzione mia:
Gnomo
Scorrono gli anni dell’esperienza dissipando
il coraggio per gli anni vagabondando
attraverso un mondo che gentilmente ruotando
dalla volgarità dell’apprendimento
Traduzione di Frasca:
Passano gli anni dell’apprendimento
A dissipare il coraggio per gli anni
In cui vagabondare dentro un mondo
Che con garbo si libera ruotando
Da ogni grossolano apprendimento
Altra traduzione:*
Gettar via gli anni di apprendistato nello scialacquio
del coraggio al posto di anni di vagabondaggio
attraverso un mondo che educatamente gira attorno
la volgarità d’imparare.[5]
A Francesca Diano (se ci legge) esperta traduttrice dall’inglese, sarei curioso di conoscere il tuo parere circa questa traduzione. Analogo invito lo rivolgo a Steven Grieco Rathgeb, se ci legge.
«Un giorno, studiando la filosofia del ’600, [Beckett] ebbe un’illuminazione – simile al lampo remoto perso in una notte profonda. Sfogliò le opere del filosofo belga Arnold Geulincx (1624-69) e vi trovò scritto: «Ubi nihil vales, ibi nihil velis» ossia, facendo eco allo stoicismo di Epitteto: dove nulla puoi, niente devi volere. Fu una grande scoperta: il modo migliore per non suicidarsi era non volere. Il modo migliore per affrontare i conflitti della volontà (compresi quelli di emancipazione personale) era l’abolizione stessa della volontà. Si applicò a questo credo da giovanissimo e così l’ebbe vinta sulle pulsioni suicide».**
Gnome
Spend the years of learning squandering
Courage for the years of wandering
Through a world politely turning
From the loutishness of learning
Traduzione mia:
Gnomo
Scorrono gli anni dell’esperienza dissipando
il coraggio per gli anni vagabondando
attraverso un mondo che gentilmente ruotando
dalla volgarità dell’apprendimento
Traduzione di Frasca:
Passano gli anni dell’apprendimento
A dissipare il coraggio per gli anni
In cui vagabondare dentro un mondo
Che con garbo si libera ruotando
Da ogni grossolano apprendimento
Altra traduzione:*
Gettar via gli anni di apprendistato nello scialacquio
del coraggio al posto di anni di vagabondaggio
attraverso un mondo che educatamente gira attorno
la volgarità d’imparare.[5]
Gnomo
Anni spesi imparando a sprecare
il coraggio per anni girovagando
in un mondo che fugge con garbo
dal grezzo imparare.
[“trasposizione”
di A.P. Nicolai ]
La
“voce” del traduttore/traduttrice senza dubbio impatta ogni versione citata.
Come dice sopra l’autore: “ci possono essere una infinità di altre soluzioni...”
Per esempio, ho scelto di tradurre “politely turning” con “fugge con garbo”: “turning
from” può essere interpretato come fuggire; la frase “the loutishness of
learning” con “dal grezzo imparare”. [6]
Tuttavia è facile individuare la voce, il timbro di ogni “travasatore” di questa quartina beckettiana . Questo non diminuisce le tante difficoltà, le insidiose sfide affrontate da ogni traduttore/traspositore. Anche questa è la bellezza dell’arte, del mestiere e della passione del tradurre.
Tuttavia è facile individuare la voce, il timbro di ogni “travasatore” di questa quartina beckettiana . Questo non diminuisce le tante difficoltà, le insidiose sfide affrontate da ogni traduttore/traspositore. Anche questa è la bellezza dell’arte, del mestiere e della passione del tradurre.
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, Domenica 6 agosto 2017
NOTE
1. Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, p. 350-1. Studi Bompiani. Il campo semiotico, a cura di Umberto Eco. © 2003 RCS Libri S.p.A., Milano.
2. John Ciardi, commenti, The Inferno, p. 293 (Signet Classics, published by New American Library, a Division of Penguin Books, New York). © 1982 John Ciardi.
3. Ibid., p. 294.
4. Ibid., p. 295.
5. Ringrazio Giorgio Linguaglossa editore/traduttore,“La Scialuppa di Pegaso”, come pure gli altri traduttori citati (Frasca, Diano e Rathgeb), per la loro gentile concessione di usufruire delle loro versioni.
6. Applicando gli insegnamenti di John Ciardi, nella mia variante ho seguito “my gut feelings” (i miei istinti) oltre che l’esperienza di traghettaore/travasatore per più di quaranta anni.
L’ARTE CHE BRUCIA
Da quando l’uomo delle caverne
graffiò con rami appuntiti nel fuoco
i primi disegni di animali e altre cose
l’arte è sempre rimasta quel fuoco
scoppiettante anche sotto la brace.
Sono passati millenni e millenni ma
La spinta creatrice resta la fiamma
incandescente, incompresa, nell’anima
e sulle dita dell’artista. Ispirazione
esasperazione infinita che spacca cuore
mente e le mani incallite dall’intemperie.
Vedo da Vinci, Botticelli, Buonarroti, Vecellio,
Caravaggio Vermeer Modigliani, Picasso,
de Chirico, Klimt Mondrian Munch, Segantini,
la Georgia O’Keefe e tutti gli altri curvi sulla tela,
sul marmo sulla
pietra e con le altre materie -
sudare, sognare,
urlare, graffiare senza tregua,
insoddisfatti, in cerca della perfezione inesistente
diventata la contaminzione che li ha maledetti
fino alla fine…
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 27 agosto 2017, ore 16:20
RALPH ELLISON, THANKS
Another invisible man dies
& is reborn every night.
Thank you, dear Ralph.
Invisibility is not gift not curse
for any Nemo profeta in patria
who roams the stars in search
of the self who doesn’t show up.
Welcome to nada, my friend,
I hope to meet you some time
at the corner of Sunlight & Wine.
If you won’t come it’s all the same.
I heard you sing at Andromeda’s
String. It wasn’t too bad, it wasn’t
so sad, only too far from the heart
to record. Send me another cd when
you can. Tonight the moon is too
cold in my head. It makes me sad but
the song is the same. O my dear son,
where is the sun? I heard your son cry
into the night. What is the motive?
was there some reason? Don’t roam
trasparently into the dark.
It is far too long and too wide…
© 2017 Adeodato Piazza Nicolai
Vigo di Cadore, 19 August, 2017, at 02:15
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