mercoledì 19 luglio 2017

“Dopo aver letto tutto / sentivo freddo.”

Giuseppe Acconcia, Liberi tutti, Oèdipus 2015, collana “intrecci”, pp. 80, € 11,00

http://scrignodistelle.altervista.org/blog/eventi-giuseppe-acconciapresenta-il-suo-liberi-tutti/
 

Questa raccolta è dedicata alla memoria dell'attore/regista senegalese Mandiaye N'Diaye e del poeta egiziano Ahmad Foad Nigm


Giuseppe è un giornalista e ricercatore specializzato in Medio Oriente e Africa araba e questa raccolta ne riporta non pochi echi, essendo particolarmente sintonizzata sui cambiamenti geopolitici di questi anni convulsi, pullulanti di conflitti che è interesse di pochi attizzare per la tragedia di molti, e senza (in linea generale) uomini di stato in grado di affrontare la situazione con lungimiranza e per il bene comune.

I versi sono spesso lunghi, il tono è narrativo ma non privo di una musicalità giocata sul ritmo e le pause, c'è sapienza nell'uso delle parole che sanno sintetizzare con immagini efficaci situazioni complesse nel giro di qualche verso: “Mentre alcuni ragazzi entravano nella metropolitana puntuale / alla ricerca della morte, / conferendo all'ingresso una forza esagerate, / come di impossibile suicidio, // altri vivevano in comune, segregati tra le montagne, / e con sguardi sbiechi trasformavano un luogo franco / in nevrosi di gruppo, rifugio alternativo per chi, / non trovando posto nel mondo, opponeva apolidia.” (Apolidia, p. 9); “Scorri lacrima scorri / esci anche tu in questa città / e guardala bene / è piena di te, / di gente delusa.” (La metropolitana di Mosca, p. 70); “Ballavamo uno dentro l'altro / in uno spazio strettissimo / miovendo i piedi e colpendo / la terra fino alle viscere” (Bugie oscure peste bubbonica festa mia, p. 72).
Alcuni versi, in corsivo, sembrano esprimere ricordi, sensazioni e convinzioni intime, un sorta di “messa a nudo” dell'Autore che in queste parti riflette sul suo personale vissuto (pur sempre partendo dal contesto che, da buon analista dei cambiamenti storici e socio-politici, è sempre il quadro imprescindibile): “seduto o steso, / attendevo il momento / in cui la mia giostra sarebbe stata ferma in attesa / e avrei dimenticato / i minuti lì sospeso” (p. 14); “Se aveste Gramsci, Wittgenstein e Bernard / accanto a voi, / non fatevi fotografare con loro / Liberi tutti!” (Liberi tutti!”, p. 31); “Ti hanno visto aspettare fuori di una scuola tua madre, / contando ogni macchina.” (Ti hanno visto da solo, p. 33).
Numerose le provocazioni che questo testo ci lancia, ne proponiamo alcune partendo dalla fine: “Se non esiste l'uomo vero / a che serve la psicologia?” (p. 78); “Quanto è piccolo l'uomo quando ha tra le mani i suoi oggetti, / diventa all'improvviso fragile, solo, indifeso, / una miniatura senza altezza…” ('A jacuevella, p. 76); “entra in scena il comunicatore / per distorcere quella piccola storia” (Non inciampare nei giornali, p. 62); “Raccolte di poeti sconosciuti forse anche geni ma costretti a parole forzate e versi peggiori.” (La disperazione fatta prof., p. 58, si tratta di un testo in prosa); “i miei genitori di venti anni / mi portano sempre con loro / sono il loro gioco.” (Cinque mesi due occhiaie, p. 54); “La volontà di vivere / se persa nei meandri delle opinioni altrui / è come sparita / quando la necessità viene a galla.” (Ho fame di nuovo, p. 49); “Il micrantropo non ha combattuto guerre / (…) / non può fingere di essere borghese e amare il capitalismo, / non può essere comunista e fare solo beneficienza, / non può essere un fallito / né astenersi alle elezioni politiche” (Il micrantropo, pp. 37-38).
Alla sapienza “ideologica“, sembra suggerire Giuseppe, è necessario abbinare una pratica della vita autentica, relazioni rispettose e solidali che non vengono certo facilitate dalla temperie che stiamo vivendo, fatta di parole vuote e omologanti, di relazioni a tempo o strettamente utilitaristiche, di autostima precaria e lavoro così flessibile da risultare della consistenza dell'ultimo spessore di ghiaccio al disgelo. 
La parola poetica è dunque importante e necessaria in Acconcia perché aumenta in ciascuno noi la consapevolezza delle nostre respondabilità, il valore che possono avere (poche) parole di verità: “quando resto solo, / se prendo un foglio e una penna, / scrivo, / tirando fuori tutto / come se il mio lardo / fosse fatto di parole.” (Le mille coincidenze, p. 16); “– Hegel ha descritto tutto in 550 pagine, Wittgenstein / in 75. Arriverà un uomo a cui basterà un rigo. / Quello non farò fatica a leggerlo.” (p. 24). A p. 32 troviamo il distico con cui ho intitolato questa recensione a questo libro che rimette tutto e tutti in gioco.

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