martedì 24 novembre 2015

Poesia protesa alla rivelazione dell'esistenza

su  Muove il dove di  Caterina Camporesi
Raffaelli Editore 2015

recensione di Vincenzo D'Alessio



La nuova raccolta della poeta Caterina Camporesi, data alle stampe presso l’editore Raffaelli di Rimini, ad ottobre di quest’anno, reca il titolo  Muove il dove: cinquanta pagine di puri corpi poetici brevi che invitano il lettore all’esigenza della ricerca.

L’esergo apposto alla raccolta è un aforisma del filosofo Ludwig Wittgenstein, scomparso agli inizi degli anni Ciquanta del Novecento, che recita: “Impossibile scrivere in maniera / più vera di quanto si è veri”. Il fondatore della logica e della filosofia del linguaggio ha prestato alla Nostra la penna per scrivere i versi di questa raccolta.

“(…) Muove il dove nell’altrove” (pag.50) questi versi eponimi indicano la direzione che la musicalità essenziale dei componimenti, riservano al lettore. Il verbo muove ha come soggetto “il dove”: non è la realtà che ci circonda ma il giardino del Mistero che attrae lo sguardo della poeta, anche il nostro, invitato dai bagliori dei fuochi oltre il deserto dell’esistenza: “sprigiona folgoranti lampi / il buio a lungo sigillato/ strinando arcaici ieri / dona al domani sentieri” (pag. 23).

Il mito “dell’altrove”, il monte sacro ai poeti, dove la sferza del dolore materiale non ha più il potere di incupire lo sguardo, di martoriare la carne, di imprimere lutti; la forza rigeneratrice continua che: “apre al mistero / la porta del cielo / sprigiona scintille / sulla terra” (pag. 27) La grandezza di questa raccolta sta nella scelta delle parole che formano i versi, simili ai dolmen che i sacerdoti preistorici ponevano nelle sterminate aree della Francia per indicare il percorso da seguire nelle cerimonie sacre.

Muoversi, è l’invito della poeta Camporesi, che corrisponde alla ricerca costante, instancabile, di quel verbum che è divenuta carne nei Vangeli, che ha sfamato sulla riva del mare di Genezareth migliaia di affamati. Lo indicano i versi a pag. 22: “(…) ormeggiano parole / (…) traslocano da bocca a bocca / impazienti d’impastarsi”. Bisogna avere un cuore robusto per seguire il cammino che la Nostra ci invita a seguire attraverso la parola e non è facile accogliere l’invito quando il reale ci stringe “(…) nella paradossale congerie dei tempi” (pag. 25).

Quando mai, se non nel tempo dei Miti, ci sono state epoche di pace per l’Umanità?

La Poesia vera è farina che lievita da migliaia di anni; i sentimenti ne formano il lievito; la ragione l’acqua per l’impasto. Camporesi ha fatto sua questa lezione nel corso del suo percorso poetico, si affida in tutte le composizioni a soggetti legati alla logica: particelle pronominali, diverse volte lo sguardo, altre volte la ragione, la parola, l’incontro, il buio, il suono, il canto. Siamo di fronte agli effetti di una causa data dal muoversi della parola, la ricerca per raggiungere il fare (“poiesis”) che si sublima come un instancabilmente vulcano dell’altrove per risalire nella corsa del tempo presente degli umani: “da abissi di corpomente / si risolleva il pensiero / come luce di fuoco risale / per avvampare il tutto” (pag. 57).

Torna alla mente la forza motrice del pianeta che si affaccia attraverso i vulcani: distrugge, riduce gli spazi e dalla distruzione lentamente riaffiora la vita nei piccoli arbusti tra le rocce ignee. Nei versi di questa raccolta si colgono rime alternate, assonanze, parole costruite per l’esigenza poetica (es: presentepassatofuturo (pag. 25), emozionivoce (pag. 45), corpomente (pag. 57), similitudini e sovente il se modale accanto all’uso dei verbi al gerundio (il modo dell’indefinito).

La raccolta è un cammino proteso alla rivelazione dell’esistenza: “esserci è parola / che all’azione spinge / silenzio” (pag. 71). Compare la lezione filosofica del XVII secolo: Cogito ergo sum (Cartesio), trascritta poeticamente in versi moderni: Loquor, ergo sum. L’invito è all’azione poetica scelta come rivelazione in mezzo agli uomini. Il fare rimane ad indicare il cammino per chi legge ora e per chi leggerà in futuro, quando il silenzio spegnerà la fiammella umana del poeta ma non il calore della sua poetica: quel calore vero resterà sempre nella memoria: “azione collettiva”.

Concludo affiancando i versi di Caterina Camporesi alla voce inestinguibile del poeta Giuseppe Ungaretti riprendendo i versi della poesia Sentimenti del tempo (scritta nel 1931): “(…) La lontananza aperta alla misura, / Ogni mio palpito, come usa il cuore, / Ma ora l’ascolto, / T’affretta, tempo, a pormi sulle labbra / Le tue labbra ultime.”

Montoro, 24 novembre 2015

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