recensione di Vincenzo D'Alessio
La raccolta di poesie ha, rispetto agli altri libri, un intenso profumo di Natura compresso in ogni pagina: aceri, boccioli, gelsi, ricotta, sabbia di mare e la vivacità dei colori: bianco, nero, cobalto; l’empatia scaturisce dalla nostra attenzione; il trasporto dalla delicatezza con la quale giriamo pagina dopo pagina.
Laura Pecoraro ha pubblicato la sua raccolta poetica con il titolo Ladro di sabbia (Fara Editore, 2015) con la prefazione della poeta Narda Fattori. La copertina riporta una bottiglia contenente sabbia e sull’etichetta compare la scritta: “Love 99% Poesie 250ML”: le indicazioni sotto esatte.
L’intera raccolta vibra di una intensità di sentimenti che bisogna seguire con molta attenzione per raggiungere l’identità che la poeta rivela nei versi; a pag. 47: “(…) Torno selvaggia creatura / nulla mi ferma”. Il racconto che seguiamo in questa raccolta ha molto delle vicende personali, del dolore intimo, della fine delle illusioni: “(…) Cadono le mie illusioni / e raccolgo sogni feriti” (pag. 48). La sabbia nella bottiglia/clessidra è stata rubata dalle vicende dell’esistenza, simile a tante altre, unica quando viene condivisa con il lettore.
Qui sta il coraggio di affrontare lo scorrere della sabbia nel silenzio dell’ampolla e far parlare quel silenzio immortale con l’alfabeto umano della vera poesia. Vorrei, a questo punto, prendere in prestito i versi di un immortale poeta che ha cantato l’Amore, difficile, dei suoi giorni: “Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia / è la mia nostalgia / cresciuta sul ramo inaccessibile / è la mia sete / tirata dal pozzo dei miei sogni” (Nazim Hikmet: Poesie d’amore, Berlino, 1961).
La Nostra ha messo a nudo i suoi sogni, la disillusione, la forza della rinascita che non è l’imperativo nelle mani degli altri ma nell’intimo richiamo alla sua natura selvaggia: “Non ti è dato chiedere / alla muta voce del fato / (…) Affidati al passato / che aprirà le verità di una vita / prendi in dono uno scrigno / e custodisci ricordi di nenie / in un’eternità di frastuoni.” (Al padre, pag. 59). Il percorso inverso, il ritorno ai ritmi conosciuti, alle memorie sopite, ai valori che hanno intessuto i fondamenti della morale dalla quale si riceve l’abbrivo del distacco dalla conosciuta riva famigliare.
Un testamento, dunque, caro lettore, di una navigante che ha attraversato un mare insidioso ed è alla ricerca della giusta costellazione per tornare alle rive del costruire, della serenità, della sabbia da riprendere per alimentare la clessidra del Tempo. La Nostra ce lo fa comprendere in una delle poesie più belle della presente raccolta, Occhi di cenere (pag. 26/27) nella “fabula” vera che è la storia della civiltà contadina di ogni luogo del nostro pianeta e della quale abbiamo dimenticato il modo di tramandarla oralmente: “Su rughe di carta / oggi leggo / una storia che profuma d’antico. / (…) / Osservo il passaggio / di volti e di storie / sui nodi delle tue dita / distorte dal tempo / e dalla fatica nei campi / all’ombra di decenni di novene.”
Ogni libro è la piccola tessera del mosaico che contiene il Tempo della vita degli uomini. Il libro è il racconto dell’esistenza di un essere umano e del mondo che lo contiene. Le pagine del libro, anche virtuale, sono paragonabili agli atti di un notaio, crudele, che redige rogiti i quali racchiudono le vicende e le cose degli uomini a partire dai piccoli villaggi per finire alle megalopoli inventate dall’uomo. Il ricercatore legge e sceglie quanto gli giunge dagli scritti: le vicende che hanno lasciato un segno indelebile, altre destinate alla dimenticanza.
La raccolta di poesie ha, rispetto agli altri libri, un intenso profumo di Natura compresso in ogni pagina: aceri, boccioli, gelsi, ricotta, sabbia di mare e la vivacità dei colori: bianco, nero, cobalto; l’empatia scaturisce dalla nostra attenzione; il trasporto dalla delicatezza con la quale giriamo pagina dopo pagina.
Laura Pecoraro ha pubblicato la sua raccolta poetica con il titolo Ladro di sabbia (Fara Editore, 2015) con la prefazione della poeta Narda Fattori. La copertina riporta una bottiglia contenente sabbia e sull’etichetta compare la scritta: “Love 99% Poesie 250ML”: le indicazioni sotto esatte.
