lunedì 16 novembre 2015

Dal cammin del cuore

Pantaleone D’Orsi, Dal cammin del cuore, stampato a cura della Pro Loco San Pantaleone – Circolo “don Alfredo Iasozzi” – Anno 2010

recensione di Vincenzo D'Alessio




Il dono di una plaquette di poesie del poeta locale Pantaleone D’Orsi, curato dalla Pro Loco San Pantaleone – Circolo “don Alfredo Iasozzi”, guidata in quell’anno dal fervido presidente Nino D’Amore, mi ha permesso di raccogliere uno spicchio dell’antica Civiltà Contadina montorese e il contrasto, senza tempo, dell’emigrazione necessaria per riuscire a migliorare la propria condizione sociale.

Nato sul finire degli anni Trenta, il poeta D’Orsi, emigrò in Germania a metà degli anni Cinquanta in cerca di lavoro e di fortuna. I versi sono scritti in dialetto montorese, derivazione del dialetto napoletano, e lasciano intravvedere l’amarezza del pane conquistato con fatica in città diverse, in condizioni climatiche totalmente in antitesi ai luoghi natali: “(…) E quanno me fermaje / era terra straniera / addò nun sì cchiù niente / e ssi nu furastiero.” ( ndr. “E quando mi fermai / era terra straniera / dove non sei più nulla / se un forestiero” dalla poesia Geislingen, pag. 25).

L’esodo per le genti del nostro Sud non ha un inizio né conoscerà una fine. C’è però la Storia degli emigranti e il resoconto delle rimesse che hanno sollevato la nostra terra, spopolata e martoriata da due Guerre Mondiali. Il secolo breve, così è stato definito il Novecento appena trascorso e il Secondo millennio in che cosa si riconoscono? Negli aliti di sofferenza e di guerra continue in tutto il pianeta e la Pace è una meta irraggiungibile per ogni popolo e ogni nazione.

Versi semplici, scritti da mano contadina, povera di scolarizzazione ma ricca di armonia con la Natura e i suoi cicli: le figure che segnano l’esistenza di ogni essere umano: la mamma, la moglie, i figli; i punti cardinali della valle che contengono l’inizio e la fine di tante esistenze: “(…) E chell’estate cu grille e cicicale / ca ce facevano musica vera / e nuie tutt’ ‘annura facevamo / ‘o bagno dint’’o mare nuosto / ch’era ‘a peschera.” (ndr. “E quelle estate con grilli e cicale / che ci facevano ascoltare musica vera / e noi nudi facevamo / il bagno dentro il nostro mare / che era la peschera.” (vasca per lo più quadrata, in muratura, contenente acqua per l’irrigazione dei campi , da Paese Mio, pag. 5).

In tutte le composizioni regna la rima baciata o alternata, anche interna ai versi, a testimoniare l’eredità musicale del folclore dei canti intonati sulle aie di molti anni fa. Promana un dialetto e un’armonia divenute purtroppo sconosciute alle generazioni di oggi.

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