L’intera raccolta vibra di una intensità di sentimenti che bisogna seguire con molta attenzione per raggiungere l’identità che la poeta rivela nei versi; a pag. 47: “(…) Torno selvaggia creatura / nulla mi ferma”. Il racconto che seguiamo in questa raccolta ha molto delle vicende personali, del dolore intimo, della fine delle illusioni: “(…) Cadono le mie illusioni / e raccolgo sogni feriti” (pag. 48). La sabbia nella bottiglia/clessidra è stata rubata dalle vicende dell’esistenza, simile a tante altre, unica quando viene condivisa con il lettore.
Qui sta il coraggio di affrontare lo scorrere della sabbia nel silenzio dell’ampolla e far parlare quel silenzio immortale con l’alfabeto umano della vera poesia. Vorrei, a questo punto, prendere in prestito i versi di un immortale poeta che ha cantato l’Amore, difficile, dei suoi giorni: “Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia / è la mia nostalgia / cresciuta sul ramo inaccessibile / è la mia sete / tirata dal pozzo dei miei sogni” (Nazim Hikmet: Poesie d’amore, Berlino, 1961).
La Nostra ha messo a nudo i suoi sogni, la disillusione, la forza della rinascita che non è l’imperativo nelle mani degli altri ma nell’intimo richiamo alla sua natura selvaggia: “Non ti è dato chiedere / alla muta voce del fato / (…) Affidati al passato / che aprirà le verità di una vita / prendi in dono uno scrigno / e custodisci ricordi di nenie / in un’eternità di frastuoni.” (Al padre, pag. 59). Il percorso inverso, il ritorno ai ritmi conosciuti, alle memorie sopite, ai valori che hanno intessuto i fondamenti della morale dalla quale si riceve l’abbrivo del distacco dalla conosciuta riva famigliare.
Un testamento, dunque, caro lettore, di una navigante che ha attraversato un mare insidioso ed è alla ricerca della giusta costellazione per tornare alle rive del costruire, della serenità, della sabbia da riprendere per alimentare la clessidra del Tempo. La Nostra ce lo fa comprendere in una delle poesie più belle della presente raccolta, Occhi di cenere (pag. 26/27) nella “fabula” vera che è la storia della civiltà contadina di ogni luogo del nostro pianeta e della quale abbiamo dimenticato il modo di tramandarla oralmente: “Su rughe di carta / oggi leggo / una storia che profuma d’antico. / (…) / Osservo il passaggio / di volti e di storie / sui nodi delle tue dita / distorte dal tempo / e dalla fatica nei campi / all’ombra di decenni di novene.”
Casa e chiesa, marito e figli, lavori nei campi e lavori domestici, dolori dei parti e dolori delle violenze subite, morti e tradimenti, la nera sabbia della clessidra che troppe donne hanno visto scendere nella loro esistenza senza alcuna libertà.
Il riscatto da questa condizione disagevole è il punto di partenza del racconto di Laura Pecoraro. Una voce poetica chiara, forgiata al fuoco della memoria, alla conoscenza meditata della poesia contemporanea. Una partenza necessaria per avventurarsi lungo “(…) le strade che riescono agli erbosi / fossi” (E. Montale, Ossi di seppia), per raggiungere un ruolo nelle voci narranti di questo inizio secolo avversato da troppi affanni.
Bene ha scritto nella prefazione Narda Fattori della Nostra circa la padronanza della lingua poetica indicandola come chiamata al comporre. Proprio della Fattori vorrei citare alcuni versi dalla sua raccolta “ Cambiare di stato morire di natura” ( Edizioni CFR, 2014) che si possono accostare alle motivazioni della poeta Laura Pecoraro: “Me ne uscirò da me prima che si faccia buio / il cuore nasconderà nel suo guscio duro / ancora sabbia dorata e merli sui castelli” (pag. 17).
Il riscatto da questa condizione disagevole è il punto di partenza del racconto di Laura Pecoraro. Una voce poetica chiara, forgiata al fuoco della memoria, alla conoscenza meditata della poesia contemporanea. Una partenza necessaria per avventurarsi lungo “(…) le strade che riescono agli erbosi / fossi” (E. Montale, Ossi di seppia), per raggiungere un ruolo nelle voci narranti di questo inizio secolo avversato da troppi affanni.
Bene ha scritto nella prefazione Narda Fattori della Nostra circa la padronanza della lingua poetica indicandola come chiamata al comporre. Proprio della Fattori vorrei citare alcuni versi dalla sua raccolta “ Cambiare di stato morire di natura” ( Edizioni CFR, 2014) che si possono accostare alle motivazioni della poeta Laura Pecoraro: “Me ne uscirò da me prima che si faccia buio / il cuore nasconderà nel suo guscio duro / ancora sabbia dorata e merli sui castelli” (pag. 17).
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